Viaggio nella New York al femminile
Facendo due conti, l’anno scorso io ritornavo a New York dopo 23 anni ed Elisa Pasino intingeva la penna nel calamaio per cominciare a scrivere la sua guida New York al femminile, edita da Morellini. Che gusto retrò ha questa immagine della penna nel calamaio oggi che abbiamo digitalizzato tutte le dita della mano.
Ci sta bene pensando allo stile di scrittura della Pasino, che sa conservare tatto ed eleganza, in quel suo modo di essere penna e donna di altri tempi. Adocchiando la sua New York al femminile mi vien da scrivere che della noiosa compilazione di una guida turistica non c’è niente.
Anzi c’è quella punta di ricercatezza di chi ti prepara ad un viaggio creando la complicità con il lettore e svelando i piccoli segreti della Grande Mela, che sa come essere donna.
Eppure la femminilità newyorchese non ha niente a che vedere con lucidalabbra, mascara o fondotinta. Ha quel suo modo di manifestarsi in controluce, come conferma il cinema di Woody Allen quando tratteggia la Manhattan delle donne.
Nel mio ritorno autunnale nella Grande Mela avevo rimesso piede da Tiffany con la convinzione che l’essenza femminile di questo posto fosse tutto nella protagonista del romanzo e film che hanno fatto la fortuna del brand.
Il portiere si sentì leggermente imbarazzato quando sbraitai: “Dove è finito il volto gigante di Audrey Hepburn? Quanto siete ingrati nei confronti del sorriso di Holly che ha dato femminilità a questo tempietto sulla Fifth Avenue”.
Speriamo che la Pasino non legga questo ritaglio di viaggio, perché dopotutto lei sa che la femminilità di una città non deve essere urlata, ma sussurrata con garbo.
Mi annoiano le guide turistiche, mi fanno sbadigliare. Qualche volta accade che un diario di viaggio metta il soprabito di una guida e prenda per mano il lettore. Essere presi per mano di questi tempi? Cosa rara e giusta. Mi è successo tra le pagine di New York al femminile.