Visto che la rete è strapiena di food-lover e in giro ci sono tanti critici gastronomici sul ciglio di una strada – un consiglio su Foursquare o un pallino su TripAdvisor valgono più di una guida blasonata – lascio a loro il privilegio di una noiosa recensione, mi fido dell’intuito del mio palato e mi spingo oltre. Oltre dove? Se c’è di mezzo un ristorante, di cosa dovrei parlare se non di cibo?
Sarà questa mia fissazione del “viaggio nel viaggio”, che mi porta ad esplorare l’ambiente: gli scaffali con i vini mi portano alle mie incursioni nelle cantine toscane; il banco da macelleria ai tempi in cui mi divertivo a guardare nonna Lucia che contrattava con il macellaio per avere la migliore carne; l’allestimento dei tavoli alle romanticherie del mio ultimo viaggio a Parigi. L’ambiente è fatto anche di persone ed è la chiacchierata con lo staff che mi porta a fare il giro di mezzo mondo, dal Senegal alla Romania passando per l’Ucraina, con tante piccole storie che si fondono con il gusto.
E non rimpiazziamo il solito Proust con la storia del gusto che evoca il ricordo, tanto basta la cordialità di ognuno di loro per convincermi ad infilarmi in una foto con lo staff. All’appello manca Andrea, il simpatico napoletano che dirige Maxela Coppelle, alle prese con lo chef per gli ultimi assaggi prima dell’apertura delle cena. Accipicchia, Andrea assomiglia tanto a mio cugino, il più piccolo della nidiata materna, che si dipingeva il muso con il ragù quando nostra nonna gli proponeva l’assaggio di un buon piatto di maccheroni.
Non dovevamo festeggiare il primo compleanno di Maxela? Ecco, lo abbiamo fatto, tirando le orecchie ai ricordi, dando una pacca sulle spalle a coloro che ci lavorano. Non è solo il cibo a fare la differenza, ma anche le risorse umane che contribuiscono al successo di un ristorante. Passione ed entusiasmo restano un valore aggiunto.
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