65 giorni in viaggio nel Sudest asiatico
Sessantacinque giorni in viaggio nel Sudest asiatico mi tornano in mente uno per uno nel volo di ritorno. I volti dei miei compagni di viaggio, lasciarsi trasportare dal “tragitto” senza le ansie della meta finale, quasi 70 tappe che hanno dato forma a questo pellegrinaggio poetico tra terra, cielo e mare.
DA SINGAPORE AL LAOS
Migliaia e migliaia di chilometri alla Forrest Gump in posti che sono stati casa mia nel flirt tra passato e futuro di Singapore; dal finestrino di un treno dove ho raccolto l’Indonesia da Bali a Java; nel ricordo televisivo e letterario del Sandokan di Salgari che mi ha spinto laggiù in Malesia; nell’omaggio a un popolo che mi sta particolarmente a cuore, i Filippini, attraverso la scoperta delle Filippine tra sorprese e bellezze nascoste lontano dal turismo di massa; nel Vietnam tra paesaggi, memorie belliche e tante meraviglie da Nord fino all’estremo sud del Delta del Mekong; nelle scorribondande attraverso la Cambogia e il miracolo del Parco Archeologico di Angkor Wat (quando vi decidete a eleggerlo tra le meraviglie del mondo?); nella Thailandia tra il mare del Sud, i templi del centro e le montagne del Nord; nella rivelazione del Laos, uscito con discrezione e senza smancerie come da un vecchio film del neorealismo.
VIAGGI DELLA MEMORIA
Il viaggio nel viaggio è stato nei miei “viaggi della memoria” desiderati e realizzati: dal tributo alla memoria delle vittime dell’attentato terroristico di Bali del 2002 al richiamo degli orrori della Guerra del Vietnam tra luoghi, incontri con rifugiati politici, la mia amata Saigon e i tunnel di Cu Chi con il rumore delle bombe di “Apocalypse now” nella mente, dallo spettrale museo del genocidio in Cambogia all’incontro con i rifugiati politici in Thailandia scappati dalla dittatura militare della Birmania a metà degli anni ’90. Infine, da un ex forte militare in Laos ho pianto in silenzio i morti per le bombe sganciate dagli americani qui, che sono state più di quelle in Vietnam ma nessuno ne parla.
RISVEGLIO DELLA COSCIENZA CIVILE
Svegliare dal torpore la coscienza civile è stato il filo conduttore di questo pellegrinaggio laico. La navigazione del Mekong in Vietnam, Thailandia e Laos è stata la mia sentinella così come la spiritualità e le preghiere nei templi del Sud-Est asiatico mi hanno restituito il ricordo dei miei cari defunti, ritrovati nel volo suggestivo delle lanterne tra i cieli thailandesi di Chiang Mai. A Giacarta, nel giorno del mio onomastico, ho ritrovato la mia professoressa Rosalba Caruso e il dono di un racconto di Buzzati. Entrato nella cattedrale della capitale indonesiana, mi sono sentito illuminato come il protagonista di “L’arcivescovo e il suo segretario”, che pensava di essere solo ma non lo era. Ho messo alla prova l’altruismo delle persone incontrate dandomi varie identità per tutelarmi, raggiungendo il culmine nel Nord della Thailandia: alleggerito dopo aver lasciato il bagaglio a Bangkok, sono entrato in un ristorante e ho chiesto un sacco di immondizia gigante. Ho infilato tutto il necessario lì dentro in modo che da viaggiatore diventassi un vagabondo di nome e di fatto.
GRAZIE
Ringrazio tutti coloro che mi hanno aiutato in questi 65 giorni, un grazie speciale a mia moglie Luisa per il supporto e per aver capito quanto questa lunga assenza da casa diventasse presenza nel viaggio della (ri)scoperta e della (ri)nascita. Un grazie di cuore a una famiglia speciale delle Filippine. Grazie a Glaiza, Karen , Ariel e nonna Corazon per l’accoglienza e avermi fatto sentire uno di voi nel vostro Paese a cui mi sento particolarmente legato. Grazie a chi mi ha tenuto compagnia atteaverso la finestra dei canali social. Da un viaggio così non si può tornare più come prima.
RADICI
Mi allontano volentieri su una zattera dalle imposizioni, dallo stress, dalla routine della quotidianità con la consapevolezza che un pezzo del mio Natale me lo ha regalato in anticipo Giacarta il mese scorso: la vista commovente di un mendicante disteso su una panchina a cui gli uccelli tenevano compagnia. Avvicinandomi mi sono reso conto che era una bella scultura e quell’uomo aveva il volto di Gesù. Su quella panchina ho ritrovato le mie radici cristiane, italiane, europee, di cui non smetterò mai di essere orgoglioso.
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