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Sanremo 2010: fischiati i vincitori Valerio Scanu, Marco Mengoni, Pupo & il Principe

Siamo stati presi tutti per il sedere perché dietro il televoto non c’è il popolo sovrano. Le voci di corridoio che giravano tra gli addetti ai lavori erano profetiche ed io, poco prima delle 21, avevo pubblicato su twitter l’amaro tris finalista: Scanu, Mengoni, Pupo ed Emanuele Filiberto. Ho dato a Valerio Scanu e al suo brano la piena sufficienza, ma Tutte le volte che non era la canzone regina. Ed anche il pubblico dell’Ariston ha manifestato il dissenso per quella che sarà ricordata come l’edizione più contestata. Persino l’orchestra si è ribellata – sembrava di rivedere Prova d’Orchestra di Federico Fellini – all’annuncio che Malika Ayane, la reale vincitrice di Sanremo 2010, era fuori dal gioco. Possiamo continuare a protestare fino all’anno prossimo, ma Valerio Scanu, il pupillo di Maria De Filippi, è il vincitore del Festival di Sanremo per la categoria dei Big. Marco Mengoni, caduto nella trappola degli starnazzi effeminati, si salva comunque rispetto alla canzone-scandalo dell’Ariston: Italia amore mio, dichiarazione d’amore di un principe che vuole cancellare un passato ingombrante, all’ombra di una monarchia che ci ha mortificati, impoveriti, umiliati. Date alla musica quel che è della musica (Emanuele Filiberto ha fallito come politico e cantante), date alla storia quel che è della storia. E Ghinazzi, pardon Pupo, prima di farci il sermone dal palco dell’Ariston, dovrebbe mettere ordine nella memoria. Mentre su blog e social network, Facebook in testa, si scatena l’indignazione, protesto a voce alta ed invito ad alzare la mano chi è con me: o Sanremo cambia pelle, o quando sarà estinto il popolo della tv, noi del Web diserteremo, mettendo fine a questo rito. Siamo concordi tutti che questo è stato il Festival delle donne? Sul podio dovevano esserci Malika Ayane, Irene Grandi e Noemi. Così non è stato. Ogni anno viviamo con la speranza che le cose cambieranno, cercando di non farci travolgere dall’amaro cinismo. Dimentico che siamo in Italia e il Belpaese cialtrone resta la culla dell’inciucio, in politica come nello spettacolo. Lo Show deve continuare, ma è ora che qualcuno spenga i riflettori abbaglianti. Dobbiamo ritrovare il buio e, qualche volta, l’oscurità ci fa capire di chi siamo figli. Ed io mi vergogno.

La mia TOP TEN:

