Quando una storia finisce su Facebook…
Non vale sempre la legge dell’happy end. Mi ricordo la fine di una storia un ventina di anni fa. Paola, una cara amica d’infanzia, e Gennaro chiusero il loro fidanzamento scaraventando dal balcone tutti i regali. I passanti erano lì sbalorditi, ma almeno questo “sfogo plateale” fece capire a tutti e due che il destino li invitava a prendere strade diverse. E così fu. Nell’estate dei social network e della sindrome collettiva “da reality”, finiscono su Facebook matrimoni, fidanzamenti, flirt o storie transitorie. Persino una suora ha visto la vendetta del suo ex , che ha pubblicato su Facebook alcune foto in topless e non si è rassegnato a “quel maledetto voto di castità”. Come finisce una storia su un social network? Lei mette in scena, secondo un copione da sceneggiata napoletana, il suo “status” di disperazione, e lui è lì a non fare niente. Arrivano gli amici che tra commenti e foto urlano: “Perché farci i cazzi nostri? Vieni qui che ti difendiamo noi da quello stronzo”. Nel passaggio dall’agorà reale a quella virtuale, la coppia ha perso il sacrosanto diritto di confrontarsi perchè al bivio è più opportuno scegliere la strada più comoda e patire il vittimismo della fragilità da YouTube generation. Paola e Gennaro hanno detto basta ai loro sentimenti adolescenziali con un raptus “folcloristico”, ma pienamente aderente alla realtà. Nel cono d’ombra virtuale sulla via di Facebook o Twitter si consuma tutto in silenzio, ma trasuda come un sepolcro imbiancato l’invadenza degli ultimi baluardi delle famiglie patriarcali e matriarcali. Per fortuna, un razza in estinzione: genitori che “colpevolizzano” i figli perché l’involucro della piccola borghesia di provincia sia l’unico stile di vita: “Fa’ la cosa giusta. Lascialo e salvati finché sei in tempo”. E cosa farne di questi padri, servi per una vita intera e detentori di un labile autoritarismo, o madri che hanno scambiato la meschinità per saggezza? Lasciarli annegare nell’agorà virtuale del web come “due miserie in un corpo solo” (disse l’apostolo Gaber!), mentre “il gabbiano con l’intenzione del volo” se la dà a gambe.