Ho trascorso a Castelvolturno le prime due vacanze della mia vita. Nonostante avessi 2 anni, ho ancora qualche sprazzo di quelle estati. Nei primi anni Settanta il nome di questa località balneare della provincia di Caserta era meta vancanziera per una parte delle famiglie napoletane. I tempi cambiano e oggi Castelvolturno finisce sempre sulle prime pagine dei giornali come una roccaforte di malavita e criminalità. Dall’altra parte, Miriam Makeba, una delle voci più intense del jazz e della world music, è tra i miei rimpianti: non la ho intervistata né ascoltata dal vivo. La adoro da sempre per l’impegno tenace contro l’Apartheid in Sudafrica. Una parola che mi fa ancora rabbrividere così come me la spiegò la mia professoressa Rosalba alle Medie. Vallo a spiegare a un tredicenne che anche dinanzi al pericolo di morte i bianchi sono da una parte e i neri dall’altra! Mama Africa è morta a Castelvolturno per un arreasto cardiaco, dove era venuta per un concerto di solidarietà per lo scrittore di “Gomorra” Roberto Saviano, minacciato dalla camorra. Non è mai casuale che musica, impegno sociale, denucia e il desiderio legittimo di avere un territorio nuovo si incontrino in un misto di rabbia e coraggio. Il Sudafrica e il Sud Italia non sono mai state così vicine per una guerriglia sociale, trait d’union simbolico tra Johannesburg e Castelvolturno. L’ultima volta “Cristo si è fermato ad Eboli”, ma l’ultimo canto di Miriam Makeba si è smorzato in una terra che vuole riavere indietro la sua dignità. Speriamo che gli ultimi passi di Mama Africa non si fermino qui.
Passaparola
Rosario Pipolo
Giornalista e Communication specialist. Una Laurea in Lingue straniere con lode all'Università Federico II di Napoli e una specializzazione in Web Communication allo IED di Milano.