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Archives Luglio 2015

Quando la donna non va in vacanza e difende altre donne

Rosario PipoloMentre i social network sono affollati di foto al mare di donne in bikini, soddisfatte a pieno per la prova costume, io sono distratto dalle donne che non vanno in vacanza per difendere altre donne. Sarò pure un maschio atipico ma mi piace pensare che ci sia un’altra cartolina da affrancare e spedire sotto questo cielo d’estate.

In una Milano che si spopola per le attese vacanze è più facile accorgersi di giovani donne ccome Vanda che si danno da fare in organizzazioni umanitarie. Quante ce ne sono che, anzichè saccheggiare le passarelle balneari, restano ad investire fino all’ultimo filo di energia, per portare avanti la loro mission di ambassador di organizzazioni a scopo umanitario.

Come fa una donna a difendere un’altra donna? Quando sa urlare a denti stretti che la povertà è sessista perchè le bambine e le donne devono essere al centro della lotta contro la povertà. Queste campagne di sensibilizzazione ci mettono la pulce nell’orecchio: nei Paesi in via di sviluppo la condizione delle donne è davvero disumana.

Così accede che firmare una petizione può corrispondere ad osservare la tenacia di donne testarde fino al midollo. Un’opportunità per riconoscere che il gentil sesso non guadagna consistenza sotto l’ombrellone tra le veline da spiaggia.
Quando la donna non va in vacanza e difende altre donne offre incosciamente un’altra traiettoria alla nostra mascolinità: ricercare la bellezza femminile nell’altrove custode di impegno sociale è l’immagine più radiosa da appiccicare su una cartolina d’estate. 

Disco difettoso nel cofanetto in vinile di John Lennon. Universal Music, cosa si fa?

Rosario PipoloTanto rumore per nulla. L’atteso cofanetto in vinile di John Lennon, messo in vendita poco più di un mese fa, ha una pecca imperdonabile. Nonostante la Universal Music si fosse affidata alla tedesca Optimal Media, tanto decantata per le riproduzioni in LP, il misfatto c’è stato.

Appena ricevuta la mia copia di LENNON, mi sono messo all’opera per la verifica: il difetto non riguarda solo i primissimi pezzi ma tutta la tiratura. Ascoltando la facciata A del disco Rock ‘N’ Roll, ho ritrovato ripetuta due volte la celebre cover di Berry Sweet Little Sixteen. Insomma, gli osannati ingegneri del suono, che hanno lavorato al progetto, hanno lasciato fuori You Can’t Catch Me.

Per non parlare dele riproduzioni delle copertine degli LP, alcune davvero inguardabili: scolorita quella di John Lennon Plastic Ono Band o alterata la cromatura di Milk & Honey. Inoltre, quelli della Optimal Media hanno usato un tipo di carta per gli inserti – vedi Imagine –  che fa perdere l’effetto degli originali.

Non tutti i remake musicali riescono “con il buco” e sicuramente questo omaggio “commerciale” a Lennon non ha niente a che vedere con il lavoro certosino fatto per il Mono box in vinile dei Beatles, uscito nel settembre 2014. John Lennon meritava unicità anche nel packaging, ahimé identico al cofanetto in vinile degli ABBA.

Ci sono cascati anche i miei colleghi delle riviste specializzate nella presentazione del prodotto: le hanno mai viste le ristampe EMI/Capitol degli anni ’80? E’ tempo di rimpiangerle. Scoperto il form dedicato da Universal Music (claim.lennonvinylbox.com) per richiedere la sostituzione del “disco avvelenato”, già una rarità, mi consolo con un ricordo estivo da liceale.

Nel 1988 riuscii a farmi finanziare da mamma l’acquisto dell’audiocassetta di Rock ‘n’ Roll di Lennon. Una mattina non entrammo a scuola e il mio compagno di classe Alessandro mi invitò a casa sua. Prendemmo due panini con affettati in salumeria e poi ci sparammo ad alto volume Let It Be dei Beatles, nella versione in audiocassetta importata da sua madre dalla Francia.
Io ricambiai tirando dallo zaino l’album in questione di Lennon e chiudemmo con queste meravigliose cover rock. La buona musica sa come farti stare bene, oggi come allora, meglio se con la compagnia giusta.

Deludente il Prime Day per i 20 anni di Amazon. Applausi al Customer Care!


Rosario PipoloAmazon
ha cambiato la vita di noi consumatori negli ultimi vent’anni e ha scritto il trattato dello shopping on line. Da una parte ci ha privato dell’atmosfera retrò e sentimentale di entrare in un negozio, guardando in faccia il venditore; dall’altra ha permesso a tutti noi di acquistare h24 qualsiasi “oggetto del desiderio”, spesso anche a prezzi stracciati, al di là delle polemiche sul fisco.

Sarà pure che questi pacchi vaganti, rispetto a ieri, arriveranno dai magazzini di Amazon a noi nel giro di un giorno, ma questo Prime Day del 15 luglio è veramente fuffa. I discepoli del Marketing di Bezos avevano promesso una giornata di sconti  pazzi a tempo, da far impallidire il Black Friday.
Ahimé, niente di tutto questo, almeno per quanto riguarda Amazon Italia. Gli “amazoniani” incalliti, svegli ad aspettare la mezzanotte, si sono dovuti ricredere, forse perchè questa è la classica operazione commerciale svuota-magazzino di mezza estate.

Durante il corso di questa notte, a parte qualche timida occasione, mancavano all’appello gli affari colossali in stile reale  “sottocosto” da farci fare i nottambuli: in lista troppi prodotti inutili e per i pochi interessanti il prezzo di partenza era quello di listino che, anche per i casi del 50% di sconto, non avevano l’appetibile convenienza.

