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Blog e Sito di Rosario Pipolo online dal 2001

Napoli, giù le mani dal mercato della Duchesca!

Ogni volta che torno nella mia città, Napoli, trovo qualche triste novità. Il leggendario mercato della Duchesca a piazza Mancini, alle spalle della statua di Garibaldi, è stato rimosso per costruire un parcheggio. Avevo 13 anni, la prima volta che mi sono spinto da solo tra quelle bancarelle. Di nascosto dai miei genitori, si intende. Mi avevano detto che in quel meraviglioso bazar partenopeo avrei potuto trovare a poco prezzo i videogiochi per il mio Commodore 64.  Con i miei risparmi in saccoccia arrivai alla Duchesca ed è lì che scoprii il piacere della “contrattazione”. Il Comune di Napoli cancella un pezzo di storia per combattere l’abusivismo dei venditori ambulanti. In una città che convive con la sindrome  dell’irregolarità, questa risoluzione mi sembra più una presa di posizione da “sceneggiata”. I venditori abusivi ci sono ancora, ai lati delle transenne del cantiere della Duchesca, e quei pochi “regolari” si sono spostati verso Porta Capuana, ma non riescono a ritrovare una giusta collocazione. A Milano il trascloco della storica  Fiera di Sinigaglia a Porta Genova ha decretato la morte lenta di un altro mercato storico. Fatelo pure questo benedetto parcheggio e in fretta! Ridate a Napoli lo storico mercato della Duchesca, mettendo in regola tutti i venditori e restituendo ai napoletani e ai turisti il piacere di tornare a fare shopping con la borsa del “folclore” e la maschera dello “scugnizzo”.

L’ultima notte assieme ai Pooh

I Pooh

Rosario PipoloNel 1981 ero sul tetto di un palazzo storico del corso Garibaldi di Acerra. Eravamo a casa di un’amica di famiglia. Mentre io e mia sorella giocavamo a nascondino tra i panni  stesi, da una radio in soffitta volavano le note di Chi fermerà la musica dei Pooh. Continuo ad associare il ritmo di quella canzone a questo ricordo d’infanzia, ancora in volo sul panorama che vedevo da lì. Quando i Pooh hanno festeggiato 25 anni di carriera, ho dovuto mettere da parte tutti i miei risparmi (40.000 delle vecchie lire) per acquistare il biglietto dello splendido ed intimo concerto al Politeama di Napoli. E certamente ieri non mi aspettavo di finire per lavoro all’ ultima data del tour assieme a Stefano D’Orazio: 30 settembre al Forum di Milano. Non discuto la scelta del batterista di lasciare i compagni di lavoro di una vita, piuttosto l’idea che gli altri tre possano continuare con un’alternativa. Credo che la buona musica di queso longevo gruppo italiano sia finita tanti anni fa, poco prima dell’LP Uomini Soli. C’è chi li accusa di aver triturato i soliti temi melodrammatici all’italiana tra amori finiti e tradimenti. C’è chi come me li apprezza per essere stati i primi a diventare “manager di loro stessi” ed aver resistito alla tipica diffidenza degli anni ’70 in Italia: o facevi musica impegnata politicamente o eri uno sfigato raccontaballe! Scrivere una bella canzone “popolare” è il desiderio di molti, ma l’arte di pochi. Trascrivere sentimenti o vita quotidiana in maniera trasversale è stato il loro punto di forza. I primi accordi imparati alla chitarra sono stati quelli di Tanta voglia di lei. Ho dedicato quei versi stonati alla ragazza di cui mi ero invaghito negli anni del liceo. Non ha funzionato. Mi sa che non avevo capito il significato di quella canzone!

