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Prima Comunione

Maggio è il mese delle Prime Comunioni e mi capita ancora di vedere ciurme di bambini per strada vestiti di bianco come degli angioletti. La prima volta che scorsi una bimba vestita di bianco non arrivavo all’altezza della credenza di nonna Lucia.
Anzi dovevo arrampicarmi per fiondarmi in quella foto in bianco e nero della metà degli anni ’50: si trattava di mia madre, nel giorno della sua Prima Comunione, fuori la chiesetta delle suore alla Riviera di Chiaia a Napoli.

Un battito di ali in questa domenica. Incrocio un papà africano che osserva con orgoglio la sua piccola dopo aver ricevuto la Prima Comunione. La ragazzina di colore  lo guarda di sbieco con emozione dall’inginocchiatoio. Scatta la scintilla in me e penso a quanto sia piccolo il mondo, a come una zolla del Continente Nero sia diventato l’anello di congiunzione con i luoghi in cui vivo.

Mi è tornata in mente la piccola Lucrezia che un paio di anni fa, in auto, mi aveva raccontato di aver cominciato il catechismo, solleticando alla madre i ricordi dei trentotto anni della nostra amicizia.
Ho visto lungo il corso della mia vita eserciti di genitori in ansia perché la festa della Prima Comunione dei figli riuscisse alla perfezione, che gli invitati fossero soddisfatti del banchetto, senza tener conto dell’essenzialità del momento.

Dal balcone dei miei quarant’anni e passa oggi ho visto finalmente una madre coraggiosa lottare per la vita attaccata ad un filo di spago, affinché la figlia potesse sentirla vicina, anche se dall’interminabile distanza di un letto.
Da bambino dovevo arrampicarmi su una credenza per vedere mia mamma nel giorno della sua Prima Comunione; da viaggiatore mi è bastato un papà africano e la sua piccola per farmi ritrovare la pelle scura della bellezza di Dio; da uomo con i capelli brizzolati ho riscoperto in Lucrezia e nel cuore di sua madre il segreto dei veri legami che hanno seminato il sentiero della mia vita e per i quali continuerò a combattere in direzione ostinata e contraria, a costo di rimetterci.

L’uovo di Pasqua: “Sono piccola. Come farò adesso senza papà mio?”

Tu non lo sai quanta fatica mi costerà guardarti diritta nei tuoi occhi azzurri e far finta di niente. È invece è successo prima che i tuoi sei anni bussassero alla porta dell’età adulta.
Solo gli sciocchi dicono che era già tutto previsto. Non era previsto un bel niente ed è legittimo il tuo sussurro di disperazione: “Io non sono grande, sono piccola. Come farò adesso senza papà mio?”

Tu non lo sai quanta fatica mi costerà non versare lacrime di rabbia perchè questa volta la risposta bella e fatta non ce l’ha nessuno, né gli strizzacervelli di turno, né i predicatori o i preti. Si diradano le mistificazioni di chi vive nella gabbia di un luogo comune. La morte è roba seria.

Tu non lo sai quanta fatica mi costerà far finta di esser forte per te, perchè da grandi dicono ch e la rabbia, mescolata al dolore, dovrebbe evaporare. È una bugia. Mi prende ogni volta che finisce tra le mani un pezzetto di carta, su cui ti sei esercitata a scrivere, evitando le solite zampe di gallina da prima elementare, “Sei forte, papà”.
Solo gli sciocchi dicono che era già tutto previsto. Era prevedibile il ritorno degli ipocriti, i cacasotto che un dì se la sono data a gambe. Adesso se la fanno addosso dai rimorsi e vorrebbero portarti a fare una scampagnata al parco. Le loro coscienze valgono quanto le pozzanghere, in cui ogni volta caschi tuffandoti dall’altalena.

Tu non lo sai quanta fatica mi costerà far finta che il cioccolato dell’uovo di Pasqua sia dolce e farti le fusa mentre ti insozzi il musetto. Mi perderò nei tuoi occhietti azzurri e mi ricorderò di quando all’età tua mi rassicurarono: La luce sarebbe tornata dalle ferite dell’ultimo “Cristo finito in croce”.

Per questa Pasqua, nonostante sia un deplorevole mendicante di parole, vorrei pregare a modo mio, affinché l’ultimo Cristo finito in croce lasci tornare il tuo papà per un istante soltanto. Quello in cui, da grande, vestita di bianco, ti avvierai all’altare come una bellissima principessa scalza e raggiungerei l’uomo della tua vita.
Ti accompagnerà chi ha sostenuto, fino all’ultimo respiro, la convinzione che solo l’amore tra un uomo e una donna diano significato alla nostra esistenza. Lo riconoscerai perchè sarà uguale all’ultima volta che ti ha fatto toccare il cielo con un dito: tuo padre.

Sei proprio un Taricone! Chi glielo dice a Sophie che papà non c’è più?