Il suo grido di innocenza non scompose neanche la Casa Bianca, come del resto accade per tanti che scontano una pena ingiusta. Glenn non era presente a quella rapina ma fu mandato dietro le sbarre del Braccio della Morte, l’inferno della prigionia. Nel 1988 rischiò di essere giustiziato e fu salvato per capello da un giudice della Louisiana che volle vederci chiaro nella faccenda.
Dopo 30 anni il signor Ford è stato scarcerato con una pacca sulla spalla e un sacchetto di dollari che mai gli restiuiranno il tempo perduto e la sofferenza patita. Glenn entrò in carcere da papà ed ora esce da nonno e, per una giunta, con una beffa: Barack Obama, un presidente nero alla Casa Bianca.
Cosa racconterà ai suoi nipoti? Che gli Stati Uniti hanno attraversato una buona parte del XX secolo lavandosi la coscienza con il tanfo dei dollari. Tutto sommato le gravi discriminazioni razziali non si concentrano tra gli anni ’50 e i ’70 così come le parabole di Martin Luther King non graffiano solo, come gli spruzzi di bombolette spray, i muri delle coscienze in cancrena.
E forse sarebbe di buon auspicio se Glenn Ford ricevesse un invito dal Presidente degli USA per un pranzo alla Casa Bianca. Un nero che guarda negli occhi un altro nero nella sala ovale del potere, come per dire che l’America di colore non è soltanto quella umiliata nel Braccio della Morte.
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