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Aznavour Anthologie, un bagno di musica nel legame con Lilina Bazin

Rosario PipoloE’ complicato mettere mano al repertorio musicale di Charles Aznavour, monumento della musica francese e d’oltralpe. Universal Music Francia è riuscita nell’ardua impresa, raccogliendo nel meraviglioso cofanetto Aznavour – Anthologie, prodotto in soli 10.000 esemplari numerati, i 45 album del cantautore francese arricchiti da altri 15 cd tra inediti, rarità, duetti e interpretazioni di classici in italiano, spagnolo, inglese e tedesco.

Ci sono due momenti del mio lavoro che mi riportano all’autore di successi come A ma femme, Il faut que savoir, Tous le visages de l’amour (She): la recensione del concerto del 2010 in piazza San Marco a Venezia e l’incontro a Milano di alcuni anni prima. Del concerto ho il ricordo di un’ugola che, in prossimità dei 90 anni, castigò l’orchestra che non riusciva a stargli dietro, regalando un memorabile canto a cappella.
A Milano invece Aznavour era venuto a presentare un libro. Mi feci strada tra la gente e, a pochi metri da lui, spalancai la copertina apribile di un vecchio disco Barclay. Interruppe il rito degli autografi. Fece cenno di farmi passare. Gli occhi gli brillavano. Io e Charles Aznavour restammo in silenzio faccia a faccia. Mi tolse il pennarello da mano e mi firmò il vinile senza che aprissi bocca.

In quel silenzio, così come in questo bagno di musica, la voce di Charles Aznavour si lega inesorabilmente a quasi un secolo di storia francese, dalla grande illusione della Quarta Repubblica alla dolorosa Guerra d’Algeria, dalle contraddizioni del Gaullismo al socialismo machiavellico di Mitterand, dalle ombre di Chirac sulla rivolta delle banlieue parigine ai gossip di Sarkò.

Il tempo barerà pure ma non riuscirà mai ad importi le canzoni. Quelle di Charles Aznavour hanno accompagnato la vita di tanti francesi adottati come Lilina Bazin, il cui ricordo mi restituisce legami e affetti che non hanno bisogno di inutili schemi.
La musica non inganna. Ti aiuta a superare i momenti difficili, perché una canzone non si ascolta mai da solo. La spartisci sempre con qualcuno o con il ricordo di un momento vissuto ma con la piena coscienza che l’intensità dell’attimo è fuggiasca. Aznavour era figlio dell’Armenia, Lilina era figlia del Sud Italia, concimato nella famiglia messa al mondo nel Sud della Francia.

E oggi questo bagno di canzoni francesi, da cucire e ricucire, da tradurre e ritradurre, è un buon pretesto per ricordarla non solo come zia sensibile e premurosa ma come punto di riferimento per chi come me trovò, proprio grazie a lei, una parte delle radici perdute nella Francia cantata da Charles Aznavour.

Senza candeline tra le luci e le ombre della Laguna

Spegnere le candeline d’estate aveva un suo perché: dimenticare il tuo compleanno perché eri preso dalla magia vacanziera fatta di secchielli, palette e castelli di sabbia. Oggi non è così. Basta aprire la tua pagina di Facebook e una sfilza di messaggi sulla tua bacheca te lo ricordano. Quel senso di nomadismo che mi porto dietro era già segnato dagli astri. Per me non c’era la solita festicciola a casa, ma ogni anno i festeggiamenti si spostavano da un luogo ad un altro, con persone diverse. E’ lo svantaggio di chi è nato nei mesi estivi. Eppure prima di soffiare ed esprimere il desiderio di rito, avevo sempre la smania di salire sulle spalle di mio padre. Lui pensava fosse il solito capriccio, ma io mi sentivo in groppa a quel gigante che poteva aiutarmi ad acciuffare la linea di confine che divideva l’orizzonte dal mare.
La laguna di Venezia mi ha riportato a quella scena, forse perché quando condividi una serata di luglio con un anziano signore è più o meno facile tornare a sentirti bambino. Non era stata questa o quella canzone di Charles Aznavour che si era dileguata su piazza Sam Marco, piuttosto il mio desiderio irrequieto di farmi raccontare da lui i particolari di quella lunga tournèe con Edith Piaf. Un desiderio che è finito tra le luci e le ombre della laguna, in piena notte, nel silenzio più totale.
Questo netto contrasto tra il buio notturno e la luce del giorno che stentava ad arrivare mi ha riportato a quella scivolata – che mi sforzo di ricordare invano – che avevo fatto dal pancione di mia madre verso la vita. In quel momento mi sono ricordato che era il mio compleanno, sebbene attorno a me non ci fosse una torta con le candeline, ma solo il ronzio di quelle canzoni che non mi hanno fatto dubitare della generosità della vita.