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Il Teatro Segreto di Ruggero Cappuccio: La lezione che segnò la mia vita

Tutto sommato il finale di partita di una fetta della mia vita non si giocò agli esami di maturità, ma l’anno dopo su un palcoscenico. Ad aprirmi la strada fu proprio il Teatro Segreto di Ruggero Cappuccio. Nel ’93 a Napoli molti si erano fermati sulla sponda drammaturgica di Moscato, Ruccello e Silvestri. Pochi di noi avemmo fortuna e attraversammo senza accorgercene il nuovo rinascimento drammaturgico, quello che diede le prime scintille con Delirio Marginale, premio IDI 1993. Attraverso la penna di Cappuccio ritrovammo storie e personaggi sepolti dalla volgarità del nostro tempo.
Dicevo la mia partita si giocò tutta lì, durante una prova generale, da allievo su quel palcoscenico. Ruggero Cappuccio si alzò dalla seggiola e fermò le prove. Salì sul palco, mi guardò diritto negli occhi e disse con tono severo: “Persino un controscena, senza una battuta, ha il suo valore. Basta un dito fuori posto e sarai condannato ad essere guitto per il resto della vita”. Attraversò il teatro con il sigaro fumante e scomparve nel buio.
Quella per me fu come una sberla, ma ne compresi il valore tempo dopo. C’era una sacrosanta verità, che trasformò me e i miei compagni di scena in uomini di teatro, destinati a dare un senso alle nostre esistenze fuori o oltre il sipario. Quel regista e drammaturgo, attraverso il suo Teatro Segreto, ci aveva difesi e protetti dal divismo amatoriale che dilaga ovunque oggi come allora, professato dalla maggior parte dei poveri illusi, destinati ad essere messaggeri di volgarità.
Quando ho visto in Shakespea Re di Napoli il corpo di Claudio Di Palma imprigionato in una cornice, mi sono convinto che la visione di un universo drammaturgico può essere localizzato ovunque – anche all’ombra del Vesuvio Shakespeare alita il suo spirito – così come l’impasto della scrittura si denuda in eternità sotto più sembianze. E la lava che travolge i protagonisti di Fuoco su Napoli, l’ultimo  e acclamato romanzo di Ruggero Cappuccio, mi riporta proprio nella landa della mia infanzia, i Campi Flegrei, dove ho vissuto la paura che il bradisismo capriccioso di Pozzuoli potesse spazzarci via prima di quanto credessimo e farci diventare personaggi dell’ultima tragedia sul Golfo di Napoli. Non è uno stonato gioco di parole: su quel palcoscenico molti scomparvero da personaggi, in pochi invece cominciammo ad esistere, perché Cappuccio ci svelò attraverso il teatro il primo segreto della vita. E quella lezione segnò la mia per sempre.

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Rosario Pipolo

Giornalista e Communication specialist. Una Laurea in Lingue straniere con lode all'Università Federico II di Napoli e una specializzazione in Web Communication allo IED di Milano.

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  • E' la più bella testimoanza che abbia mai letto...mi commuove quello che il tempo non sa dire, quello che è difficile difendere ....grazie

  • Caro Rosario nel leggere le tue parole scopro con gioia che non tutto viene dimenticato in questo mondo in cui la memoria sembra essere in svendita rispetto alla politica, alla morale, alla famiglia e ai rapporti interpersonali in genere. non ho mai creduto nella bontà dll'azione provocata dai grandi movimenti di massa, tranne rare e gradevoli eccezioni. credo piuttosto che ciascuno di noi debba lavorare nella piccola umile sfera che sta intorno alla sua vita. negli anni di Salerno che tu hai ricordato i giovani attori con i quali lavoravo erano contemporaneamente il mio mondo e una parte importante del mondo. essere esigenti con sè stessi e con gli altri è l'unica forma possibile per la via della ricerca e del perfezionamento. Ti ricordo con affetto e verifico con piacere la precisione dei tuoi ricordi. un caro abbraccio Ruggero

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