Passai davanti a una brasserie. Mi chiamavano. Erano Michel e Vincenzo, i miei zii. Il primo un emigrante italiano; il secondo un francese di quelle parti. Si conobbero negli anni sessanta, diventarono cognati e anche due buoni amici.
Mi offrirono da bere. Mancava ancora un bel pezzo all’ora di pranzo e mi fecero ubriacare con il Pastis, l’irrinunciabile aperitivo alcolico dal profumo d’anice che scioglie Marsiglia e le sue strade sotto il giaccone di un bicchiere. L’anice del Pastis si confondeva con l’odore del pesce fritto venduto in strada e con la salsedine accantonata dal porticciolo poco distante. Michel era un tipo alla buona, alla mano: il suo francese aveva l’inflessione marsigliese; il suo sorriso quello di uomo del Sud che si accontentava di cose semplici.
Michel e Vincenzo mi raccontarono di quando se ne andavano in campagna, laggiù nel cuore della Provenza, a fiondarsi sotto un albero, a bere vino. Condividevano i colori del loro Sud, quello che Nino Ferrer dipinse nella sua splendida canzone.
Michel se n’è andato ed ha lasciato mezzo vuoto il suo bicchiere di Pastis. L’altra parte del bicchiere la riempio io, allungandola con il ricordo di un sabato d’estate in cui, assieme a zio Michel, francesizzai la mia anima meridionale.
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