1. Malika Ayane

2. Irene Grandi

3. Noemi

4. Povia

5. Irene Fornaciari

6. Marco Mengoni

7. Simone Cristicchi

8. Nino D’Angelo e Maria Nazionale

9. Valerio Scanu

10. Enrico Ruggeri

Sanremo 2010, Tony Maiello scippa la vittoria a Nina Zilli

Castellamare di Stabia – la città che ha dato i natali a Raffaele Viviani ed Annibale Ruccello – sale sul podio del Festival di Sanremo con la vittoria di Tony Maiello nella categoria Giovani. Il timido cantante campano, sotto l’ala protettiva della scuderia di Mara Maionchi e le magie del Televoto,ha strappato con il brano Il linguaggio della resa la vittoria a colei che meritava lo scettro: Nina Zilli. Vince la melodia scontata, la canzonetta in puro stile sanremese che non ha niente a che fare con il “fattore X”. Maiello fa solo tenerezza, soprattutto quando il padre si fionda sul palco ad abbracciarlo e la serata si chiude secondo il copione della sceneggiata napoletana. Un 2010 che dimenticheremo in fretta perché quelle che dovevano essere le nuove promesse, si sono rivelate davvero un tonfo, a parte la Zilli con L’uomo che amava le donne e qualche timido accenno traversale tra gli esclusi Romeus e La Fame di Camilla. Il varesino Luca Marino può consolarsi perché sono convinto che la sua sarà il tormentone radiofonico dei prossimi mesi. Antonella Clerici e il suo Festival hanno maltrattato i giovani: io avrei mantenuto il tabù dell’inedito, mettendo in gioco più canzoni e dando più visibilità alla vera linfa dell’Ariston. Diciamocelo francamente: questo è il Sanremo dei Big, ma anche il Festival che si piega sfacciatamente ai ricatti del Televoto. Passano in finale Pupo ed Emanuele Filiberto tra i fischi della platea (che caduta di stile l’intervento di Marcello Lippi in loro difesa!), mentre tornano a casa Enrico Ruggeri (simpatico il duetto con i vecchi Decibel) e Fabrizio Moro. Quale brutta sorpresa ci aspetta dietro l’angolo? Lo sapremo stasera, ma io vorrei chiederlo al francese Bob Sinclair, il dj principe dello show di ieri sera.

Sanremo 2010 atto II: la delusione dei giovani

La seconda serata del Festival di Sanremo l’ho vissuta con un presupposto: Antonella Clerici e la sua goffaggine, farcita di carinerie, c’è e dobbiamo farcene una ragione. Assillo galoppante: perchè questa sessantesima edizione non ha una sigla originale (dobbiamo rimpiangere i tempi del Baudismo?) e ieri abbiamo ricorso alla colonna sonora di Forrest Gump? Misteri della direzione artistica. Ieri a farla da madrina di casa è stata la regina Rania di Giordania con la sua eleganza e savoir faire. E le canzoni? Quest’anno c’è una controtendenza. I giovani hanno deluso le aspettative e i brani dei Big sono di gran lunga superiore. C’è stato un gran parlare della categoria Nuova Generazione e poi i primi cinque emergenti li hanno mandati in onda dopo le 23.30, quando “l’abbiocco” poteva essere giustificato. Mandare in radio le loro canzoni da diverso tempo – a parte Luca Marino io non ho mai sentito nessuno – non è una buona giustificazione per liquidarli in così poco tempo. Nina Zilli e Luca Marino hanno passato il turno: la prima ha un brano stuzzicante e riesce a modularlo bene; il secondo si gioca tutto con una ballata vecchio stile molto orecchiabile. Gli altri dimentichiamoli. I Broken Heart College sembrano la copia riuscita male dei Sonohra; Mattia De Luca un clone di Tricarico con manie di un pop acustico; Jacopo Ratini gioca a fare il giovane impegnato scimmiottando lo stile di Simone Cristicchi e Daniele Silvestri. Tra i big sono usciti  i Sonohra (era ora!) e Valerio Scanu, che invece avrei tenuto al posto di Arisa, perché la Pippa non può pretendere di salire sul podio con la solita filastrocca scemotta. Speriamo che i cinque giovani della terza sera diano un senso alla “Nuova Generazione Sanremo 2010”, altrimenti siamo proprio messi male.

Sanremo 2010 atto I: giù il Principe dall’astronave!

