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Blog e Sito di Rosario Pipolo online dal 2001

Nel 2022 alleiamoci con il Presente

Omicron, recente variante del Covid, ci ha fregato un’altra volta. Pensavamo che il 2022 ci avrebbe portati a stappare lo spumantino messo da parte per tornare a rincorrere il futuro. Macchè, gli antichi romani – vi dice niente Publilio Siro – avevamo l’occhio lungo: “Il giorno che segue ricorda la lezione del giorno che lo ha preceduto.”

AFFANNI E FUTURO

Neanche due anni infernali di pandemia ci hanno messo alle strette tra lockdown, zone rosse, vaccini e tamponi. Niente, la corsa affannosa verso il futuro è più forte di tutto. Le agende e i calendari inbevuti di progetti finiranno per essere reperti archeologici?
Ci abbiamo messo una vita intera per fare di ogni minuscolo bene prezioso qualcosa di scontato: andare a trovare un amico, camminare liberamente per strada, guardare un film al cinema, mettersi su un treno e partire, accompagnare nostro figlio a scuola, abbracciare una persona che non vedevamo da tempo per il solo gusto di intrattenerci con noiose chat.

SENZA GLI OCCHI BENDATI

Con l’anno nuovo in cima ai buoni propositi ci dovrebbe essere quello di attraversare il presente senza gli occhi bendati, per dirla alla Kundera. Non accontentiamoci di indovinare ciò che stiamo vivendo, aspettando che ci tolgano le protesi per capire cosa ci perdiamo nel percorso.
Quasi vent’anni fa, un lungo viaggio di 6.000 chilometri dalla West alla East Coast americana mi diede una gran bella lezione da spostare nella vita di ogni giorno: per il vero viaggiatore deve contare il tragitto e non la destinazione.


BUONI PROPOSITI

La libertà vigilata di questo tempo pandemico dovrebbe aiutarci ad esternare gratitudine verso il Presente. Un proposito per questo 2022? Occuparci del Presente, di ogni suo istante, rendendolo nostro alleato nella vita di tutti i giorni e senza scadenze guastafeste.
Ahimé, dimenticavo che i buoni propositi durano il tempo di un brindisi. Cin, cin.

L’anno che verrà: l’uomo sul Po che nutriva i gabbiani

Il caravanserraglio social ha provato a schiacciare la strada dell’anno che verrà con l’abbuffata di selfie familiari che facevano un baffo alle foto istituzionali di un tempo della Royal Family, di brindisi con sorrisi taroccati per sgomitare quello del piano di sotto della  “bacheca” e urlare “stiamo tutti bene”, di video discorsi casarecci dei vicini di quartiere, che ostentavano frasette surgelate per convincerci di essere diventati i nuovi profeti  dell’era del cinghiale bianco. Quanto marcio buonismo è scivolato già sulla buccia di banana dei buoni proposti per questo 2019?

I miei vagabondaggi mi rendono impermeabile e indifferente a questo tam tam e, in particolare il primo del 2019, mi ha regalato una suggestione nella prima mattinata dell’Epifania, a Torino, sulla sponda del Po.

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L’uomo che condivide le briciole della sua parca colazione con i gabbiani, ascoltando il sussurro intimo del fiume, è uno schiaffo alla miserabile intolleranza che annebbia i giorni nostri: le coperte di un senzatetto gettate nell’immondizia dal vicesindaco di Trieste o il tifo razzista degli ultrà sugli spalti dello stadio San Siro di Milano.
L’uomo che nutre i gabbiani in riva al Po torinese non è un set costruito come le tavole imbandite dall’esercito di chef provetti parcheggiatti nelle nostre case per l’arrivo dell’anno nuovo, ma è uno sciame di altruismo che vigila sull’essenziaità della vita e sulla tolleranza.

Essenzialità e tolleranza restano il valore aggiunto e l’unico lusso che dovremmo concederci in questo 2019, togliendoci le bende della routine che ci fanno perdere la bussola della quotidianità. Un viaggiatore della vita non dovrebbe mai restare affacciato alla finestra, perché rinuncerebbe alla cura dei dettagli. Bisogna tornare in strada, girarsi intorno, guardare gli altri negli occhi.

Non smetterò mai di ringraziare la strada per avermi fatto vagabondo e concesso l’ultima chance di afferrare l’anno che verrà.

