Campagna elettorale: La goffaggine dei nostri politici su i social network

Le tipografie piangono e in giro, soprattutto nelle grandi città, non tira aria di campagna elettorale: niente santini, pochissimi maxi cartelloni con gli abominevoli faccioni lustrati. I politici e gli aspiranti candidati sono in fuga dalla carta stampata –persino nelle edicole sono scomparsi gli espositori con le prime pagine da campagna elettorale – e stanno sgomitando per ritagliarsi un posto su i social network.

In Italia se ne sono accorti troppo tardi che una condivisione facebukiana o una tweettata lungimirante potevano essere un boomerang contro la solita promessa, il contratto ingiallito o l’orazione funesta. C’è stato pure chi si è sforzato di scimmiottare Barack Obama, ma la nostra classe politica in veste “social” è davvero goffa. E il misuratore di tale goffaggine non sta tanto nel modo in cui si presenta il canale social presidiato , ma come si tenti di portare l’elettore dalla piattaforma social all’unico posto, testimonial della grande illusione del passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica: la televisione.

Nei ridicoli profili di Google+, spuntati come funghi da un giorno all’altro (Il gigante dei motori di ricerca ricambia la fiducia accordata con uno speciale elettorale), l’unico update più frequente è: “Stasera ti aspetto in tv”. Il teatrino cambia poco o niente: l’altro ieri c’era il salottino di Vespa con il contratto degli italiani, ieri l’agorà di Santoro con il duello da 9 milioni di telespettatori, in cui a parte sguazzi di istrionismo e le solite accuse, non si intravede all’orizzonte nessun programma.

Tornando alla smania social dei nostri politici, mi vien da dire che l’Italia continua ad essere un paese di minestre riscaldate: per certi versi lo sono pure i rottamatori, gli urlatori e gli ammalati di vendolismo. E’ un paese di minestre riscaldate quando il gossip delle veline candidate oscura l’alta percentuale di poveri in Italia; è un paese di minestre riscaldate quando il piagnucolio della banda dei disonesti esclusi dalle liste prende il sopravvento sulle lacrime dei giovani che non trovano un lavoro; è un paese di minestre riscaldate quando il più piccolo dei luoghi comuni diventa una voragine e sgomita con la rassegnazione dei più disagiati che pagano le tasse dei ricconi; è un paese di minestre riscaldate quando i camaleonti vorrebbero darci la lezioncina che non fa più gola a nessuno.

Se questa campagna elettorale avesse davvero una sostanza più “social” e uno sguardo allargato sulla presa di coscienza di una solitaria resistenza da “indignados”, noi elettori non saremmo trattati più come una ciurma di numeri amorfi in balia delle onde.

Passaparola
Rosario Pipolo

Giornalista e Communication specialist. Una Laurea in Lingue straniere con lode all'Università Federico II di Napoli e una specializzazione in Web Communication allo IED di Milano.

Recent Posts

3 serie tv cult di Netflix da vedere almeno una volta nella vita

Netflix, la piattaforma americana di streaming più famosa del pianeta, ha frantumato il perimetro del…

6 mesi ago

20 anni di Facebook tra innovazione, trappole e poca vita

I 20 anni di Facebook dovevano ridursi al passaggio del vecchio "libro delle facce" delle…

7 mesi ago

Sanremo Rewind in 5 canzoni anticonformiste

IL Festival di Sanremo è sempre stato caratterizzato dalla melodia fin dalla sua età della…

7 mesi ago

Buon 2024 a piedi nudi sulla speranza

Lasciandoci alle spalle un 2023 affollato da tanti impostori, guardiamo con ottimismo all'anno nuovo senza…

8 mesi ago

No al Femminicidio. Il ricordo tenero della mia Laura per l’ultimo saluto a Giulia Cecchettin

Non bastano le dita delle mani per contare i casi di femminicidio in Italia. La…

9 mesi ago

30 anni senza Frank Zappa in oltre 120 dischi tra rock e avanguardia

Frank Zappa ce lo portò via il 4 dicembre 1993. Noi studenti universitari di allora…

9 mesi ago

This website uses cookies.