Cartolina da Hiroshima: la bomba del 6 fa ancora un gran male
Arrivo all’alba, Hiroshima è semideserta. C’è una leggera frescura, atipica vista l’infernale afa giapponese. Mi torna in mente un ritaglio seppiato della memoria su un banco di scuola alla periferia di Napoli.
Avrò avuto otto anni quando la maestra mi mostrò la foto con il fungo gigante dell’atomica. Alcuni mesi dopo, nel giorno dell’Epifania, i miei mi regalarono il primo mappamondo. Puntai il dito sul Giappone, nella direzione della città nipponica rasa al suolo dall’atomica il 6 agosto 1945.
Ho mantenuto la promessa fatta a me stesso, perchè non era un capriccio infantile. Non ho mai cercato foto della nuova Hiroshima, neanche quando Internet me lo permetteva. Nell’angolo del mio immaginario vi avevo lasciato quel paio di scatti di repertorio in bianco e nero che hanno fatto il giro del mondo.
Il silenzio del Parco della Memoria a prima mattina – le lancette del mio orologio segnano le 7 in punto – ti lascia un tremolio interiore. I miei viaggi tra le tombe dell’orrore di Auschwitz e Sarajevo avevano lacerato il cuore dei miei 30 anni, ma Hiroshima è penetrata nell’anima, a piccole dosi e ha trafitto i miei 40.
Nel Ground Zero nipponico si aggirano angeli dalle ali spezzate: non li vedi, ma li senti ovunque, come se fossero confinati qui. Le facce le intravedi all’interno del museo in contrasto con quelle delle rappresentanze americane in visita per sbiancarsi la coscienza. Uno dei falli della presidenza di Barack Obama è stato non aver formalizzato le scuse per questo genocidio.
La stanchezza del viaggio mi assale. Mi stendo sull’erba e provo a socchiudere gli occhi. Sotto le guance sento l’erba bagnata. Altro che rimasugli dell’umidità notturna, sono le mie lacrime che irrigano il Parco di Hiroshima. Nel frattempo sta calando il sole.
Prima di ripartire dal Giappone, mi sono accorto di aver peso il giubotto, compagno d’avventure in migliaia di chilometri di viaggi. Mi hanno detto che lo hanno visto volare sul Parco della Memoria di Hiroshima perchè ora quel giubotto riveste gli spicchi d’anima che ho lasciato lì.
La bomba del 6 fa ancora troppo male.