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Bersani-Renzi: L’Italia delle “Primarie” è un paese per vecchi?

Dai risultati della primarie del Centrosinistra verrebbe da dire: l’Italia è un Paese per vecchi. Pierluigi Bersani stacca di quasi dieci punti Matteo Renzi. Così la vecchia guardia, acclamata soprattutto nel Centro-Sud, si lascia dietro il guascon fiorentino, senza cantar vittoria: il ballottaggio penserà al resto, accompagnato dalle alleanze insidiose che determineranno l’identikit dell’aspirante Premier.

Niente vittoria netta insomma e, nonostante Nichi Vendola sia fuori dal gioco, vedremo quanto costerà numericamente la confluenza dei suoi voti: se li papperà sicuramente Bersani.
C’è chi parla di dati ballerini, c’è chi è poco convinto che tutte le votazioni siano andate lisce. Un numero è davvero importante: visto il disinteresse e la delusione degli italiani nei confronti della politica, queste Primarie sono in controtendenza. Hanno attirato e armato l’elettorato, al di là dei siparietti folk e delle insinuazioni da fantapolitica di infiltrati di altri schieramenti a danno dei big in pole-position.

Dicevamo all’inizio che l’Italia è un Paese per vecchi. E se fossi Matteo Renzi, ritratterei la dichiarazione che ad “un ballottaggio si parta da zero a zero”. I politici della vecchia guardia sanno bene come smorzare l’entusiasmo di un guascon. Gli slogan non funzionano più e “sono da rottamare”, prima che la patata diventi bollente. E gli italiani disinteressati alla politica dove sono finiti? Li ho visti stamattina in metropolitana a dibattere con accanimento sul litigio pacchiano di X-Factor tra Arisa e Simona Ventura. Hanno la stessa faccia di chi si lamenta che in Italia la politica sia un insulso spettacolo di marionette.

Bersani e Renzi vanno al ballottaggio…

Il voto (non) è segreto: Pisapia e De Magistris i Sindaci che uniscono Milano e Napoli

Il voto è segreto! E’ un luogo comune, ma anche il titolo di un bellissimo film iraniano che ho visto in anteprima nel 2001 al Festival di Venezia. Su quel ring cinematografico facevano a pugni arretratezza e modernità così come avviene oggi, dopo questo uragano post-ballottaggio, che ridisegna la politica italiana. Non è più “un segreto” che l’Italia voglia lasciarsi alle spalle anche la Seconda Repubblica e questa volta a decidere le sorti di una faticosa virata ci sono due città geograficamente e culturalmente lontane, ma mai così vicine come adesso: Milano e Napoli. La Milano di Giuliano Pisapia e la Napoli di Luigi De Magistris, i due Sindaci neo eletti che stanno facendo tremare il nostro Paese. Per Milano e Napoli si chiudono con questa tornata elettorale due lunghi periodi politici. Sembra una contraddizione, ma la paralisi riguardava proprio il trasformismo istrionico del capoluogo lombardo e campano, che negli ultimi tempi non riuscivano più a tenere testa ai mutamenti in corso.
Adesso occorre fare i conti, anche se a qualcuno non tornano, perché né milanesi né napoletani si sono lasciati conquistare dalle storielle ecopass, parcheggi, abusivismo edilizio, miracolo bis monnezza. Terminati i festeggiamenti, Pisapia e De Magistris avranno due grosse responsabilità, che in caso di fallimento condurrebbero queste due città alla catastrofe: da una parte ricostruire una Milano sulla solidità del pensiero, frenando l’ascesa del paganesimo del dio denaro; dall’altra far tornare Napoli ad essere la capitale di un Mezzogiorno – senza il ricatto dei bassoliniani (falsamente) pentiti – che non ne può più di vivere di commiserazione, pietà, assistenzialismo. Dipende dai punti di vista: l’elettorato è tornato a prendere in mano il megafono e ha dato il benservito a chi ha fatto di tutto affinché il voto restasse segreto per tanto tempo ancora. E non ci voleva la sfera di cristallo per prevederlo in tempi non sospetti.

Napoli, Champions League e Luigi De Magistris sindaco?

Il Napoli finisce in Champions League dopo 21 anni, ma sappiamo bene che ogni partenopeo che si rispetti una buona parola con San Gennaro ce l’aveva messa, per toccare il cielo con un dito: lo scudetto. Sarebbe stato un bel riscatto per la città, che sta vivendo un processo di transizione  e tenta di uscire a testa alta dal tunnel tragico dell’epoca bassoliniana. Il ventennio del Vicerè ha avuto i suoi alti e bassi, ma sotto a chi tocca per la restaurazione?
Profezie smentite per il candidato a Sindaco del capoluogo campano, perché tra i due litiganti il terzo gode. Giovanni Lettieri, convinto di avere già in mano le chiavi di Palazzo San Giacomo, dovrà vedersela al ballottaggio con Luigi De Magistris. Mentre i napoletani sono avviliti per l’emergenza rifiuti, si cerca di capire dove convergeranno i voti. Al di là dei colpi di scena e dei trucchi che la politica ci riserva, c’è da dire che questo De Magistris non ha per niente l’aria austera di un Pubblico Ministero. Anzi, sembra il nostro dirimpettaio, che alla maniera di Eduardo in “Questi Fantasmi”, si affaccia dal balcone, si intrattiene a parlare con noi e magari ci offre pure una tazzina del suo caffè.
Incrociando i due duellanti nell’ultima puntata di Ballarò, mi è venuto in mente l’esordio della “teledemocrazia politica”: quella sera del 1960 in cui Kennedy e Nixon si giocarono la campagna elettorale presidenziale davanti alle telecamere. Nonostante il salotto sopra le righe di Floris non abbia niente a che fare con quelli teatrali della tv americana, ha offerto a Lettieri e De Magistris una striscia che ci autorizza ad azzardare un paragone: ieri la goccia di sudore e il ghigno di Nixon che contribuì alla sua sconfitta; oggi la parte destra ingessata del viso di Lettieri e uno sguardo intimorito. Insomma, De Magistris ha bucato il piccolo schermo con quella sua parlata spicciola. E se avesse convinto anche San Gennaro, che secondo i profani è un assiduo spettatore di Ballarò
“Le vie del Signore sono finite” ci ricorda Massimo Troisi e il santo patrono ci ha abituati ai miracoli dell’ultimo minuto:  gli azzurri di De Laurentiis sul podio della Champions League e il candidato dell’Italia dei Valori sul trono di Palazzo San Giacomo.