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Tag bosnia-erzegovina

Cartolina da Medjugorje

La collina delle apparizioni

Rosario PipoloGli italiani sono molto graditi a Medjugorje perchè fanno fare affari d’oro ai bosniaci e croati. Celebre dal 1981 per le regolari apparizioni della Vergine Maria a sei persone del posto, la piccola località della Bosnia-Erzegovina è diventata un enclave dell’Euro. Provate a tirar fuori dal portafoglio la valuta locale e farete indispettire gli esercenti. La furbata è stata studiata: i prezzi sono stati adeguati a quelli nostri e vecchie catapecchie si sono trasformate in “pansion” per accogliere pellegrini e curiosi che vanno lì sperando di vedere il prodigio. E tra i cattolici c’è chi preferisce  Medjugorje perchè qui “le manifestazioni” riguardano il nostro tempo, come se poi Fatima o Lourdes fossero posti da libri di storia! Non mi pare che quando ci sia di mezzo “la fede” sia regolare fare differenza tra i luoghi. Opportunismo spirituale o cosa? Il business è ovunque, persino all’ufficio postale dove è disponibile il francobollo con l’immagine della Madonna. Per fortuna, incamminandosi sulla collina delle apparizioni tra pietre spigolose e sassi taglienti, si ferma la volgarità che mortifica la fede e il culto. “Arrivi fino in cima. Ne vale la pena. Non si faccia ostacolare da questo sole cocente”, mi ammonisce una signora croata che spiffera qualche parola d’italiano. In cima a quella collina è tutto diverso, ma non c’è il prodigio visionario a cui tutti vorremmo assistere. C’è una pace e una tranquillità che mettono quiete nel nostro spirito. E così che il viaggio a Medjugorje trova la sua motivazione affinchè quella “Bianca Signora” non diventi folclore e il sacrosanto rispetto per la fede altrui si riduca ad altarini illuminati. 

Cartolina da Mostar

Il ponte di Mostar

Rosario PipoloCi sono posti che fai di passaggio, ma non è detto tu non abbia il tempo di scrivere una cartolina. Il percorso per andare a Mostar, nella profondità della Bosnia-erzegovina, è degno di essere filmato. Dopo una bell’alzata mattutina per prendere il primo autobus, neanche il sonno o gli sbadigli riescono a tenere a freno lo sguardo che si perde accostandosi al fiume Narenta. Avete presente il ponte in primo piano sulla copertina della guida Lonely Planet “Balcani occidentali”? Ebbene quello è il famoso ponte di Mostar, distrutto purtroppo durante la guerra in Bosnia e ricostruito per la gioia dei turisti! E’ difficile pensare che quella deliziosa città sia stata assediata per 9 mesi. I segni della guerra ci sono, ma si nascondono quatti quatti dietro la Stari Grad, la città vecchia, presa d’assalto dai viaggiatori di passaggio. C’è chi si ostina a fotografare il ponte da ogni angolo, c’è chi perde tempo a cercare un souvenir da portarsi a casa, senza spingersi oltre, nelle strade poco turistiche dove la vita normale ha voglia di raccontare altro.  Cosa c’è da aspettarsi da una città di passaggio? Che si svesta all’improvviso e ti faccia vedere le cicatrici. Mentre scrivo questo post, Lucio Dalla canta Ciao nel soggiorno di casa mia: “La spiaggia di Riccione, milioni di persone le pance sotto il sole, il gelato e l’ombrellone abbronzati un coglione, non l’hai capito ancora che siamo stati sempre in guerra anche il 15 a Viserba in guerra con noi stessi, tra video e giornali e noi sempre più lessi a farci abbindolare con la nostra indifferenza (…) Una canzone mentre la stai cantando di là qualcuno muore qualcun altro sta nascendo, è il gioco della vita la dobbiamo preparare che non ci sfugga dalle dita come la sabbia in riva al mare”.

Cartolina da Sarajevo

Sarajevo

Rosario PipoloHo fatto colazione in compagnia di un giovane serbo. Lui parlava qualche briciola di spagnolo. Ci capivamo, ma poi è finita a paccate sulla spalla come se ci conoscessimo da una vita, tra capuccini e una scorpacciata di burek. Non succede tutto per caso: lavorava come giornalista presso un’emittente televisiva serba.  E’ iniziato così il mio viaggio a Sarajevo, la città flagellata da una sporca guerra raccontata dai nostri media  come un videogioco. Bisogna entrare nel cuore della capitale della Bosnia-Erzegovina per non fare a meno di pensare che il conflitto  serbo-bosniaco abbia lasciato i suoi segni. In centro è tutto normale, Sarajevo è meravigliosa perché è vitale dalla mattina a notte fonda, e sa come essere cordiale con gli stranieri. Il quartiere ottomano di Bascarsija ti porta altrove, verso Oriente e non ti aspetti una Turchia in miniatura accanto agli edifici da cartolina. Basta fare fare pochi passi fuori e lo sguardo si posa sulle lapidi gelide dei cimiteri che raccolgono le salme delle vittime. Accompagnato da una jeep, mi sono spinto nei pressi dell’aereoporto dove c’era quel tunnel costruito per mettere in contatto la gente con la città assediata. Adesso c’è un museo ed è emozionante. La domenica pomeriggio ho passeggiato per quattro ore lungo il fiume Miljacka e mi soffermavo sui visi delle persone. Mi sembrava di essere tornato a Belfast, in Irlanda del Nord, tra le facce giovani e anziane che nascondevano piccole cicatrici. Sarajevo sa come sorprenderti. Prima di partire, Alen mi ha scorazzato in città. Gli ho chiesto una semplice indicazione, ma poi ho attaccato bottone. Mi ha raccontato della sua visita ad amici a Seregno, a pochi passi da Milano, e del suo Ramadan. Mi ha mostrato la foto della sua deliziosa bimba, manifestando il desiderio di rivedere musulmani, cattolici e ortodossi vivere in pace. A Sarajevo c’era un tramonto rosso quando ci siamo salutati con un forte abbraccio. Mentre il mio autobus si allontanava,  ho capito che la voglia di cambiare può cancellare le atrocità del passato e tenerci alla larga dalla nostalgia o dai sensi di colpa.