Biglietti troppo cari e la crisi dei mega concerti

Madonna

Rosario PipoloIl mio primo concerto lontano da casa risale al 1989. Avevo 15 anni e Paul McCartney al Paleur di Roma è stato per me l’apripista di centinaia e centinaia di live, visti per passione e poi per lavoro. Negli anni ’90 in Italia riuscivi a sacrificarti per un biglietto a costi  ragionevoli, ma poi con l’arrivo dell’euro i prezzi sono saliti alle stelle, soprattutto quelli dei mega concerti. La crisi planetaria dell’industria discografica ha portato gli artisti e i management a fare una scelta obbligata: perdiamo da una parte, ma recuperiamo dall’altra. Un Keith Jarrett alla Scala di Milano o un David Gilmour a piazza San Marco a Venezia possono pure valere 250 euro. Bisogna essere “malati cronici” per tirar fuori tutti questi soldi? Tirando la corda, prima o poi si spezza. Ed è accaduto questa estate tra diverse date annullate o biglietti invenduti. E i sold out annunciati?  Quelli lasciano il tempo che trovano e sono  “lo specchietto per le allodole”. C’è una via di scampo? Puntare alla formula last minute e sperare che qualche ora prima del concerto ci sia una svendita in atto. E’ successo alle recenti tappe milanesi dei Depeche Mode e U2 con biglietti acquistati tra i 10 e i 30 euro. Nonostante l’euforia mediatica, persino Madonna in Italia non riesce a fare il tutto esaurito: per la dea del pop a Milano sono rimasti più di 20.000 biglietti invenduti, mentre la tappa di Udine del 16 luglio fa registrare dati ancora più sconfortanti! Un fan di Veronica Ciccone mi ha confessato: “Con il budgest da investire per vederla a Roma due anni fa, ho pagato un volo a/r per Parigi, una notte in albergo e il biglietto per la tappa francese”.  Mi sembra un’altra via d’uscita per scampare i soliti ricatti all’italiana e dare un nuovo senso ai nostri viaggi lampo in Europa. Il 24 agosto lady Madonna sarà a Belgrado e il biglietto più economico costa 32 euro… Facciamoci un pensierino per riannodare il fascino dei Balcani alla musica pop trasgressiva e visionaria!

E poi dice che non si può mangiare fuori spendendo poco!

carbonara0704_468x454150Sono in molti a sostenere che i giornalisti siano “scrocconi”. Per quelli che lavorano come me nel settore dell’intrattenimento, le malelingue si moltiplicano: ti invitano qui, ti invitano lì! Anche a noi succede di pagare e, vista la miseria degli stipendi, la scelta di andare a pranzo fuori di questi tempi è davvero un dilemma. Un pranzo low cost? Qualcuno lo snobba perché poi nel menu c’è  lo scarto. Smettiamola di generalizzare. Sabato scorso ero seduto all’Osteria dell’Operetta, in corso di Porta Ticinese a Milano. Un posto delizioso: nonostante la dieta, mi sono gustato la mia carbonara e del pesce spada alla griglia con un contorno di verdue, accompagnato da una mezza bottiglia di acqua San Pellegrino. Mi sono visto arrivare il conto: 12 euro. Non vedevo un prezzo così da chissà quanto tempo. Credevo avessero sbagliato, invece era giusto perché rientravo nella formula del menu fisso. I gestori dell’Osteria dell’Operetta sono giovani ed hanno un grande pregio: tenersi distanti dal solito “disfattismo lagnoso da effetto crisi” e impegnarsi a mantenere – per la gioia del palato e delle tasche – un buon rapporto qualità-prezzo. Mangiar fuori ci svuota i portafogli? Quasi quasi mi abbono e così pranzo fuori ogni sabato, alla faccia della “mia dieta” e della “crisi”!

Musica, quanta voglia di beneficenza per l’Abruzzo!

renato-zero150Musica e solidarietà sono due parole che si incrociano e spesso vanno pure d’accordo, raccogliendo anche fondi da capogiro. La tragedia del terremoto in Abruzzo ha scosso l’anima di molti musicisti: da Vasco che ha donato 100 mila euro dal palco del concertone del 1° Maggio alle decine di eventi musicali che si moltiplicano lungo lo stivale italiano. Persino quando c’è di mezzo la beneficenza può scattare “la competizione” e quel timido orgoglio che smuove punte di campanilismo. Milano chiama e Roma non perde tempo a rispondere! Mentre Laura Pausini recluta le donne della musica per un mega evento il 21 giugno a San Siro, Renato Zero, Claudio Baglioni, Antonello Venditti e tanti altri si incontrano dall’altra parte della barricata per una notte di note all’Olimpico di Roma: la capitale gioca d’anticipo e la data è fissata per il 20 giugno. E’ di buon auspicio guardare tanti artisti che si danno da fare per una giusta causa. Sarebbe più stimolante se ci fosse sempre una continuità nei progetti benefici, anche da parte dei management che fanno il buono e il cattivo tempo sui costi dei concerti. E qui il traguardo non è realizzare il mega show per fare il colpo grosso nel Belpaese, scimmiottando i concertoni americani, ma spingere il cervello in un’altra direzione: la musica può farci ritrovare il piacere della “diversità”, da qualsiasi parte provenga e non importa se quel palco sia a Roma o Milano.

