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Io, “indignato”: a Roma bruciano i sogni tra violenza e orrore

Ci vuole poco per bruciare un sogno. Basta un guerriglia come quella di sabato 15 ottobre a Roma per seppellire sotto terra il sacrosanto diritto di manifestare con aria pacifica. Non c’è pensiero, non ci sono ideologie, non ci sono sogni nell’anima degli “Indignati arrabbiati” che hanno devastato il cuore della capitale. Il movimento di radice ispanica, che sta remando ovunque contro le ingiustizie e gli orrori della globalizzazione, rischia di scomparire in una bolla d’aria per colpa di una minoranza criminale e violenta, che va condannata senza mezzi termini.

Sì, è vero. Occorre impugnare il megafono per farsi sentire, soprattutto in un paese come il nostro dove governo e istituzioni non tutelano più le fasce deboli ed indifese, ma senza finire nella scialba trappola dell’aggressività e della violenza. Quando si ripetono questi orribili episodi, l’Italietta provinciale si risveglia dal torpore e riesuma i fantasmi vaganti degli Anni di Piombo e delle Brigate Rosse.
Allora sotto il passamontagna della strategia della tensione c’era una progettualità ideologica che aveva coinvolto anche gli intellettuali. Oggi dietro questa ciurma di teppistelli c’è soltanto polvere, nient’altro. La maggior parte di loro conosce la storia per sentito dire, non sa neanche la differenza tra marxismo e il liberalismo, non si è mai messa alla ricerca dell’autorevolezza che ci riporta alla memoria dei De Gasperi, dei Nenni, dei Berlinguer o dei Togliatti.

Oggi c’è terreno fertile per i social network, per farci assalire dal solito sobbalzo emotivo che in molti casi ci trasforma in capre mediatiche. Ognuno dica la sua, retweetti o incolli sulla bacheca di Facebook ciò che ritiene più opportuno, ma senza appoggiare tacitamente l’imbecillità che trasforma un guerriero in un eroe. Sarebbe imperdonabile, anche nel rispetto di chi si è ritrovato l’auto o il negozio distrutto.
A subire il danno non sono stati i mostri in doppio petto blu che svolazzano nei cieli con il proprio jet privato, ma la gente comune. La stessa gente che nel corteo pacifista degli Indignati ci ricordava che i sogni sono come l’acqua santa.

 Black bloc in azione, 5 ore di guerriglia

Rome counts cost of violence

Occupy Rome turns violent

Guerriglia a Roma: strumentalizzare il diritto di manifestare?

Quel martedì nero di guerriglia urbana a Roma non lo dimenticheremo facilmente. Se avessimo fatto uno switch sul bianco e nero dei nostri LCD, avremmo rivisto qualche sequenza degli Anni di Piombo. Sì proprio gli anni ’70, quelli liquidati con le assoluzioni sibilline dei mostruosi attentati a Piazza Fontana e a Piazza della Loggia. Mentre la rivolta studentesca, che ha preso d’assalto i monumenti italiani, è liquidata da qualcuno come coreografia e folclore, l’ondata violenta nella capitale contro il Governo intimorisce, scandalizza, depista.
Punto uno: intimorisce perché occorre far chiarezza su un punto, e cioè chi fossero gli aggressori infiltrati che hanno procurato violenza, facendo danni per oltre 20 milioni di euro e, soprattutto, messo in pericolo la vita di manifestanti e forze dell’ordine.
Punto due: scandalizza perché, come ipotizza il settimanale l’Espresso, potrebbe esserci la presenza di “agenti provocatori” all’interno dei cortei.
Punto tre: depista perché questa guerriglia cittadina rischia di trasformarsi in una ridicola strumentalizzazione ai danni degli studenti italiani. Nessuno si è chiesto: perché mai c’è tanto malcontento in Italia?
Fanno bene le associazioni studentesche a prendere le distanze dalla violenza e a ribadire un concetto: manifestare è un sacrosanto diritto. Il Belpaese lo sta dimenticando perché gli uomini col megafono diventano una rarità, mentre i poltronai si moltiplicano, alla faccia delle sequenze delle sommosse delle banlieue parigine, che sembrano un ricordo sbiadito. E in tutto questo un po’ di colpa ce l’avranno pure quei genitori salottieri, “i mostri invisibili” che ieri sono stati a guardare con viltà il ’68 tra le mura domestiche e oggi ammazzano le coscienze collettive dei figli con la vergognosa filastrocca: “Lascia perdere il megafono e resta a casa a studiare”.
Ci sono tante modalità di protestare, senza inciampare in atti di vandalismo e aggressività, come quelli che ci propina la tv ad ogni ora del giorno. Scusate, se insisto: non è stato “violento” il trailer onirico di Bruno Vespa su Sarah e Yara, che ha interrotto una settimana fa il film Cenerentola? Ne vogliamo parlare?