Professore Elia, sapete che il 2 novembre vi aspetto sul balcone per ascoltare “Imagine”?

Rosario Pipolo“Vedete quanto poco ci vuole per rendere felice un uomo: una tazzina presa tranquillamente qui fuori… con un simpatico dirimpettaio… Voi siete simpatico, professò”. Il monologo capolavoro di Questi Fantasmi di Eduardo De Filippo fotografa i legami che si creavano nella Napoli che aveva fatto di un “balcone” il luogo privilegiato della socievolezza.

Mentre sbuffavo sulle noiose versioni di greco e latino, sentivo la voce del professore Elia che dava ripetizione ad uno studente di un istituto professionale. Mi affacciavo e mi appoggiavo alla ringhiera. Dall’altra parte del balcone c’era lui che mi sorrideva. Mi intrattenevo volentieri, qualche chiacchiera. Poi arrivava la moglie del professore che gli portava una tazzina di caffè. Saranno state le quattro di un pomeriggio d’autunno.

Ai tempi dell’università, il professore Elia mi chiamò dal balcone. Mi affacciai. Pensavo volesse rimproverarmi perché avevo il volume della musica troppo alto. Invece no. “Mi piace come suoni il pianoforte. Eseguila più spesso questa canzone”, mi disse con la sua voce composta e pacata. Io spiegai al professore che non era merito mio, ma del vinile di “Imagine” di John Lennon. Da allora tutte le volte che lo sentivo dare ripetizione, mettevo il disco. Ero orgoglioso che piacesse al mio dirimpettaio. A casa mia non apprezzavano mai la mia selezione musicale.

Quando mi sono trasferito a Milano, ogni volta che tornavo giù dai miei, mi appostavo sul balcone per incrociare il professore Elia. Con il passare degli anni, purtroppo lo incontravo sempre più di rado. Mi ricordo la sera in cui ero in partenza, con una marea di bagagli, per il trasloco definitivo. Mi diede una pacca sulla spalla, accompagnata da una carezza. A suo modo mi aveva detto: “Va’ e coraggio”.

La parete della mia camera a casa dei miei confina ancora con quella del professore. Stanotte torno a coricarmi nel letto dove sono cresciuto e mi sentirò solo senza il respiro di notte del professore Elia.
Ah, professore Elia! Siete stato più di “un simpatico dirimpettaio”. Avete attraversato con me un pezzo della mia vita, vedendo volare da un balcone, come uno sciame di palloncini, i sogni di un ragazzaccio di periferia. Il pomeriggio del 2 novembre vi aspetto sul balcone per farvi riascoltare il disco che piaceva tanto a voi. Sarà allora che le nuvole prenderanno la forma di petali di margherite. “Professò, vedete quanto poco ci vuole per rendere felice un uomo?”. Me lo avete insegnato attraverso la ringhiera di un balcone*.

*Dedicato ad Antonio Elia (1941-2013) in occasione del 2 novembre.

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