Azz, non voglio dire addio a Federico Salvatore!
La notizia della scomparsa prematura di Federico Salvatore, apprezzato cabarettista e chansonnier partenopeo, addolora ogni napoletano che si rispetti. Le luci della ribalta si accesero per Federico una trentina d’anni fa sul palco del Maurizio Costanzo Show. La partecipazione nel 1996 al Festival di Sanremo con il brano Sulla porta fece il resto. Io trascorsi un pomeriggio insieme a lui dentro e fuori gli studi di Radio Club 91, tempo dopo il rientro sanremese. I funerali sono previsti il 20 aprile alle ore 12.30 nella Basilica di San Ciro a Portici. I fan e le persone che gli hanno voluto bene gli daranno l’ultimo saluto.
L’ARTE DI FEDERICO SALVATORE SULLE BANCARELLE
In realtà per noi napoletani Federico Salvatore, 63 anni, è entrato nel cuore nel decennio precedente a quello della popolarità nazionale accompagnata dallo slogan “Azz”. A metà degli anni ’80 sulle bancarelle alla Ferrovia di Napoli, infatti, circolavano le audiocassette con gag e canzoni ironiche insuperabili. Ero alle scuole medie, stavo mangiando una sfogliatella con nonno Pasquale nel vico della ferrovia quando la sua voce uscì da una cassa di un ambulante. Nonno Pasquale rideva “sotto i baffi” e io corsi il rischio di affogare per le risate.
Chiamatele pure arte da bancarella ma gli esordi di Federico Salvatore avevano già chiaro il destino artistico. Diventare un arguto cantastorie e cronista della quotidianità napoletana, quella che se non sei nato all’ombra del Vesuvio non puoi capire.
APPICCICATA O VOMMERO
L’emblematica canzone-macchietta “Appiccicata o Vommero”, un litigio nel quartiere vomerese tra un “chiattillo” della Napoli benestante e un popolano, nascondeva l’amaro campanilismo tra la città bassa e la città alta, che da Posillipo serpeggiava fino in via Santa Teresa degli Scalzi del quartiere Stella, dove Federico Salvatore era nato il 17 settembre 1959. Rispetto a Tony Tammaro e alla sue parodie musicate, Federico Salvatore è stato più capace di affacciarsi in ogni quartiere di Napoli e raccontarne pregi e difetti senza perdere di vista le sfumature della diversità.
IL MIO POMERIGGIO CON FEDERICO SALVATORE A RADIO CLUB 91
Nella primavera del 1996, dopo il trionfale rientro dal palco del teatro Ariston, trascorsi un bellissimo pomeriggio con Federico Salvatore a Radio Club 91, in via Broggia a Napoli, a pochi passi dal teatro Bellini. Io ero agli esordi con la macchina da scrivere. Dopo l’intervista negli studi radiofonici, io e Federico continuammo con una lunga chiacchierata davanti a un caffè: mi donò tanti aneddoti della sua gavetta, i sacrifici spesso incompresi, mi raccontò della nuova casa sul litorale Domitio, del mancinismo che ci accomunava e rise a crepapelle quando gli dissi che all’asilo avevano tentato di curarmi come se avessi una malattia.
E naturalmente ci soffermammo ancora sul testo di Sulla porta, che lo aveva sdoganato dal cliché di chi vuole strapparti la risata facile. Il monologo musicato intenso, che raccontava il delicato momento di un coming out, porta anche la firma di Giancarlo Bigazzi.
Federico Salvatore, che ho rincontrato spesso a teatro – sosteneva che un bravo cabarettista “non deve digiunare del palcoscenico neanche da spettatore” – era schietto, sensibile, empatico. La sua “battuta” nascondeva l’amarezza del cabarettista appartenente a una razza davvero in estinzione, anche quando mi salutò così da fratello maggiore: “Ragazzo, ricorda che uno dei mali del nostro Paese è lo squallido tentativo di distinguere gli artisti in serie A e B.”
FARE IL NAPOLETANO STANCA…
Fare il napoletano stanca…. di Federico Salvatore è una riflessione intensa del 2009 che oggi potrebbe essere il testamento dell’artista. L’avete mai ascoltata? Ci sono due motivi per cui varrebbe la pena tornare a Napoli nei prossimi mesi: festeggiare lo scudetto e urlare sotto la finestra della sua casa a Portici: “Federì, affaccete a sta fenesta e cantece ‘na canzone.”
“Non ho titoli di Dottore
ne divisa di ferroviere
non sono ladro né carabiniere
sono un lavoro umano
che ha ingegno da ingegnere
faccio il napoletano di mestiere
E’ la napoletanità chiusa nel mio DNA
è un passpartù di opportunità.”
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