Benedetta e l’alba di un nuovo giorno

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Rosario PipoloQuando ti ho vista piccina piccina tra le braccia di tua madre e mi sono accovacciato nei tuoi occhi, mi hai riportato all’estate del 1992. Benedetta, ho conosciuto tuo padre allora, durante una vacanza studio a New York: lui era un milanese con la faccia da secchione (mi incantavo quando mi parlava di James Joyce) ed io un napoletano con la faccia stralunata, malato di teatro e musica. Lo sai quando siamo diventati amici per la pelle? Condividendo una notte indimenticabile al Greenwich village, girando tra i locali, con pochi soldi in saccoccia e sperando di incrociare Bob Dylan o Woody Allen. Rincasando gli ho chiesto un prestito di 50 dollari per comprare il primo lettore CD! Me li ha dati e si è fidato di un napoletano. Quando sono stato a Milano al concerto di Paul McCartney, mi ha ospitato a casa sua ed ho trascorso delle belle ore. Non c’era Internet , Facebook o le email per comunicare, ma siamo rimasti in contatto. Quando nel 1998 sono venuto a Milano con una valigia piena di sogni, tentando in vano di trasferirmi, tuo padre mi ha aiutato in tutti modi pur di non farmi sentire “un emigrante”. Ricordo quando mi ha accompagnato alla stazione a prendere un Espresso notturno (un treno da film in bianco e nero!) che mi avrebbe riportato a Napoli. Mi ha dato una paccata sulla spalla come per dire ” i sogni possono esistere se lo vogliamo”. Ho pianto dallo sconforto, ma lui non se ne è accorto. Tutto questo per condividere con te, Benedetta, la voglia di sognare, sì con te che sei venuta al mondo da poco più di un mese. Saranno in tanti a voler farti indossare una camicia di forza, ma con un paio di sogni in tasca non ti sentirai mai sola. E’ bello ritrovarsi, soprattutto di questi tempi in cui i legami veri sprofondano nella superficialità. Ho ritrovato Francesco, marito e papà, e non è poco. Ti sono grato, Benedetta, perché nel tuo sguardo ho ripescato qualche briciola di me, all’alba di un nuovo giorno della tua vita, un dono immenso. Felicità.

Chiude 24 Minuti, il free press del Sole 24 ore

24minuti150Ci ha fatto compagnia nelle città di Roma e Milano  in tanti pomeriggi dal 2006 ad oggi. Era a mio parere un buon prodotto editoriale, ma la crisi nera non perdona. Chiude i battenti 24 Minuti, il free press del gruppo editoriale del Sole 24 ore. Chi lo avrebbe mai detto, così come noi addetti ai lavori non ci saremmo auspicati il tracollo della stampa locale negli USA. E’ crisi nel mercato pubblicitario e così l’editore saluta i lettori in poche righe. Da oggi in metropolitana, in autobus o in strada, niente più 24 Minuti. La crisi contagia anche il free press, mentre i prodotti editoriali on line riescono a tener duro perché si adeguano facilmente alle circostanze del momento. Al di là delle visioni catastrofiche per il nostro settore,  questo giornale ha avuto il merito di riportare in auge la sorpassata edizione serale del quotidiano con una fruizione fast molto vicina alla mentalità del web. Con tutti gli sprechi in giro, spero che Giancarlo Cerruti faccia marcia indietro e tagli altrove pur di riprendere il discorso di 24 Minuti. Ieri all’uscita della metro a Milano ho ritrovato il solito ragazzo di colore che lo distribuiva e mi ha detto: “Questo è l’ultimo. Da domani non ci vediamo più“. Lo incontravo quasi tutti i giorni e scambiavamo qualche chiacchiera. Da oggi lui che cosa farà così come i colleghi e i blogger della redazione?

