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L’ultimo imperatore: Tripoli, bel suol d’amor!

“Tripoli bel suol d’amor” cantava una voce femminile negli anni ’10 del secolo scorso. Vecchie reminiscenze musicali che attraversano i solchi della storia, perché spesso a farla franca è il dolore. Niente amore, niente democrazia, niente libertà. La ricchezza e il benessere sfrenato erano rinchiusi nei palazzi degli orchi, mentre fuori il popolo aveva fame. A tenerlo a bada non sarebbero servite neanche “le amare brioche” del sarcasmo frivolo di Maria Antonietta di Francia.
All’improvviso è come se Libia, Tunisia, Algeria ed Egitto si fossero risvegliate da un lunghissimo letargo e l’orrido fantasma del colonialismo fosse tornato a girovagare nell’immaginario collettivo del Nord Africa. Dai colonialisti erano finiti nelle mani degli imperatori che avevano stordito tutti, confondendo il confine che c’è tra una dittatura e una democrazia. E noi sottobanco ci abbiamo messo del nostro, dalla base del Vecchio Continente, fornendo a tempo debito armi, soldi e belle donne. E quando noi italiani facevamo i vacanzieri sulle coste del Nord Africa, preferivamo rinchiuderci nei lussuosi resort come in un paese dei balocchi: panza al sole, culi formosi e drink dissetanti, senza buttare l’occhio nei piccoli villaggi dove c’era la miseria nera.
La necessità della libertà qualche volta diventa giustamente furibonda, incontrollabile e così in queste ore si inasprisce l’ira funesta contro l’ultimo imperatore Libico, tra morti ammazzatti e gente che rischia la vita ogni minuto che passa. La storia è una trottola che gira, incredibile. Alla fine del 1942, nel bel mezzo della Seconda Guerra Mondiale, due soldati napoletani, Pasquale e Tonino, furono fatti prigionieri proprio da quelle parti. Stavano per ammazzarli e il secondo fece un voto: “Dio mio, se mi salvi, quando ritorno a Napoli tolgo una donna dalla strada e sposo una prostituta”. Nel ’43 sbarcarono gli alleati e i due furono messi in salvo. Pasquale tornò tra le braccia della fidanzata Lucia e Tonino andò in una casa di prostituzione della Riviera di Chiaia, facendo fede alla sua promessa. Questi due ometti in divisa, dimenticati in una fotografia in bianco e nero del Nord Africa, non sono i protagonisti immaginari del film La Grande Guerra di Monicelli, ma due persone vere.
Pasquale era mio nonno e, appena mi raccontò questo episodio, io gettai via il fucile giocattolo che mi avevano regalato e dissi: “Nonno, non voglio più giocare a fare il soldato”. E adesso mentre scrivo, mi torna il magone, perché in Libia centinaia di persone rischiano di perdere la vita e la libertà, come allora stava per succedere a quelle due reclute partenopee. E allora, vecchia voce, non cantare più da quel grammofono “Tripoli, bel suol d’amor” perchè non ci siano più colonialisti sotto il tricolore, ma messaggeri di pace e democrazia.

Diario da Parigi, in tilt per una spruzzata di neve

Parigi è Parigi, anche sotto la neve. E così una toccata mordi e fuggi per lavoro è stata un’opportunità per godermi dal taxi la Ville lumière in piena atmosfera natalizia. Ho visto meno addobbi e illuminazioni del solito. Sarà mai una campagna di risparmio energico per evitare che i nostri cugini d’oltralpe si facciano le festività a lume di candela? I quotidiani francesi annunciano un possibile black out. Se giovedì scorso pochi centimetri di neve hanno mandato in tilt l’aeroporto Charles De Gaulle, figuriamoci la mancanza totale di elettricità! Chi viaggia mette in agenda i ritardi a causa del maltempo, ma non 6 ore di attesa per l’indecente gestione areoportuale. Poco prima di partire per Milano, non c’erano i bus per portarci all’aereo. Insomma, ho scoperto che, dopo una certa ora, non ci sono più autisti a sufficienza. E le emergenze? Ad un tratto la situazione è diventata surreale con gruppi di passeggeri, sballottati da un gate e all’altro. Mentre mi divertivo a guardare i più furiosi, raccoglievo qualche testimonianza. “Lo so che il mio nome in italiano è davvero buffo”, mi ha sussurrato Salma. Figlia di algerini emigrati trenta anni fa a Rouen (la città di Flaubert e Corneille!), io e questa simpatica studentessa universitaria abbiamo condiviso alcune sequenze della Battaglia di Algeri, il film del compianto Gillo Pontecorvo che osò per primo raccontare questa sanguinosa indipendenza. Abbiamo parlato di immigrazione nei giorni in cui il governo di Sarkozy si interroga sull’identità nazionale! Poi Salma si è dissolta in aereo col suo minuscolo bagaglio, dietro il desiderio di raggiungere al più presto l’Italia per un fine settimana con le amiche bolognesi. Su quell’aereo , in piena notte, eravamo tutti stravolti. Alla mia destra c’era il mio capo che dormiva, con quella stessa serenità che aveva trasmesso a telefono al figlio qualche ora prima. Il desiderio di riabbracciare il suo cucciolo mi ha dato la sensazione di trovarmi in una pallina di neve, il tipico souvenir con cui puoi sempre agitare un ricordo: mi sono rivisto tredici anni fa in un treno notturno che mi portava da Parigi nel Sud della Francia e mia zia Santina sull’uscio della porta lì a rimproverarmi: “Sembri uno zingaro, buttati subito nella vasca da bagno e restaci fino a domani”. I ritardi servono per smuovere i ricordi e farli scivolare su uno spruzzo d’inchiostro: “Cara zia Santina, mi manchi. Parigi è cambiata, ma io sono sempre lo stesso, un vagabondo in giacca e cravatta”.