Il mio incontro con Monica Vitti nel settembre 1995 diede una sterzata ai miei vent’anni e passa. Dopo quella lunga conferenza stampa al Lido di Venezia confessai a me stesso che avrei intrapreso questo mestiere, anche perché le stesse interviste erano una grande ricompensa nella crescita della vita.
Per chi ha preservato il Cinema e la Letteratura dalla gogliardia dei capricci di gioventù, la vita vi ha messo davanti salite e rinunce. Io ho barattato senza rimorsi il destino di un ventenne tra le certezze di provincia per una vita spericolata fatta di nuovi orizzonti in cui vi era riflesso il cinema di cui mi ero nutrito.
La mia Monica Vitti non è stata soltanto la passerella di personaggi cinematografici che mi avevano tenuto compagnia nei pomeriggi d’inverno in cui mi annoiavano tremendamente le versioni di greco e latino. La mia Monica Vitti è stata colei che, quella mattina d’estate, mi accecò di luce tra Alberto Sordi e Giuseppe De Santis, l’ultimo grande alfiere del Neorealismo italiano.
Quel che resta dell’incontro, dello scambio di parole dopo l’intervista, di una stretta di mano, è tutto qui, nei segni di una biro blu, in una dedica che per quasi trent’anni è rimasta rinchiusa nel bunker del mio archivio di lavoro. Iniziai a riguardare i segni della sua grafia quandò Monica Vitti si defilò dalla vita pubblica a seguito della malattia.
Ho sempre pensato che l’unico tatuaggio naturale che meriti di appartenerci sia composto dalle linee della mano, alcune delle quali si dice contengano la traiettoria del nostro destino. Nel giorno in cui il cuore di Maria Luisa Ceciarelli ha smesso di battere, accosto alcuni tratti della sua dedica a due linee della mia mano destra. Sotto l’inchiostro c’erano le orme del mio futuro, quello in cui si ridisegna persino la geografia dei legami.
I social media hanno acceso l’arroganza in tanti di poter entrare nella vita degli altri in qualsiasi momento. Monica Vitti e suoi personaggi appartengono alla razza estinta che bussava alla porta della tua vita prima di entrare a farne parte. Al tavolo della mia vita privata vedo sedute alcune persone volate nel cosmo dell’eternità né per legame familiare né per imposizione altrui. E’ una sorta di incantesimo che porta la firma della vita, inspiegabile forma di libertà di amare e lasciarci amare a modo nostro, a qualsiasi prezzo, in una direzione ostinata e contraria alla chiassosa volgarità del nostro tempo.
Inspiegabile, può decifrare questo rebus dell’esistenza umana chi ha avuto il privilegio di viverlo, fuori dal coro. Buon riposo, Maria Luisa. Buon risveglio nell’eternità, Monica.
Sessantacinque giorni in viaggio nel Sudest asiatico mi tornano in mente uno per uno nel…
Michaela (DePrince all'anagrafe americana) non abbiamo sentito il tuo ultimo passo di danza perché troppo…
Addio ad Alain Delon (1935-2024), il principe della bellezza al cinema, tra polemiche, faide ereditarie…
Netflix, la piattaforma americana di streaming più famosa del pianeta, ha frantumato il perimetro del…
I 20 anni di Facebook dovevano ridursi al passaggio del vecchio "libro delle facce" delle…
IL Festival di Sanremo è sempre stato caratterizzato dalla melodia fin dalla sua età della…
This website uses cookies.