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Sudafrica on the road: African Cream Music, la mia colonna sonora sulle orme della libertà

Quando Alex Agulnik fondò l’etichetta discografica indipendente African Cream Music, era consapevole che la musica restava una scorciatoia per arrivare diritti al cuore della storia di un Paese. Negli oltre 3 mila chilometri on the road in Sudafrica alcuni album fondamentali pubblicati dalla label con sede a Johannesburg hanno fatto da colonna sonora al mio viaggio.

Il sorriso di Nelson Mandela che illumina la copertina del doppio cd The Winds of Change altro non è che l’apripista di un viaggio musicale nel viaggio. Questa è la mia compilation preferita perché, grazie ad una selezione certosina, ci sono le tappe dei cambiamenti del Sufadrica che marciò verso la libertà, schiacciando il letame della politica che aveva alimentato l’Apartheid: Windows of Change di MacMillann, Asimbonanga di Johnny Clegg, Papa Stop the War di Chicco o Power of Africa di Chaka Chaka sono gemme che cospargono di letteratura le sonorità sudafricane.

Non posso che associare il mio vagabondaggio sudafricano a queste canzoni, ai loro vezzi letterari, a quella loro forza di essere cartoline da spedire senza francobollo con gli slogan che cicatrizzano le ferite di una terra: Freedom Songs, Voice from Mother Africa o Songs and Stories of Africa sono compilation che mettono a tacere il silenzio e l’omertà che hanno aperto buchi e trasfori nelle nostre coscienze.

Attraversando la provincia del Mpumalanga che mi porta tra le braccia del Parco Nazionale del Kruger, l’ascolto dell’album Singabantu di Skipper Shabalala mi ricorda che gli immigrati di altri stati confinanti hanno dato una nuova linfa alle sonorità sudafricane, che spesso sfuggono agli odiosi turisti distratti e attratti dai luoghi comuni.

 

Non importa se sei ricco o povero, dobbiamo essere uniti per essere una nazione compatta. Siamo tutti essere umani. (Skipper Shabalala)

I Beatles rimasterizzati svenduti su Amazon.com

la discografia rimasterizzata dei Beatles

Rosario PipoloLa fatidica data del 9 settembre è arrivata e per la gioia di tutti i fan l’intero catalogo musicale dei Beatles  è stato rimasterizzato. Una grande operazione commerciale che porta Emi ed Apple a recuperare qualche soldino nei giorni bui dell’ industria discografica. I Fab Four sono da sempre cari e per un appassionato come me è un flagello. Nell’estate del 1989 ho comprato la prima discografia originale in cassetta e mi sono fatto amico un venditore all’ingrosso di musica per avere gli album a prezzo decente. Gli ho detto: “Ho 15 anni, non ho partita IVA e non sono un negoziante, ho pochi soldi nel salvadanaio e non posso fare la cresta sulla spesa perché mamma se ne accorgerebbe. Come la mettiamo?”.  Nel 1993 sono passato al vinile e poi negli ultimi anni ai CD, che non sono di qualità eccelsa essendo in analogico. Adesso ad attirare i cultori sono due confanetti che in Italia costano in maniera spropositata: la versione stereo (14 cd + 1 dvd a 280 Euro) e mono (13 cd limited edition (tra i 330 euro e i 380 euro). Per fortuna c’è Internet che abbatte tutte le frontiere. Sul sito americano Amazon.com  i Bealtes sono davvero low cost con lo stereo a 180$/130€ e  il mono 230$/158€. Il risparmio è più della metà, anche se con spedizione ordinaria occorre aspettare almeno un mese. La pazienza ha un suo perché!  L’unica differenza dalla versione made in UK è la diversa etichetta (Emi) e il pericolo che il dvd dello stereo box non funzioni (il sistema americano è diverso da quello europeo).  Un vero beatlesiano preferisce quella “made in England”, disponibile sul sito Amazon.co.uk. Ehi, mamma, capisci adesso perché i chili di sogliole comprati alla ferrovia costavano il 20% in più? Era tutta colpa dei Beatles! Mannaggia a me che faccio il giornalista e non “il pianista in un bordello”.