Albero di Natale, tradizione o ossessione?
Dopo l’8 dicembre a casa mia scattavano i preparativi per l’Albero di Natale. Io ero più per il presepe, mentre a mia sorella guai a chi le guastava il momento dei preparativi. Nonostante questo abete addobbato mi trasmetteva un’ansia quasi consumistica, ne ero affascianato anche io. Ogni anno aggiungevamo qualche piccolo ornamento, ma di base le palline colorate erano quelle di sempre. Mamma si preoccupava del puntale sulla cima, e papà dell’illuminazione. Quest’ultimo era un punto dolente perché non funzionavano mai con quel dannato sistema ad intermittenza. Alla fine avevamo il nostro albero natalizio e noi bambini ci incantavamo ad osservarlo. Tutti si lamentano che non ci sono soldi, eppure vedo la gente che si scanna nei centri commerciali per gli addobbi dell’albero. Nell’epoca della globalizzazione l’undicesimo comandamento recita più o meno così: “Mantieni l’albero di Natale sempre alla moda come te stesso”. Lo ha capito persino il comune di Palermo, che ha rinunciato ai nuovi uffici per le luci e l’albero di Natale nel capoluogo siculo. La spesa? 330 mila euro per l’ennesimo capriccio che costerà un occhio della testa a tutti i palermitani. Che cavolo è diventato questo abete illuminato, un raccordo con la tradizione o un’ossessione del Belpaese sprecone, che piange “apparentemente miseria” e tira calci nel sedere a chi ne ha bisogno?