L’edizione numero 60 del Festival di Sanremo meritava un inizio diverso:  siamo nel classico polpettone serale dei palinsesti Rai o sul palco dell’Ariston? Troppo televisivo: nel prolungato siparietto d’apertura di Bonolis e Laurenti (extended version del solito teatrino pubblicitario?), nella goffaggine di Antonella Clerici, che pensa di stare ancora a La Prova del cuoco tra Cassano, che gioca a fare il simpaticone, e il fantasma di Morgan, l’esluso omaggiato con la lettura dei versi del suo pezzo.  La scenografia è salvabile, se non fosse per quell’astronave oscena che ci prepara a “gli incontri ravvicinati del terzo tipo”: chi sono i marziani? Pupo ed Emanuele Filiberto, in coppia per la canzone più brutta di questo primo atto,  la cui squalifica è segno che le coppie fatte a tavolino non funzionano più e i venti nostalgici del Belpaese monarchico soffiano in soffitta. Avrei tenuto Nino D’Angelo e Maria Nazionale per il sound pseudo folk – senza essere filopartneopeo – e mi sarei liberato volentieri dello zucchero filato dei Sonohra e Arisa. Il principe di “Amici”, Valerio Scanu, raggiunge la sufficienza, ma la sua canzone sembra una traduzione in italiano di un mieloso brano napoletano, fatto su misura per un neomelodico. Enrico Ruggeri, Toto Cutugno e Fabrizio Moro si autocitano e fanno autogoal, mentre si inizia a respirare con la satira spigolosa di Simone Cristicchi e l’inno istrionico di Povia, dedicato ad Emanuela Englaro (le polemiche sull’eutanasia lasciamole fuori dall’Ariston, per favore). Funziona Irene Fornaciari con i Nomadi perchè dietro Il mondo piange c’è lo zampino di papà, mentre si avviano in vetta gli energici  Irene Grandi, Marco Mengoni e Noemi. In alto al momento c’è una sola ninfa, la cui voce è sospesa tra cielo e terra con la delicata Ricomincio da qui: Malika Ayane.  E’ ancora troppo presto per parlare, perchè la giuria sanremese ci riserva brutte sorprese. Stiamo a vedere, tanto la vera regina della prima serata è stata Susan Boyle, la migliore invenzione di un talent show!

Morgan “fumante”, fuori dal Festival di Sanremo!

Tutta colpa del “crack”? Finanziario, certamente no perchè Morgan con le partecipazioni ad X Factor di soldi s’è ne fatti abbastanza. Crack, inteso come sostanza stupefacente, perchè il musicista milanese ha dichiarato al mensile Max di far uso “di droga come antidepressivo”. E’ scattata la bufera e così l’ex Bluevertigo si è ritrovato dall’oggi al domani squalificato dal prossimo Festival di Sanremo. Adesso, altro che fare l’antipatico come da copione di X Factor, qui si tratta di perdere una buona occasione, l’Ariston appunto, per approfittare della cresta dell’onda. E’ vero che ognuno nella vita privata può far quello che vuole, ma mi inquieta la spavalderia con cui Morgan ha tirato fuori certe considerazioni. Se è un vanto usare stupefacenti per “sballarsi” o come “antidepressivo”, allora siamo messi male. Siano contrastanti le opinioni a tal proposito, ma finiamola per piacere di dividere il gregge tra bigotti/bacchettoni o anarchici/progressisti. Sulla giustificazione dell’uso di stupefacenti non dovremmo neanche sprecare una frase compiuta, così come sulla proposta bizzarra di fare il test anti-doping a tutti i cantanti sanremesi. Giovanardi consiglia a Morgan di “ricoverarsi in una comunità di recupero”, ma per me è opportuno che faccia un corso di comunicazione accelerato! In tutta questa storia, io mi sento un pesce fuor d’acqua perchè uso la musica, il cinema, il teatro la lettura e i viaggi come antidepressivi e mi sballo cercando di prendere per mano la ragazza che mi piace, in silenzio, in riva al lago. Caro Morgan, lo sai dov’è il vero “sballo” della nostra esistenza? Essere venuti al mondo perchè la vita è un grande dono.

