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Quando la donna non va in vacanza e difende altre donne

Rosario PipoloMentre i social network sono affollati di foto al mare di donne in bikini, soddisfatte a pieno per la prova costume, io sono distratto dalle donne che non vanno in vacanza per difendere altre donne. Sarò pure un maschio atipico ma mi piace pensare che ci sia un’altra cartolina da affrancare e spedire sotto questo cielo d’estate.

In una Milano che si spopola per le attese vacanze è più facile accorgersi di giovani donne ccome Vanda che si danno da fare in organizzazioni umanitarie. Quante ce ne sono che, anzichè saccheggiare le passarelle balneari, restano ad investire fino all’ultimo filo di energia, per portare avanti la loro mission di ambassador di organizzazioni a scopo umanitario.

Come fa una donna a difendere un’altra donna? Quando sa urlare a denti stretti che la povertà è sessista perchè le bambine e le donne devono essere al centro della lotta contro la povertà. Queste campagne di sensibilizzazione ci mettono la pulce nell’orecchio: nei Paesi in via di sviluppo la condizione delle donne è davvero disumana.

Così accede che firmare una petizione può corrispondere ad osservare la tenacia di donne testarde fino al midollo. Un’opportunità per riconoscere che il gentil sesso non guadagna consistenza sotto l’ombrellone tra le veline da spiaggia.
Quando la donna non va in vacanza e difende altre donne offre incosciamente un’altra traiettoria alla nostra mascolinità: ricercare la bellezza femminile nell’altrove custode di impegno sociale è l’immagine più radiosa da appiccicare su una cartolina d’estate. 

A scuola di cattivo gusto con le “donne piccanti” di Ryan Air

Qualche settimana fa il Ministro del Commercio svedese aveva dichiarato che “le donne non possono essere cancellate dalla società”. Si riferiva alla scelta discutibile di Ikea di togliere le donne dal catalogo in Arabia Saudita. Ci sono vari modi di colpire il gentile sesso. Lo facciamo anche noi, nella frenetica quotidianità, quando allunghiamo quell’occhiata sconcia con l’irremovibile sospetto del maschio arrapato.

C’è un altro modo di “ridimensionare” il valore delle donne nella società. Ce lo ha insegnato Ryan Air in questi giorni, con uno stralcio di volgarità che può rendere persino un irlandese un gran cafone. E il colosso dei voli low cost non può darci alcuna lezione in termini di buone maniere. Poco tempo fa l’imperdonabile gaffe dell’annuncio su volo per il capoluogo pugliese: “Benvenuti a Bari, la città della Mafia e di San Nicola”. Adesso invece tornano le hostess “in bikini”, “le donne piccanti”, con lo scopo benefico sotto “il sex-appeal”. Pare che le assistenti di volo di Ryan Air facciano pure a gara per apparire sul calendario che le rende “modelle per un giorno”. Pardon, c’è sempre la scusa della solidarietà.

Il banner sul sito italiano insinua il solito pregiudizio d’oltremanica: Mica siamo solo il Belpaese delle veline volgari, che hanno mandato a far benedire le lotte dei movimenti femministi in Italia?

Diario di viaggio: sotto l’albero di Tonino

L’ultima volta che entrai in quella camera da letto sarà stato una trentina d’anni fa. Sul comodino a sinistra del letto c’era una copia dell’Espresso, su quello a destra un foglio scarabocchiato. Io, Gabriele e Dino ci nascondemmo lì. Non volevamo farci trovare dai nostri genitori. Volevamo continuare a giocare. Era una domenica sera e di andare a scuola il giorno dopo non se ne parlava proprio.
Ci sono tornato dopo troppi anni. Lui era disteso lì, immobile e ho sperato che aprisse gli occhi e mi dicesse:” Lasciamo perdere la chimica, lo so che non te ne frega niente. Piuttosto andiamo in cucina e facciamo merenda. Pane e pomodori, cosa ne dici?”

Ho cercato di resistere, ma non ci sono riuscito. Lui era immobile in quel letto e mi è venuto un groppo in gola. I ricordi hanno messo lo sgambetto all’infamia della morte e mi hanno travolto: erano milioni, scattanti, prepotenti e pronti ad aggredire la convinzione umana che la morte decomponga il cerchio dei rapporti umani.
Poi mi sono staccato dalla compostezza del corteo funebre e dalla ritualitá. Ho cercato di ricordare la strada per arrivare in campagna. Era passato troppo tempo, mi sono perso. Il paesaggio era cambiato, dei vecchi contadini neanche l’ombra, ma l’albero di Tonino era stato l’unico a rimanere intatto. Lì sotto ho ritrovato l’ultimo segreto svelatomi dalla terra che mi ha allevato: un sottile filo d’olio scivola su un pomodoro. Poi un pizzico di sale e origano danno sapore all’ortaggio. Quella non era una ricetta – gli uomini si affannano per la ricetta della felicità – ma il segreto che Tonino mi aveva lasciato durante quella merenda: si vive per restituire alla nostra esistenza la semplicità con cui la madre Terra ci ha generati.

Io ero all’opposto della generazione di Tonino, eppure nei vagabondaggi del mio esilio volontario ho scoperto finalmente la scorciatoia che mi ha riportato sotto quell’albero. Ed è stato lì che mi sono ricordato cosa ci fosse scritto su quel foglietto scarabocchiato, dimenticato sul comò trent’anni prima: “Tonino, non fare tardi. Ti aspettiamo. Ci siamo tutti per cena. Porta il pane. Ti amo. Annamaria.”

Gino Paoli, Annamaria