Buon Natale, papà. L’ultima lettera di un figlio imperfetto
Buon Natale, papà. L’ultima lettera di un figlio imperfetto è fatta dalla carta ingiallita di una vita insieme e dell’inchiostro dei sogni e delle delusioni di una generazione, la tua, che mi contagiano in questi giorni gelidi: le pedalate sotto gli acquazzoni verso scuola, sulla “via vecchia” con i tuoi compagni di classe, alla periferia di Napoli; la gioventù con “gli amici per sempre” tra Antonio, i Tonino, Pasquale, Nino; gli anni di lavoro in tuta a spargere elettricità, illuminando paesi e città all’ombra del Vesuvio insieme a colleghi che ti hanno voluto bene come Tommaso e Carlo e di capi come Pietro, pronti a ribadire che l’onestà era la tua medaglia al valore; le battaglie sindacali a fianco di Salvatore prima che il socialismo laico fosse imbrattato dai politici corrotti perché, come mi ha ricordato il prete operaio don Peppino Gambardella, “tuo padre è stato un onesto lavoratore e merita stima e affetto, egli riceverà il premio della sua rettitudine e della sua laboriosità dal Signore giudice buono”.
Buon Natale, papà. L’ulltima lettera di un figlio imperfetto è fatta dei 46 anni di matrimonio con Margherita, lei che ti è rimasta accanto fino alla fine nella buona e cattiva sorte e allora, da ventenne emancipata di città, fece tremare la lunga figliata di provincia e battagliò contro le arroganze e arretratezze della famiglia patriarcale di stampo contadino.
Io e Rossella siamo il frutto di questo amore e la tua paternità, fatta di generosità e cura per la nostra crescita, è stata tra i doni più intensi ricevuti sotto l’albero della vita. Il coraggio te l’ho letto negli occhi per l’ennesima volta qualche mese fa, quando ti sei ostinato a voler salutare per l’ultima volta il territorio a cui sei rimasto legato per sempre, mortificando la malattia, raccogliendo con le ultime forze i frutti dagli alberi piantati da tuo padre quando eri piccino piccino.
Buon Natale, papà. Per tutte le volte che ti ho disobeddito e contrastato in questa mia smania di esplorare la vita, dai tempi in cui dissi no all’ammuffito liceo nel feudo di Maddaloni o alla divisa militare fino alla scelta professionale di fare di biro e inchiostro un mestiere, delegando al Teatro, al Cinema, alla Musica e alla Letteratura i punti cardinali della mia ricerca della libertà. Ha ragione la mia amica d’infanzia Giuliana scrivendomi: “Tuo padre ti ha fatto un uomo libero”. Sì, mi hai lasciato libero di scegliere anche quando i nostri punti di vista erano completamente all’opposto.
Mi hai lasciato libero di fare della valigia l’imbarcazione per girare il mondo, per andare a vivere altrove, assecondando la mia spudorata convinzione che “le radici hanno le gambe lunghe”.
Buon Natale, papà. Ho recitato fino all’ultimo istante il ruolo del figlio distaccato, perché mai avrei voluto trattarti con la compassione per un ammalato. Sono riuscito fino ad oggi a conservare le lacrime. Le userò in futuro per annaffiare la terra sotto i piedi in qualsiasi parte del mondo mi troverò, facendo germogliare i fiori dei tuoi insegnamenti e, al tempo stesso, facendoti irritare come allora tutte le volte che continuerò a denigrare la maggior parte dei parenti come inutili suppellettili; a beffeggiare la provincia con i suoi riti sociali, le mediocrità e l’ostentazione del vivere per apparire; a difendere quel malsano egoismo individualista per smontare i patriarchi e le matriarche che vorrebbero la famiglia una fradicia prigionia per ridurre noi anime libere a propria immagine e somiglianza.
Buon Natale, papà. L’ultima lettera di un figlio imperfetto non giace sotto il piatto di un tavolo natalizio, ma nel taschino della tua tuta da lavoro, che non smetterò mai di sentirmi addosso sotto la giacca e cravatta. Oggi che vedo l’albero di Natale spento, senza la tua santa pazienza a rimettere apposto quelle lucine, e non ti trovo in stazione, in aeroporto, ovunque ad aspettarmi, mi consola la speranza che un giorno accadrà: ti ritroverò all’ultima fermata della mia vita e non avremo più il peso del bagaglio degli affanni umani.
Buon Natale, papà e perdonami per essere stato un figlio imperfetto. E’ stata la mia strada per volerti bene, a modo mio, salvaguardando la saggia affermazione di un miscredente portoghese che, dopo un prodigio nel piccolo villaggio di Fatima, dichiarò ai miei colleghi cronisti di un secolo fa: “Solo gli sciocchi pensano che Dio non esiste”.