Gioielliere e tabaccaio, condannati per essersi difesi

rapina1501Nel 2003 Massimo Mastrolorenzi era finito sulle cronache di tutti i giornali, non per l’attività di gioielliere, ma per aver sparato ai due rapinatori. La condanna è arrivata e così l’uomo si è tolto la vita. Al di là del suicidio – secondo le autorità è un atto di gelosia per niente legato alla tragica vicenda – colgo l’occasione per fare una riflessione. Mastrolorenzi ha ricevuto solidarietà ovunque, persino su Internet, per un atto di legittima difesa. Oltre al danno, il tentativo di difendersi da due malvimenti, ci sarebbe stata anche la beffa in caso contrario: i due ladruncoli l’avrebbero fatta franca e il povero commerciante sarebbe stato l’ennesima vittima. Come funziona la giustizia in Italia? Se ci spostiamo da Roma a Milano incrociamo un altro episodio simile: il tabaccaio Giovanni Petrali è stato condannato recentamente a un anno e otto mesi per aver sparato ai due rapinatori. Situazione simile, stessa mala sorte. Insomma niente eroismi nel Belpaese truffaldino e così per stare tranquilli occorre farsi mettere i piedi in testa. Niente giustizia “fai da te”, tanto certi farabutti la faranno sempre franca e noi saremo condannati a stare a guardare. Sono perplesso e concludo con un commento di un lettore lasciato il 13 febbraio sul sito Corriere.it: “Giustizia?In Italia è consentito la difesa delle banche con armi da fuoco (infatti ci sono i vigilantes armati), ma si arresta chi difende la sua proprietà o la sua vita. Ma se i rapinatori passavano chiaccherando davanti alla tabaccheria sarebbero stati uccisi, oppure nessuno gli avrebbe sparato ?? E’ sbagliato farsi giustizia da soli, ma mi sembra che sia l’unica possibilità di averla”.

C’era una volta Alitalia, Cai e Malpensa…

alitalia150Il battesimo della Cai, la nuova compagnia aerea nata dalla fusione di Alitalia e Air France, non è stato un felicissimo giorno. Le naturali proteste hanno preso il sopravvento, nonostante pare che si possa tirare un sospiro di sollievo per l’aeroporto milanese di Malpensa. L’odissea legata ad una compagnia “sprecona” come Alitalia è gravata moltissimo sulle tasche degli italiani. Ce ne siamo accorti, sì o no? Adesso abbiamo in ballo pure la preoccupazione sul destino dell’aeroporto internazionale milanese. Solo in Italia accadono certe barzellette. Malpensa aeroporto ha compiuto dieci anni l’anno scorso ed è già finito nella bufera, senza contare il budget di milioni di euro investiti. L’Alitalia lo ha utilizzato come hub fino a marzo del 2008 e adesso con i cambi di gestione restano aperti alcuni punti interrogativi. Fa bene donna Letizia Moratti ad essere “incacchiata” nera, ed in vista dell’Expo poi. Nonostante le rassicurazioni governative, il timore c’è sempre in un Paese barzellettiere come la nostra penisola. Al di là delle previsioni, ci auguriamo che la nuova Cai agevoli i passeggeri con un rapporto qualità-prezzo diverso dalla sua antenata. Ahimè, se il futuro è grigio date pure in pasto l’aeroporto di Malpensa alle compagnie low-cost! Se Ryanair continua a darci ancora l’impressione della corriera da gita scolastica, compagnie come Easyjet possono contribuire a migliorare i nostri viaggi tra le nuvole, con poca spesa, una buona qualità del servizio e un record di passeggeri nei mesi della recessione!

Atm Milano, viaggi cittadini da incubo?

Sono un abbonato annuale dell’Atm, l’Azienda dei trasporti milanese, e sborso in anticipo quasi 400 euro. Per me viaggiare con i mezzi pubblici è davvero uno spasso, una grande risorsa alla faccia di chi saccheggia la città con auto e smog. Tuttavia, non possiamo più tollerare il pericolo di tornare a casa feriti o moribondi. Lasciando perdere i disagi dovuti alla scarsa manutenzione delle linee metropolitane (il guasto sulla linea verde della scorsa settimana è scandaloso), non sono più tollerabili gli incidenti sulle linee di superfice. A Milano il 14 febbraio scorso un autobus si è scontrato con un tram ed è morta una donna. Il 13 ottobre la stessa sorte è toccata a due tram in viale Bigny. Si parla di 25 feriti. Di chi è la colpa? Dei conducenti “spericolati” o di un’azienda che ha perso di mano il controllo? Milano si atteggia a capitale economica d’Italia, ma questi disagi continuano a farci essere il fanalino di coda. E la tutela dei viaggiatori dove è finita? Quando si parla di cacciar soldi per biglietti e abbonamenti, Atm è la prima ad alzar la voce. Non ci stiamo più. Vogliamo sentirci tutelati perché Milano non sia un set da film horror, ma torni ad avere un servizio pubblico dignitoso.