Chi si aspettava algoritmi impazziti e prezzi folli ha mollato già il tiro. Se entro le ore 24 di questo 15 luglio Amazon ci facesse una sopresa folgorante?  In compenso però questa mezza festa del Prime Day va condivisa con il Customer Care di Amazon, in Italia sempre più efficiente. Ne è passata di acqua sotto i ponti ed oggi gli operatori sono davvero impeccabili.

Festeggiamo allora tutti gli operatori del Customer Care, da Vincenzo a Giuseppina, da Daniela a Michele – la maggior parte delle voci rispondono dalla Sardegna –  perchè ci ricordano che anche il successo di una macchina bionica, quasi invincibile alla Amazon, è fatto dalle risorse umane. Medaglia al valore a Laura P., operatrice modello nella gestione delle criticità. Oggi, nel Prime Day, restituiamo ad Amazon un pacco “con un fiore”. E’ per tutti loro.

Zivago non torna: Omar Sharif e la bellezza del musulmano d’Occidente

Rosario PipoloOmar Sharif fu Zivago, dalla prima all’ultima sequenza di uno stralcio di letteratura firmato dal russo Pasternak che l’inglese David Lean aveva impresso sulla pellicola. Sharif fu il medico innamorato per la generazione di mia madre, che avrebbe rinunciato alla più yeah-yeah delle festicciole danzanti fatte in casa pur di bucare il grande schermo, facendosi stringere forte dal dottor Zivago.

Omar Sharif, il cui cuore si è fermato nel pomeriggio estivo di ieri alla veneranda età di 83 anni, è stato il ritratto del divo atipico, colui che nessuna industria cinematografica è riuscita a possedere.
Il grande attore egiziano, che con il passare degli anni aveva preferito il tappeto verde dei tavoli da gioco a quello rosso dei festival di cinema, era sfuggito ai fasti di Hollywood così come al Rinascimento del cinema britannico, ricompattato dalla macchina da presa oleografica di David Lean, a un tiro di schioppo da Il Dottor Zivago e Lawrence D’Arabia.

Se Omar Sharif aveva quasi rinnegato il Dottor Zivago per i troppi chiaroscuri romantici e sentimentali, alla maggior parte di chi lo ricorda oggi sfugge quanto Sharif sia insostituibile. E’ un prodigio raro che un personaggio letterario traslochi dalle pagine di un romanzo alle sequenze di un film facendo coincidere l’immaginazione da lettore alla visione da spettatore.

Lo ha avvertito anche la mia generazione che non ha visto il film di Lean sul grande schermo, recuperando strada facendo. La sequenza finale del melodramma d’amore con gli occhi e i baffi di Zivago che rincorrono Lara mi è apparsa attraverso un televisore in bianco e nero alla fine degli anni ’70; si è ingrandita su uno schermo a colori degli anni ’80; è ringiovanita su un recente LCD  e mi ha folgorato nella copia restaurata dell’Anniversary Edition in Blu-Ray.

La faccia di Zivago ce l’ha data in prestito un musulmano d’occidente. Omar Sharif aveva tatuato sulla pelle la bellezza di due culture che, quando non si osteggiano, sanno donarsi luce e arricchimento reciproco.

“La fiaba racconto di vita” in una sera d’estate

Rosario PipoloIl debutto del mese di luglio mi riporta alle sere d’estate in villeggiatura con la mia famiglia. L’infanzia ha un timbro per ciascuno di noi. La mia porta quello delle fiabe che nonna Lucia filava per me.
Erano custodite nel tempo della tradizione orale, tramandate da genitori a figli. Ce n’era una che proveniva da Lo cunto de li conti di Basile, meraviglioso scrigno di fiabe in napoletano del XVII secolo, che nonna Lucia aveva scoperchiato per me.

Le fiabe non sono abitate soltanto da lupi cattivi, bambine incappucciate, principesse scalze o streghe imbruttite dall’avidità. Nell’eBook La fiaba racconto di vita di Anna Riva ed Eugenia Russo (InKnot Edizioni) le nostre storie quotidiane legano i granelli di questa collana fiabesca, quasi a voler dire che, nonostante le brutture e i tiri mancini della vita, il vivere in comunione con chi ci sta davvero a cuore può ispirare una fiaba.

Mentre l’ingordigia e il narcisismo affondati nei social network riducono il racconto della vita privata a pattumiera di volgarità, questo eBook ci indica una scorciatoia per isolarci dal chiasso furibondo del nostro tempo: Torniamo a leggere in queste sere d’estate fiabe ispirate alla vita di tutti i giorni, quelle che, pur non avendo sempre il lieto fine, posseggono le virtù autenticate dalla nostra esistenza.

Vivere non è né noia né routine. Vivere non è né abitudine né ripiego.  Vivere è consistenza e la consistenza è fatta del tentativo di impegnarsi a sfidare il destino, facendo sì che la fiaba racconti la vita.
Perciò mi piace pensare che Anna Riva ed Eugenia Russo abbiano trasformato anche me in uno dei personaggi di questi racconti delicati: Il delfino affronta il mare della verità e della libertà illuminato da una stella in cielo.

Mare e cielo non si incontreranno mai così come il delfino e la stella. Resta la linea dell’orizzonte come unico punto di contatto e testimonianza del tentativo di sfidare il destino.
Il debutto del mese di luglio mi riporta alle sere d’estate in villeggiatura con la mia famiglia. L’infanzia ha un timbro per ciascuno di noi. La mia porta quello delle fiabe dondolanti tra quelle di nonna Lucia e quelle di oggi in cui il vivere si mescola a La fiaba racconto di vita.