Lo riconosco. E’ il professore Nello Altavilla, che nel 1987 mi di disse: “La matematica non è il tuo mestiere ma mi hanno detto che in italiano vai forte”. Accadde in una scuola media alla periferia di Napoli. Tante generazioni lo hanno avuto come docente di matematica. Nonostante per me fosse un supplente, è rimasto vivo il suo ricordo tra le pagine del mio diario scolastico. Finiamo a mangiare una pizza insieme, ci insoliamo dagli altri commensali.
Il prof. Altavilla trova terreno fertile di fronte a sé – non si accorge del reporter che c’è oltre la corteccia dell’ex allievo tra ricordi scolastici mescolati a quelli dei suoi studi. Li ariamo insieme e germogliano i sogni della generazione degli anni ’50 del secolo scorso, da studente dell’Alessandro Volta di Napoli fino ai giorni in cui andava a caccia di Renato Caccioppoli, il matematico napoletano raccontato magnificamente al cinema da Mario Martone. Il filo della memoria di Altavilla è lucido e il suo umorismo, che evoca quello dell’Alberto Sordi intervistato, colora la nostra conversazione. La memoria di Altavilla raccoglie ciò che ne era della provincia di un tempo, della semplicità perduta, dove anche la goffaggine e la “spavalderia dei vitelloni felliniani” erano in sintonia con quelle del Belpaese in bianco e nero.
Giungo ad una conclusione: la scuola ai tempi in cui ero allievo sedimentava legami speciali tra docenti e alunni. Nonostante sia passata tanta acqua sotto i ponti, troppa forse, il professore veterano fila la lana della confidenzialità con uno dei suoi tanti allievi. Questo per dire che, se ognuno di noi trovasse il coraggio di andare a far visita ad un ex professore in pensione, regaleremmo al nostro interlocutore la gioia di chi non vuole essere trascurato.
Il professore Nello Altavilla non si era accorto di essere finito in un’intervista. E forse un giorno ci ritroveremo a fare una passeggiata sottobraccio, a notte fonda, in corso Buenos Aires a Milano, canticchiando L’immensità. “Sì, io lo so tutta la vita sempre solo non sarò” metterà nero su bianco il legame tra un professore di matematica e un alunno “preso in prestito” in un’altra classe, che in fin dei conti non avevano smesso mai di volersi bene.
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