Ciao Niny, mamma del coro che diede voce all’infanzia

Avrebbe meritato più spazio nel nostro calderone mediatico, ma Niny Camolli è stata una milanese semplice e modesta, come era l’Italia a cui apparteneva. Pochi se ne sono accorti, ma  Il coro dei piccoli cantori di Milano è rimasto orfano della madre putativa, la prima musicista donna della Rai in bianco e nero, quando ancora in tv si discrimanavano “donne” e “omosessuali”.  Fu lei ad aver avuto cinquanta anni fa l’intuizione geniale del primo Festival di canzoni per bambini, che poi Bologna avrebbe strappato a Milano ribattezandolo Lo Zecchino d’Oro. Negli ultimi anni era diventata una pacata signora ultranovantenne afflitta dalla cecità, che però riconosceva ancora la voce di chiunque avesse fatto parte del suo amato coro. Sabato mattina, nella Basilica di Sant’Ambrogio, i Piccoli cantori di Milano la hanno salutata con una toccante Ave Maria.  Niny Camolli ci solletica un riflessione per rievocare il tempo in cui il rapporto tra musica e infanzia era lontano dagli scempi televisivi di oggi. La sua direzione musicale severa e appassionata, non solo ha contribuito alla creazione di sigle memorabili nel passaggio dalla tv pubblica a quella commerciale (Portobello e Bim Bum Bam), ma a prolungare l’anima sonora meneghina quando la canzone per bambini aveva raggiunto l’omologazione sotto il regime delle vocalità monotone di Cristina D’Avena.  I bambini di ieri sono gli adulti oggi, che devono una briciola di infanzia spensierata a mamma Niny!

Amici, Marco Carta e Alessandra Amoroso la grande svolta?

Il 17 gennaio parte il serale di Amici e mi scappa proprio una riflessione, a seguito di una dichiarazione recente di Maria De Filippi: “Dopo la vittoria sanremese di Marco Carta e il successo di Alessandra Amoroso, tutte le grandi case discografiche hanno deciso di presidiare il programma e di diventarne parte integrante”. Scusate se mi intrometto, ma non sono convinto che la vittoria “contestata” allo scorso Festival di Sanremo di Marco Carta abbia rappresentato “una grande svolta”. Se fosse così, dovremmo rivedere un po’ di cose. Chi se la ricorda più quella canzone? Se solo proviamo ad accostarlo alle due vere rivelazioni dell’Ariston 2009, Malika Ayane e Sinoma Molinari, Marco Carta ne esce sconfitto in partenza. Alessandra Amoroso è nettamente migliore del suo compagno di scuola, nonostante abbia commesso un fallo: partecipare all’ultimo one man show di Gianni Morandi, come traino per alzare lo share delle vecchie guardie della moribonda Rai. E poi la Amoroso, oltre ad avere una bella voce, è una ragazza deliziosa: quella umile, che non si è montata per niente la testa! Dovrebbe dare una bella lezione in tal senso a Valerio Scanu, che adesso si sentirà ancora più “divo” da partecipante al prossimo Festival di Sanremo. Per quanto riguarda l’interesse dei “discografici”, mi permetto di dire la mia: in un momento di crisi e trasformazione inevitabile dell’industria musicale , la passerella del talent show di Canale 5 è un sentiero di salvezza per rialzare le vendite, anche se ci trovassimo con un pugno di mosche in mano. Le case discografiche sanno bene come coccolare  il popolo fedelissimo di Amici – che acquista comunque il cd del suo beniamino (che triste la Christmas edition di Valerio Scanu!). Facciamo tutti un passo indietro, perchè nei tempi di vacche magre torna la logica vincente  dell’asso pigliatutto.

X Factor, Marco vince e Morgan fa l’offeso!

Adesso digitando “Marco” in rete bisogna stare attenti.  Fino all’altra sera pronunciare questo nome significava Marco Carta, il divo di Amici, adesso invece a lui se ne affianca un altro: Marco Mengoni, vincitore della terza edizione di X Factor. Tra i due naturalmente non c’è paragone e Mengoni ha messo in accordo tutti, vista la delusione della passata edizione con il mieloso Matteo Becucci in pole position. Tuttavia, c’è sempre il pericolo che “la sfiga” baci i vincitori. Quelli delle passate edizioni chi se li ricorda più? Sono le grandi escluse come Giusy Ferreri o Noemi a tenere ancora testa. Marco di X Factor ha una carta in più rispetto ai suoi precedessori: il passaggio al Festival di Sanremo. L’Ariston è un’arma a doppio taglio: o la va, o la spacca, perchè ci vuole una canzone che funzioni e anche una piccola “botta di culo”. Quest’anno l’aspetto musicale del talent show di Raidue esce a voto pieno, ma quello televisivo con parecchie carenze. Sì, Claudia Mori aveva le sue competenze ed è riuscita persino ad “addomesticare” Morgan, che fa la parte dell’offeso e vuole andarsane. Parecchi ospiti a X Factor, ma i litigi tra lui, la Mori e la Maionchi mi hanno annoiato, usciti dal solito copione. Morgan dice di essere “stufo”, ma non si è chiesto se anche il pubblico sia stanco di lui? Non gli perdono una gaffe in questa edizione, quella di aver disprezzato la voce di Freddie Mercury. L’ex frontman dei Queen, oltre ad essere  uno dei vocalist più possenti del XX secolo, non era un personaggio “costruito a tavolino”. Forse l’ex Bluvertigo si sente così?

