Il rumore sottile della pioggia sbuccia le fatiche della settimana lavorativa, osservo la gente comune, i mendicanti accovacciati, l’acqua che scivola via dagli ombrelli vorrebbe diventare neve, ritrovo gli acquerelli in musica di ogni suo verso. I turisti si precipitano nella Vieux Montréal, i viaggiatori come me fanno di tutto per localizzare un’area periferica.
Le Plateau-Mont-Royal mi conquista subito tra i murales che scrivono vecchie storie mai annebbiate, le piccole librerie dove vado a spulciare rimasugli letterari del Quebec, i localini alternativi in cui ritrovo la socialità. Qui una pinta di birra locale è ancora una salubre calamita per ritrovare amici e fare quattro chiacchiere.
Mi scappa la pipì e mi trovo per fortuna da Steve’s Music Store, uno dei negozi di strumenti musicali più importanti del Quebec. Vale la pena chiedere la chiave del bagno, la più originale che mi sia capitata in 31 anni di viaggi: il portachiavi è una vera chitarra.
Dopo aver camminato ore e ore a piedi come un pellegrino, finisco con stupore a Place des Arts che rende la “New York parigina del Nord America” un crocevia d’arte e spettacolo. Questa è anche la casa della Montréal Symphony Orchestra che mi ospita al concerto del pianista francese Jean-Philippe Collard. È una serata speciale alla Symphony house, la magia del palco e la sensibilità del pubblico ad un tiro di schioppo da una piccola consapevolezza che non dovremmo mettere mai in soffitta: la bellezza infinita della musica classica ci salverà.
Perdersi nella città sotterranea, chilometri sotto i tuoi piedi che danno particolarità a questa metropoli canadese, che non ha smesso mai di sentirsi francese. Poi sbuco tra i grattacieli del dowtown, in lontananza si intravede il vecchio porto.
Come su uno scivolo mi trovo dinanzi a Notre Dame, il simbolo che sigla il gemellaggio con Parigi. L’altare della cattedrale è meravigioso, il più bello visto in America.
La vecchia Montréal è una miniatura parigina nell’architettura, nei ristoranti, nelle gallerie d’arte che profumano di Montmartre. Il mercato di Bonsecours è un covo di artigianato locale, ogni stradina di questa zona tinteggia le atmosfere rilassanti della Parigi, ormai vecchia cartolina dopo le ferite degli attentati terroristici.
Al vecchio porto, area completamente riqualificata, ti viene voglia di salire su una barca e navigare il fiume San Lorenzo, le cui acque pluviali collegano i grandi laghi americani all’oceano Atlantico.
Gira e rigira il pensiero è sempre lì, come un chiodo fisso, al numero 28 di rue Vallières, sull’uscio di casa di Leonard Cohen, come se il mio viaggio a Montréal fosse circolare e si chiudesse con una dedicata sussurrata:
Ci pensi quanta strada? Grazie per non essere mai stato divo. Questa tappa per te, Leonard Cohen.
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