La mia traversata del 2018 sciolta in 30 anni di viaggi all’estero

Il passaggio verso l’anno nuovo l’ho vissuto con totale estraneità nei confronti del rituale brindisi. Pensavo fossero i rimasugli dell’ultimo viaggio in India, in realtà con il toc toc di questo 2018 ha bussato alla porta della mia vita una ricorrenza speciale: 30 anni di viaggi all’estero a budget ridotto.

Per un adolescente della mia generazione sbarcare in Inghilterra alla fine degli anni ’80 era come mettere il piede sulla luna. I costi erano esorbitanti anche per una vacanza studio e questa non era una concessione per un figlio di un operaio e una casalinga, a meno che non si scegliesse di andarci alla pari.
A distanza di anni sorrido ripensando alla ciurma di professori in paese che si affannavano per spedire i pargoli oltre Manica, ammalati della tipica illusione provinciale per cui l’Inghilterra glieli avrebbe restituiti tutti anglofoni in un paio di settimane. Si presero una gran bella fregatura a non tenerli sotto gli ombrelloni del litorale domitio.

Nell’estate del 1988 l’Inghilterra diventò inconsapevolmente l’isola che mi fece viaggiatore e, nelle estati successive, girarla in lungo e largo segnò i punti cardinali della mia crescita, lontana anni luce dai tempi in cui i viaggi possono stritolarsi in un’accozzaglia di selfie.

Londra si trasformò nel mio ombelico del mondo, determinando scelte future, in cui studi e passioni lavorati ad un uncinetto avrebbero tracciato lo stile di vita di un viaggiatore.
Non avevo compiuto ancora quindici anni, quando da una cabina di Westminster telefonai mamma a carico del destinatario per dirle che avevo mollato il gruppo, ero da solo alla ricerca della casa di Charles Dickens, lo scrittore vittoriano che ci accomunava nella letture.

Con quel gesto audace e incosciente feci del viaggio l’arma per esplorare me stesso e il mondo che mi circondava: sputai in faccia al timido bullismo di cui potevano essere vittime quelli della mia età nei viaggi di gruppo all’estero e staccarmi dal branco si rivelò una scelta di vita.

Rivedermi adolescente a piedi nudi sulle strisce pedonali di Abbey Road a Londra, oltre a farmi ritrovare il beatlesiano che da sempre è in me, è l’occasione per essere riconoscente a questi 30 anni di viaggi: mi hanno dato la forza per non abbassare mai la guardia e dire no a tutti coloro che avrebbero voluto farmi indossare le proprie scarpe per entrare nelle tribù matriarcali e patriarcali che mortificano il sano individualismo.

Al ritorno da ogni viaggio pensavo che gli altri fossero cambiati. In realtà ero io ad essere cambiato, rimanendo me stesso, ed oggi con i capelli brizzolati riconosco di aver avuto dalla vita la sfera di cristallo: era il mappamondo regalatomi da mia madre in un’epifania dell’infanzia, su cui erano segnati i 46 Paesi stranieri che hanno raggomitolato la mia anima di sognatore ribelle negli ultimi trent’anni.

 

Chi dice che è impossibile non dovrebbe disturbare chi ce la sta facendo. (Albert Einstein)

Ecco il 2011: il mio Capodanno con il bimbo lottatore per la vita

Botti, spumante, euforia, brindisi, abbracci e baci per dare il benvenuto all’anno nuovo. Come sarà il 2011? E chi lo sa, mica noi blogger abbiamo la sfera magica.
Io voglio muovere i primi passi in questo nuovo anno assieme ai “lottatori per la vita”. Sono essere minuscoli che, dentro o fuori il grembo materno, combattono a denti stretti per restare qui con noi. Il miracolo della vita è qualcosa di incredibile e me lo sta ricordando un essere piccino piccino che in questo momento è in un’incubatrice. Lui sta lottando perché quel micro spazio diventi una culla. Voglio condividere con lui questo passaggio. Il mio sguardo si appanna sullo scivolo del Capodanno. I suoi occhietti semichiusi sono rivolti al soffitto di chissà quale ospedale, di chissà quale nido, mentre un filo di latte lo alimenta goccia dopo goccia. Lui non sa chi sono io e nemmeno io conosco il suo nome.
Attraverserò in silenzio tutte le corsie degli ospedali italiani per scovare quei bimbi come lui che non mollano la presa. Voglio festeggiare il Capodanno con tutti loro, perché appena nati sono stati capaci di darmi una gran bella lezione: resistere. Non ci sono avari sorpassi sociali, lavorativi, economici che tengano a confronto del miracolo della vita. Correndo correndo non ne abbiamo più tenuto conto.
Voglio resistere al tuo fianco, piccolo bimbo, affinché il miracolo della vita trasformi quell’incubatrice in una splendida culla. Buon Anno e tieni stretto il tuo orsacchiotto!