Checco Zalone, superstar in rete e al botteghino!

Ci voleva la canzoncina dedicata alla Daddario e ai suoi incontri “a luci rosa” a far diventare Checco Zalone il più cliccato della rete. Ovunque su Internet non si fa altro che parlare di lui. Adesso il comico barese, figlio irriverente della combriccola di Zelig, è sbarcato al cinema ed ha stravinto al botteghino.  Cado dalle nubi, il film di Luca Medici (questo è il suo nome all’anagrafe), ha incassato lo scorso weekend quasi 3 milioni di euro. Zalone mi è particolarmente simpatico perchè porta in giro il prototipo del “tamarro” (il suo nome d’arte richiama lo slang barese “Che cazzolone”), sotto le vesti del cantante neomelodico da matrimonio. E i neomelodici da “matrimonio” – di cui la mia città, Napoli, abbonda – sono un fenomeno sociale e folcloristico in continua evoluzione,  dappertutto. La stessa sorte tocca pure ai comici che finiscono in pasto ai netturbini, se si fermano al solito clichè o pretendono di campare di rendita col tormentone di turno. E se lo stereotipo te lo impongono gli autori o il pubblico, come è successo tanti anni fa a Lino Banfi? Il compaesano di Checco era un bravo attore di avanspettacolo, ma il pubblico lo ha incoronato il reuccio della commedia sexy all’italiania. Zalone è uno che sa il fatto suo, saprà scacciare la mala sorte, quella che ha travolto la povera “Sconsolata” (Anna Maria Barbera), il cui personaggio oggi sembra roba di altri tempi.

Satira in tv, Parla con me!

Sono diversi anni che faccio a cazzotti con i palinsesti della tv generalista. Rai o Mediaset non si salva nessuno. Quale sarebbe l’alternativa? Pagare un abbonamento a Sky? Non ci penso proprio! Appresa in serata la notizia dell’ingiusto cambio di direzione di Rai Tre – via Paolo Ruffini e dentro Antonio Di Bella – ho fatto zapping sulla terza rete e mi sono trovato  nel salotto di Parla con me! Ho capito che Serena Dandini era una grande professionista, partecipando una decina di anni fa ad una registrazione del mitico Pippo Chennedy Show.  La satira by night non tiene più svegli neanche i nottambuli, perchè si vedono sempre le stesse cose. Parla con me è una piccola oasi di cui non dovremmo fare a meno: Dario Vergassola è convincente persino quando gioca a fare il “leccaculo” con il neo direttore generale, mentre Neri Marcorè è ineguagliabile nell’imitazione dell’avvocato Ghedini. Mai una sbavatura, mai una punta di volgarità. E poi finalmente la satira torna ad essere educativa:  ogni minuto in Italia se ne combina una, ma a causa dei bombardamenti delle notizie è difficile capire qualcosa. Io vorrei tornare a dialogare con l’emisfero politico e istituzionale del Belpaese. La satira in tv fatta bene può aiutarmi, così come una rete televisiva che investa su proposte innovative e sensate. E speriamo che Raitre resti tale, anche sotto il nuovo regime Di Bella.