I singoli quartieri, spesso vittime dell’isolamento spacciato dallo stress metropolitano, hanno reagito scendendo in strada a ripulire la città, trasformando così l’hashtag #NessunotocchiMilano in uno slogan di civiltà e socialità.
Sui social network è stato commesso un errore. Anzichè dare visibilità con una cascata di sfottò al “bamboccione incappucciato”, oroglioso dell’ignobile gesto, o alla “goffa ochetta” che si è fatta fotografare accanto all’auto bruciata, avremmo dovuto condividere le foto dei ventimila milanesi che in maniera volontaria si sono ritrovati per ripulire la città devastata.
Giorgio Gaber cantava: “Un uomo solo che grida il suo no, è un pazzo. Milioni di uomini che gridano lo stesso no, avrebbero la possibilità di cambiare veramente il mondo”. Aggiungerei: ventimila persone che gridano “lo stesso no” abbattono gli avversi clichè e luoghi comuni che sfigurano l’anima di Milano.
La Milano popolata dalla gente ha sbandierato, in un gesto concreto, la perla di saggezza di Isaac Asimov: la violenza è davvero l’ultimo rifugio degli incapaci.
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