Alcune estati fa, mentre i palermitani si arrostivano sotto il Solleone di Mondello, mi afferrarono per pazzo. Mi feci accompagnare in motorino al camposanto di Santo Spirito a Palermo. Chi vuoi che ci fosse al cimitero in un’afosa mattina d’agosto? Una coppia di beccamorti e un tizio all’entrata. Quest’ultimo mi guardò infastidito quando gli chiesi indicazione per la tomba del giudice Giovanni Falcone. Da dietro gli occhiali scuri mi rimproverò come a dire: “Se ne vada pure lei a mare ad abbronzarsi”. In effetti ero pallido come una mozzarella.
Pensavo di trovare lì la stessa fiammella, sempre accesa, che avevo visto a Washington sulla tomba del Presidente Kennedy. Avrebbe tradotto alla perfezione questo pensiero del giudice ammazzato a Capaci dalla Mafia il 23 maggio di vent’anni fa: “Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini.”
Era cappella come tante altre, con qualche fiore insecchito lasciato da qualcuno. Sporsi il capo all’interno e, leggendo i nomi sulle lapidi, mi convinsi che non avevo sbagliato luogo. Quella mattina d’agosto, girovagando nel centro storico di Palermo, ebbi la sensazione che Giovanni Falcone fosse uno qualunque. Eppure, qualche anno prima, ero passato nel capoluogo della Sicilia proprio a ridosso della marcia commemorativa dedicata a Falcone e Borsellino. Mi chiedo: la memoria ha bisogno dei rimbalzi emotivi dell’anniversario? Ieri i social nwtwork sono stati invasi da immagini e parole dedicate al magistrato ammazzato. E adesso? Dopo il ventennale della morte di Paolo Borsellino, quanto ci toccherà aspettare?
Un anniversario rischia di arrugginirsi in fretta quando non seminiamo memoria nella quotidianità, traducendo l’iconografia dei due magistrati martiri nelle minuscole concretezze del quotidiano: adottiamo console di videogame come babysitter dei nostri figli, invece di tradurre in fiaba il significato del coraggio; continuiamo a scambiare farabutti per eroi, invece di valorizzare le azioni invisibili dell’eroismo comune; lasciamo che i ricatti dell’invisibile illegalità entrino nel nostro quotidiano e per omertà chiudiamo un occhio, anzi due; ci illudiamo che mai nessuno alzerebbe le mani contro una scuola, senza mettere in conto che la lucida follia di un bombarolo potrebbe fare di tutto il contrario di tutto. Ogni mattina dovremmo dedicare un minuto di silenzio ad eroi come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, perchè se possiamo guardare diritta negli occhi la persona che amiamo e sussarle “ti amo”, è anche grazie al loro atto d’amore verso un’ingrata civiltà, la nostra.
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ciao ...mi sento in obbligo di commentar....per certi versi hai ragione...ma credimi se tu ti trovassi nella nostra terra ...ogni giorno...ogni momento e non solo di sfuggita, magari a fare le vacanze estive, ,...ti accorgeresti che non abbiam bisogno di una fiammella accesa perennemente sulla tomba di falcone o borsellino, perchè quella fiammella la teniamo accesa dentro il nostro cuore....Festeggiamo l 'anniversario con molta partecipazione...perchè noi abbiamo vissuto, in prima persona, questo triste momento storico e con la memoria vogliamo trasmetterlo a chi non era ancora nato 20 anni fa,..vorrei sottolineare caro rosario....che ogni giorno , ogni momento ;NOI lottiamo contro dei muri di gomma...e delle ipocrisie.......Quelli che a cui ti riferisci tu , forse, sono le personalità politiche che si avvicendano di volta in volta.....e si ricordano della nostra Isola solo il 23 maggio.....ma NOI VIVIAMO NELLA nostra Isola, e VIVIAMO LA NOSTRA isola..cercando di trovare un modus vivendI, che è quello che ci hanno insegnato Giovann e Paolo.Noi usciamo ogni mattina di casa e non possiamo esimerci dal pensare ai nostri eroi, perchè respiriamo la stessa aria ,perchè grazie a loro oggi possiamo passeggiare per le strade, possiamo guardare il cielo, il mare, fare progetti, crescere.....e la sera prima di addormentarci raccontiamo ai nostri figli storie di eroi....che non sono fiabe, ma per NOi sono storie di vite vissute...Nadia