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Un pallone di Samuele Bersani e la leva calcistica del 2012

Peccato che “Un pallone”, quello di Samuele Bersani, sia finito in calcio d’angolo all’ultimo Festival di Sanremo. E non perché fosse il solito inno da tifoso, di cui ogni italiano medio che si rispetti non potrebbe fare a meno. Se avesse segnato goal, come il pallone che calciò Francesco De Gregori in La leva calcistica della classe ’68, ci saremmo accorti che il brano di Bersani era il più “impegnato” di Sanremo 2012, seguendo la trafila dei toni scanzonati.

Accecati dalla sindrome del “Talent Show”, sul podio non potevamo che piazzarci “una di noi”. Nei social, in rete e per strada ho sentito o letto la solita affermazione: “Emma è vera”. Chi si è soffermato a commentare la canzone? A Sanremo vola ad alta quota il nostro riscatto nazional-popolare: chiunque di noi ce la può fare. Il festival di Sanremo non è un talent show, almeno non lo era fino a pochi anni prima che i Carta e gli Scanu facessero da apripista al nuovo travestimento della macchina festivaliera.

“Un pallone sgonfio” non poteva farci vincere la partita, ma perlomeno incoraggia i pochi convinti che in giro ci sia ancora qualcuno capace di scrivere una canzone. Non una canzoncina qualunque, ma una filastrocca musicata che scioglie in un acquarello l’Italia di questi giorni. Samuele Bersani ha saputo denunciare – più di quanto non abbia fatto Celentano nei suoi sermoni apocrifi -la decadenza di questa Italia, i cui vertici predicano che “il posto fisso è un’illusione”, ma razzolano male. Di fatti, i loro pargoli hanno il culo al sicuro.

Il pallone sgonfio di Samuele Bersani è la scultura musicata che ritrae la leva calcistica del 2012: la faccia dell’Italia presa a pugni e schiaffi. Da ragazzino, nel campetto che fronteggiava casa mia, andavo alla ricerca di palloni bucati. Li recuperavo perchè avevo capito che il mondo non è sempre tondo, proprio come il pallone di Samuele Bersani. Sarebbe una vigliaccata far finta di niente. E se il Festival è ancora lo specchio del Belpaese, allora saranno questi versi a restare indelebili per sempre: “Ci vuole molto coraggio a ricercare la felicità in un miraggio che presto svanirà e a mantenere la calma adesso per non sentirsi un pallone perso”.

 Samuele Bersani & Paolo Rossi

Diario di viaggio: ‘A canzuncella

Sarà stato quel mezzo di litro di birra o la sposa scalza nello stesso locale a far parlare la bresciana: “E pensare che ero anche io ad un passo dall’altare. Poi è arrivato lui ed è andata come è andata”. Lui, il mantovano dal cuore terrone, sempre lì con la battuta a portata di mano, ammutolisce e improvvisamente diventa serio: “Sì, ma se proprio dobbiamo dirla tutta… Appena due persone si piacciono, cominciano inspiegabilmente a cercarsi  a vicenda. Guardandosi negli occhi, riscoprono il fondo dell’anima”. Lui aveva mollato la ragazza, lei il promesso sposo, lasciandosi alle spalle la paura di finire stemperati nella sceneggiatura di una delle tante commediole all’italiane del nostro cinema.
La bresciana ha un temperamento apparentemente algido; il mantovano ha quello spirito da giullare capace di mandare tutto in frantumi, comprese le ultime certezze della vita. “Una sera eravamo assieme ai nostri rispettivi partner in mezzo a tanta gente” – replica lei – “La complicità dei nostri sguardi raccontava tutt’altro. Era come se ci conoscessimo da sempre, come se in un’altra vita avessimo condiviso la storia d’amore più bella”. Temevo che tali parole fossero fantasticherie bizzarre dell’immaginazione,  invece no. L’ho capito appena Elisa e Matteo si sono presi per mano e sono scomparsi nel buio.
Io sono rimasto lì, in aperta campagna, ai confini tra la provincia di Brescia e quella di Mantova. Mi è balzato in mente un motivetto, quello che il mantovano le avrebbe dovuto cantare se questa storia avesse avuto un finale diverso. E mi sono ricordato di un sabato mattina a casa del mio caro amico, il maestro e figlio d’arte Antonio Annona, che mi chiese di tradurre in francese ‘A canzuncella degli Alunni del Sole. Antonio aveva un progetto, ma poi non se ne fece più niente. Quella traduzione è rimasta nel cassetto, ma io in piena notte, in una terra che non mi apparteneva, ho sussurrato al vento quelle parole: “Si ‘nnammurate ‘e me ma sienteme, nun ce pensa’, E torna ‘n’ata vota addu chillu llà”. Ero scalzo e, naufragando nel mio napoletano, sono tornato a sentire la terra sotto i miei piedi.

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Francesco Guccini benedice X Factor

x-factor150Cosa c’entra Francesco Guccini, paladino della musica cantautoriale, con la scuderia delle nuove vedette di X Factor? Mi sembrano due mondi diversi. A lasciarmi perplesso è stata la dichiarazione del cantautore bolognese a proposito del reality show di Raidue: “Oggi le case discografiche non possono più investire tanti soldi sui personaggi. Per cui è difficile sfondare se non si passa per questi canali”. Concordo sul fatto che il mercato discografico abbia cambiato pelle, soprattutto a seguito della rivoluzione digitale. Non credo che la questione sia “sfondare” passando per “canali” come X Factor – la democrazia sventola ancora su Internet e non certo in tv – ma è complicato individuare “musica di qualità”. Senza farmi prendere la mano dalla sindrome dello snobismo, in questa partenza di X Factor non vedo il futuro o le nuove promesse della musica italiana. Qualche esibizione, animata da qualche stonatura di troppo, è stata così scadente da farmi convincere di una cosa. Il degrado della televisione generalista è così fluttuante da farmi gettare oggi o domani il telecomando dalla finestra. E speriamo che il prossimo Festival di Sanremo di Bonolis non dia il colpo di grazia. Per fortuna, spalancando la finestra del web, si intravede qualche rarità, qualcuno destinato a fare il musicista o il cantante di professione né per “i calci in culo” né per la solita “fortuna tricolore”, ma per capacità e talento!