Grazie a Debora e alla sua famiglia il mio quotidiano nella pousada sul fiume Juma, uno degli affluenti del Rio delle Amazzoni, prende la piega di un isolamento in cui la mia anima torna a scorrere nelle vene del quotidiano. Qui arriva soltanto corrente elettrica e in alcune ore del giorno va via.
Cobra, la nostra guida, è nato in una delle tribù del Nord della Foresta e da adolescente sognava di andare via e sposare una ragazza europea.
Da autodidatta ha imparato sei lingue, fa per mestiere la guida perché ha deciso di restare a vivere in questa zolla del pianeta e sposare una donna dell’Amazzonia del posto proprio come è successo ad una famiglia di indigeni con cui ho condiviso una mattinata.
Il figlio si sposerà l’anno prossimo e fervono i preparativi per la casa. Entrambi i genitori, sulla sessantina, si erano conosciuti ad una festa nella foresta. In realtà, lui aveva buttato l’occhio su un’amica, ma lei riuscì a farsi notare.
L’accoglienza a casa è davvero calorosa, lei nel tempo libero si diletta a fare collanine, lui cura l’immenso orto con i cui prodotti sfama tutta la famiglia.
Il tempo di questi giorni si dilaziona tra l’alba più densa dei miei 45 anni, 6 chilometri a piedi nella foresta con la lezione su come le piante producono rimedi curativi per gli indigeni, una notte a dormire su un’amaca nel cuore dell’Amazzonia, pesca, canoa, avvistamento di delfini e tucani, uccelli meravigliosi rari, ore e ore su una piccola barca.
Il senso di tutto questo? Trasformare emozioni in ricordi di vita vissuta, una vita fatta di semplicità che mi ha restituito a gocce l’essenzialità e la sua immensità.
Questi quattro giorni mi hanno cambiato in meglio. L’ultima sera, sotto le stelle, mi sono sentito come il Fitzcarraldo di Herzog chiacchierando a lungo con Martin, musicista in un’orchestra del Nord della Germania, tra una caipirinha ghiacciata, i ricordi di Abbado, Karajan, Jarrett e la smania nottambula di portare le partiture giocose mozartiane nel cuore dell’Amazzonia.
Aveva ragione mio padre: “La natura è l’arte di Dio”. Obrigado, Amazzonia.
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