Mi era piaciuta l’idea di poter raccontare una bresciana, adottata dalla piccola comunità di Valduggia, che aveva attraversato il ‘900 ed era stata mondina nelle risaie, proprio come Silvana Mangano nel film di Riso amaro.
Nonna Luigina era entusiasta di questa visita insolita di un ospite che non le era apparso come un curioso ficcanaso, ma come il giornalista pronto a fare quattro chiacchiere per poter tirar fuori un ritratto e raccogliere spunti di riflessione.
Di questi tempi poi, in cui la centrifuga della vita tritura la lentezza necessaria a farci ricchi con la saggezza degli anziani, questi sono spicchi di vita meritevoli di essere raccontati e condivisi.
Nonna Luigina – aveva già prenotato il parrucchiere in vista del mio arrivo – aveva saputo che era una buona forchetta e, non potendo venire al ristorante, si sarebbe presa la briga di invitare a casa sua uno chef tutto per me, che avrebbe cucinato per il lieto evento. La situazione mi commuoveva al solo pensiero, perché avrei ritrovato una “nonna” che si sarebbe preoccupata per me.
In due occasioni, tra fine maggio e giugno scorso, sono stato costretto a rinviare a causa del maltempo, che tra piogge e temporali ha trasformato il nostro territorio di frontiera in una landa tropicale. Sapevo che la bisnonna di Valduggia mi avrebbe aspettato, anche se alla veneranda età della “mondina centenaria” basta un soffio di vento a scompigliare tutto.
Qualche settimana fa non hanno avuto il coraggio di dirmi che non avrei potuto intervistarla più. Alla trisnipotina Ginevra, la piccola che le sorride accanto in questa foto di compleanno, hanno spiegato che ora nonna Luigina è diventata un folletto o forse una fata.
Io sono un po’ all’antica e credo ancora negli angeli. Un giorno se dovessi finire all’Inferno, avrò un buon motivo per farmi spedire in trasferta temporanea in Paradiso e ritrovare così nonna Luigina per intervistarla.
Fino ad allora però non potrò far altro che ringraziare “la mondina centenaria di Valduggia” per avermi fatto sentire di nuovo nipote, nel tempo scandito dalla solitudine cronica che allunga le distanze nei legami.
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