Diario di viaggio: il retrogusto di Trieste e il buon cibo di Foraperfora
Trieste è un posto incantevole, crocevia che la storia ha messo nelle condizioni di far incontrare persone di culture diverse. Il buon cibo è voce riflessa di tutto questo e chi si sente ingannato non ha compreso fino in fondo lo spirito della culla del Venezia-Giulia.
Foraperfora, il nome buffo dell’osteria che sbuca sia su via Diaz che su via Cadorna, rende bene l’idea: entri da una parte e te ne esci dall’altra, perché i triestini sanno bene che la “doppia entrata” è il modo migliore per rubare i passi alla vita senza voltare le spalle al passato.
Mauro Rizzato ha trascorso una vita dietro i fornelli, osservando la nonna che preparava, con gli avanzi del giorno prima, i succulenti gnocchi di pane. Dopo l’avventura di oste all’osmizetta de Cavana, Mauro ha traslocato in questa vecchio covo triestino.
A Foraperfora c’è chi si affaccia per sorseggiare della buona birra non filtrata, per mangiucchiare affettati accompagnati da un vinello locale o per portarsi a casa la migliore cartolina culinaria di Trieste. Quest’ultimo sono io. Altro che estate, mi rifocillo con piatti autunnali: dalle tagliatelle fatte in casa con i porcini alla caldaia con crauti; dal cragno e crauti alla crema Foraperfora con l’intrusione del mascarpone.
Lo staff è così simpatico ed imprevedibile che ti verrebbe voglia di fare un casting per una serie televisiva. Nessun copione alla mano ma in compenso tanta spontaneità come la comunità del Venezia-Giulia. L’affettatrice sputa fuori il prosciutto friulano, piatti vanno e vengono dalla cucina e poi ecco arrivare la cliente che lamenta i tempi d’attesa o la posata mancante. Come si vede che “la lady schizzinosa” non è amante del buon cibo. Non ha capito che qui non siamo al ristorante, ma respiriamo l’atmosfera di un osmize carsico in pieno centro a Triestre.
Mentre vado via mi sembra di intravedere seduti ad un tavolo Joyce e Svevo. Pare che scriveranno un racconto “a quattro mani” e ci infileranno dentro quelli di Foraperfora. Allucinazione? No. Tutta colpa degli shottini triestini, che Mauro mi ha fatto assaggiare alla fine della cena. Il viaggiatore va via soddisfatto tutte le volte che ritagli di storia giocano a nascondino sotto il palato.