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Divo Giulio, ora pro nobis!

Rosario PipoloDivo Giulio, ora pro nobis. Qui, sul suolo dell’inferno terrestre, sono rimasti gli eredi. Non vestono in doppiopetto blu, non vanno a messa tutte le mattine, non hanno chiuso gli occhi con la corona del Rosario tra le mani. Sono i più insospettabili. Non li vedi mai in giro, ma agiscono in silenzio come gli amici falchi di Cosa Nostra. Rimpiangono le vacche grasse della Democrazia Cristiana, ripetono a pappardella lo slogan “Ambrosoli se l’è cercata”, fanno finta di dormire sonni tranquilli mentre scacciano il fantasma di Pecorelli. “Nessuna regola è infallibile. Ci sono solo errori da non commettere”.

Divo Giulio, ora pro nobis. Chi pittore riuscirà a ritrarre quel “bacio”, flagello della Prima Repubblica che trasformò un figlio della Costituzione in “punciutu”? Mentre l’elettorato generoso di gran parte della Ciociaria allunga il minuto di silenzio, le vecchie scuole feudatarie del Sud Italia, che hanno allevato i pargoli dei fedelissimi, si prendono tempo per onorare la tua memoria. Accadde anche in Campania, in uno degli istituti di cui fosti tanto benefattore, dove io non ci misi mai piede. “Meglio tirare a campare, che tirare le cuoia”.

Divo Giulio, ora pro nobis. La storia giudica solo con il tempo, lasciando indenni i sospetti e le alleanze trasformiste nel sottosuolo per mantenere il potere con liberali, comunisti e socialisti. Il ghigno malefico dei nemici a piazza del Gesù a Roma ora è un pianto continuo e le macchie dei complotti si sono sbiadite in tanti dossier seppelliti, senza risparmiare nessuna domenica delle salme, come quella di Aldo Moro. “A pensare male si fa peccato, ma spesso si indovina”.

Divo Giulio, ora pro nobis. Mai nessuno percorse a tutte le ore – scalzo, in ginocchio, in abito da cerimonia – via della Concilazione, quando al di là del Tevere fu siglato il patto con gli alti prelati. Mai nessun politico fu così papalino, tenendosi stretta la cordata che stringeva il clero e la Chiesa tra le mani del potere occulto. La tua seconda casa era sotto il Cupolone. “La ragione non basta averla, ci vuole anche qualcuno che te la dà”.

Divo Giulio, ora pro nobis. Finiti i tempi del monarca assoluto dentro e fuori le mura dello Scudo Crociato, tra burocrati e piazzamenti di poltrone minesterali per i cortigiani, perché gli andreottiani erano una cosa, il resto dei democristiani un’altra.Finiti i tempi delle censure culturali per frantumare lo specchio cinematografico del Neorealismo sotto lo pseudonimo che “i panni sporchi si lavano in famiglia”. Finiti i tempi delle prescrizioni che sibillano tacite assoluzioni. Il feretro se ne va nel mistero, nell’oscurità, nel più buio cono d’ombra della storia plurimillenaria di questo Paese. “La cattiveria dei buoni è pericolosissima”.

Divo Giulio, ora pro nobis.Il potere logora chi non ce l’ha”, ma spedisce all’inferno chi lo ha avuto e lo ha gestito male, finendo per essere un mancato protagonista della storia di un Paese civile.

La Chiesa senza Papa e il fulmine di “Ritorno al Futuro” su San Pietro

Rosario PipoloIl fulmine sul Cupolone di San Pietro, scattato nel giorno delle dimissioni a sorpresa di Benedetto XVI, ha fatto il giro del mondo. Nessun fotoritocco per quell’immagine che involontariamente cita una delle ultime scene del film “Ritorno al Futuro” di Zemeckis: assomiglia al fulmine che riporta Marty e la sua DeLorean nel 1985.

Sembra un confronto inadeguato ma è come se questa saetta lampeggiante, più che rappresentare una sculacciata del Padreterno, segnasse lo sforzo della Chiesa per un “ritorno al futuro”. Da giovedì scorso la Chiesa non ha più il suo Pontefice e, nel sotterfugio della nostra contemporaneità, non si erano viste ancora le dimissioni di un Papa. E’ accaduto. Qualcosa cambierà, anzi è già cambiato.
Ratzinger non è stato il principe del Vaticano che si è guadagnato il consenso popolare e la simpatia di Karol Wojtyla. Mettiamo pure in conto che un tedesco parte in netto svantaggio rispetto ad un polacco. La sua statura teologica non è bastata a reggere un pontificato, dilaniato da scandali e ombre all’interno di una Chiesa, in difficoltà a dialogare con gli stessi fedeli.

Il ritiro dalla scena di Benedetto XVI fa riflettere tutti, dai teologi agli storici, dai dissidenti ai laici. E lascia stupiti persino “i movimenti”, nati tra i cattolici, che si spartiscono consensi tra i progressisti e i conservatori, facendo il bello e il cattivo del tempo ai margini del porporato. Chi non crede al Conclave baciato dallo Spirito Santo sa che la differenza la fanno i numeri: Ratzinger, sostenuto dai conservatori, è stato sul trono papale meno del previsto. Chi sarà il successore?

“Ed oggi, a causa di una recente intervista, tutti dicono che il Papa è diventato comunista”, cantava Giorgio Gaber nella graffiante “La Chiesa si rinnova”. Benedetto XVI “dimissionario” ha raccolto nel suo gesto, pregnante di umiltà, un consenso generale che in questo momento non hanno neanche i nostri vecchi e volubili politici, che si ostinano a voler restare. Papa Ratzinger se n’è andato in punta di piedi, senza lo scettro e il mantello da principe. Se il fulmine su San Pietro fosse davvero preso in prestito dalla sequenza famosa di “Ritorno al Futuro”, potrebbero venir meno i sospetti di complotti, di raggiri diabolici, dell’ingratitudine della curia. Il gesto del successore di Karol Wojtyla, incauto per i conservatori, ha forse già spianato la strada per un nuovo Concilio e spetterà al Conclave non renderlo inutile.

  Papa Ratzinger “superstar” tra cinema, musica e fumetti – Tiscali Notizie

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