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Il mio amico Arnold non c’è più. Addio a Gary Coleman

Che una situation comedy possa essere la testimonianza di un cambio di guardia nell’America multirazziale può essere. Tutto può essere, anche se non mi sembra vero che Gary Coleman non ci sia più. E’ morto a 42 anni l’enfant prodige che aveva dato vita a quella piccola peste di Arnold, la serie televisiva trasmessa negli USA tra il ’78 e l’86. Quel bimbo di colore ha bucato il piccolo schermo, divertendo e intrattenendo in tanti pomeriggi anche quelli della mia generazione: nei primi anni ’80 nessuno di noi poteva permettersi il lusso di avere un compagno di giochi di colore, perché l’Italia non si era svegliata ancora meticcia.
Arnold era diventato il nostro amichetto dalla pelle scura, facendoci illudere che il razzismo non fosse di casa nostra, che i nostri genitori non avrebbero detto niente se avessimo marinato la scuola per andar fuori a giocare con lui. Quando in gioco c’è il tubo catodico tutto può essere, ma forse è più significativo il titolo di come fu presentata la serie in Italia: Harlem contro Manhattan, come a dire che nell’American dream dei palloni gonfiati, nel rimbalzo dalla presidenza del democratico Carter a quella del repubblicano Reagan, si cambiavano le carte in tavola: i neri iniziavano la loro scalata sociale e culturale, e sarebbero stati pronti un giorno a varcare la soglia della Casa Bianca nel riscatto di Barack Obama. La battuta “Che cavolo stai dicendo Willis?” la diceva lunga. Così Arnold e il fratello maggiore Willis non si aggiravamo tra i vicoli puzzolenti del ghetto di Harlem, ma correvano nei corridoi di un attico di Manhattan e la vita da lassù sembrava migliore. La loro o la nostra illusione di telespettatori? Era davvero pace fatta tra neri e bianchi? Al solo pensiero avrebbe impallidito persino il cinema di Spike Lee.
Nella fiction ci consola il lieto fine, ma nella vita reale il gioco a volte si fa crudo ed amaro. Infatti, noi siamo cresciuti in statura, mentre il piccolo Arnold, alias Gary Coleman, è rimasto imprigionato nel suo corpo di eterno bambino per una maledetta malattia, che gli ha reso la vita infelice. Penso che gli angeli di colore arrivino più in alto di tutti. E forse Coleman è lì a giocherellare con il Padreterno, che si diverte a dare tanti pizziccoti a quelle sue tenere guanciotte.

Passaparola
Rosario Pipolo

Giornalista e Communication specialist. Una Laurea in Lingue straniere con lode all'Università Federico II di Napoli e una specializzazione in Web Communication allo IED di Milano.

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  • Già Rosario, la vità reale è più cruda,sempre. Mi dispiace per Gary Coleman, ha donato sorrisi e attimi di felicità a tante generazioni!

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