Arriva il 2010, Buon anno a te!

Quando sta per finire l’anno, mi guardo allo specchio e conto quanti capelli bianchi sono sopraggiunti. Sono ospiti inattesi, ma graditi: a 36 anni meglio essere brizzolato che calvo! Ops, il 2009 si porta via  un altro decennio e ci sono una serie di cose che vorrei portarmi dietro oltre il confine: il gusto della Birra Moretti, edizione speciale per i 150 anni; il viaggio on the road negli USA e le 20 capitali europee dove ho raccolto storie e ho fatto incontri incredibili; il film Le vite degli altri di Florian Henckel von Donnersmarck; i concerti di Keith Jarrett, Rolling Stones, David Gilmour, Bruce Springsteen e AC/DC; il mio trasferimento a Milano e le tante avventure vissute qui; una foto assieme a miei zii Mimmo Palanza e Lilina Bazin; la colonna sonora di Once, album atipico da un film romanticissimo; la rosticceria di Gangi e la cassata del bar Alba a Palermo; l’intervista al drammaturgo Harold Pinter;  l’ultimo sorriso del sognatore polacco Karol Wojtyla; la canzone Non insegnate ai bambini del cantastorie Giorgio Gaber; Persepolis, il diario a fumetti di Marjane Satrapi; gli ultimi versi scarabocchiati da Alda Merini. E le persone speciali incontrate o ritrovate tra il 2000 e il 2009? Eccome se ci sono, si contano sulle dite di una mano, ma quelle preferisco nominarle a bassa voce! Mollo a terra la nostalgia e scappo via con un aforisma intelligente: “Il futuro è un mistero, ma le cose belle devono ancora arrivare”. E queste parole sagge le ritroverò negli occhietti di Alice, la mia nipotina che nascerà nel 2010. Non è  la figlia di mia sorella, ma di mio cugino Andrea. Per me i rapporti di parentela sono una stupida invenzione, perciò conta ciò che si è costruito gomito a gomito, come è successo con Andrea appunto. Quando guarderò Alice nella culla, troverò il futuro di cui parlo. Buon anno anche a te, caro lettore, con cui condivido parte di me!

2009, anno nuovo in un trasloco

trasloco150E’ inutile dirlo: Anno nuovo, vita nuova. Se poi di mezzo c’è un trasloco nel passaggio dal 2008 al 2009, questa massima è ancora più saggia. I buoni propositi spuntano dopo il consueto brindisi, nonostante col passare delle ore “le promesse” diventano più difficili da mantere. Ho cambiato casa e adesso sono sommerso dai pacchi. Nella maggior parte delle scatole ci sono vecchie vhs,  fotografie, libri, dischi, cd, giornali, riviste… una marea di ricordi. Un trasloco aumenta la confusione. C’è tanto disordine davanti ai miei occhi, da riordinare nel più breve tempo possibile. In quale scaffale va messo questo libro e in quale angolo troverà posta quel quadro? Scavando nella memoria si trova sempre un compromesso per risolvere i piccoli dilemmi quotidiani. Fossero questi i veri problemi della vita! Per alcuni sono stato un matto a circondarmi di tutto questo. Perché non buttar via le vecchie videocassette o sostituire gli Lp e le audiocassette con un comodo hard-disk zeppo di mp3? Non posso farci niente perché questa miriade di pacchi fanno parte della mia memoria, delle mie radici che non voglio svendere per niente. Risistemando tutto e osservando la fisionomia della mia nuova casa, avverto il bisogno di un riordino interiore con l’augurio che questo 2009 porti a tutti una tranquillità di spirito. Il mio brindisi di inizio anno è stato troppo veloce, forse condiviso con le persone sbagliate. Voglio ripeterlo con voi, cari lettori: Buon Anno a tutti!