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23 novembre 1980, l’Irpinia trema

Il 23 novembre 1980 era una domenica. Abbiamo avuto il tempo di aspettare mio padre per cena. Alle 19.25 la terra ha iniziato a tremare con prepotenza, mentre io e mia sorella vedevamo i giocattoli saltare da un punto all’altro della nostra cameretta. Mio padre ci ha collocati sotto l’arco di una porta, ma non mi sono reso conto che la nostra vita era in pericolo. In quel preciso momento, l’Irpinia, la parte centrale della mia regione, veniva seppellita da un catastrofico terremoto. Per fortuna a Napoli i danni sono stati contenuti, mentre migliaia di persone sono rimaste senza tetto per tanti anni, piangendo il lutto di una tragedia mai dimenticata. Da allora il 23 novembre alle 19.25 mi fermo in silenzio: ricordo, prego, rifletto. Mi sono messo alla ricerca di “una preghiera laica” e l’ho trovata nei versi di un’intensa pubblicazione: Irpinia chiama del poeta Guerino Levita. Ho avuto la fortuna di conoscerlo in una scuola media di Acerra, in provincia di Napoli, in una mattinata autunnale del 1986. Mi ha donata una copia del libro, da cui non mi sono più separato. Levita è un poeta da antologia, la cui scrittura semplice e immediata raggiunge un impatto emotivo davvero sorprendente. Attraverso quelle poesie mi sono cucito addosso piccole storie tra l’amicizia di un cane e un bambino o i piccoli sogni di alcune ragazze di Sant’Angelo dei Lombardi. Ho capito quanto fossi stato fortunato a ritrovare i miei giocattoli allo stesso posto. Ancora oggi, sarò puntualmente con le pagine di Levita tra le mani per frugare in quel ricordo e per convincermi sempre di più che cantori come “il poeta di Acerra” non hanno bisogno di popolarità editoriale, ma di lettori predisposti a raccogliere lapilli di memoria, per non dimenticare.

Helsinki e una vecchia foto del mio amico Pasquale Mautone

nonno1501Cosa hanno in comune Helsinki e Napoli? Praticamente niente, a parte il mare. Adesso queste due città così diverse si spartiranno una foto antica in bianco e nero: è quella di Pasquale Mautone, un mio vecchio e caro amico. L’ultima volta l’ho visto l’8 novembre 1992. Ci siamo salutati con un tenero abbraccio e la mattina dopo mi hanno avvisato che se ne era andato per sempre. Da allora porto con me quella foto. Nel mio 2008 ricco di viaggi, io come un pellegrino in Europa l’ho ritrovata nel taschino della giacca. A Helsinki fa freddo. In questa grigia domenica mattina finlandese mi sono fermato dinanzi al mare. E’ stato Pasquale a presentarmi il mare tantissimi anni fa, a Coroglio nel Golfo di Napoli, guardando l’isoletta di Nisida. E sono tornato davanti al mare, quello freddo del Nord, per ricordare la nostra amicizia: spontanea, sincera e ricca di complicità come quella del vecchio pescatore Santiago e il ragazzino Manolin, i due protagonisti di Il vecchio e il mare di Hemingway. Ho messo questa fotografia su una piccola barchetta, lasciandola galleggiare alla deriva, per iniziare quel viaggio mai fatto, ma che io e Pasquale Mautone abbiamo sognato per una vita intera. Caro Pasquale, oggi sono sedici anni che sei partito e per me non è cambiato assolutamente niente. Caro amico mio, in questa domenica ad Helsinki continuo a cercarti tra gli odori, le vie e il brusio della capitale finlandese perché aveva ragione Freddy Mercuri a cantare: “Gli amici saranno amici fino al fine”. Anzi, caro Nonno, adesso che mi ritrovo qualche capello bianco, mi convinco sempre di più che l’intensità del dolore giace negli abissi del cuore e dell’anima. Per fortuna c’è la memoria, la cui luce fa brillare il faro della speranza di ritrovarsi con un filo di voce e un sussulto del cuore. Mi manchi.

Gomorra, l’Oscar mi rende nervoso!

Ogni anno è una tribolazione per trovare un accordo sul film che rappresenterà l’Italia gli Oscar. E il malcontento rischia di essere all’ordine del giorno per alcune candidature passate, azzardate ed ingiustificate: il Pinocchio di Benigni nel 2003 o La sconosciuta di Tornatore quest’anno. Sarà Gomorra di Matteo Garrone, il film tratto dal libro cult di Roberto Saviano, a restituire all’Italia il 22 gennaio 2009 la speranza di rientrare nella rosa delle nomination per l’ambita statuetta. Tradotto in 33 lingue con quasi 2 milioni di copie vendute, il libro dello scrittore e giornalista partenopeo è una radiografia sconvolgente, in bilico tra saggio e inchiesta, sulle attività criminali della camorra. La trasposizione cinematografica di Garrone è un racconto epico, una tragedia in stile classico che trasforma quei mostri localizzati tra Napoli e la sua degradante periferia in un dramma universale. Non dimentichiamo che la maggior parte degli Americani guarda l’Italia come il Paese di “spaghetti, sole, pizza, mandolino e mafia”. Quel film è un coraggioso atto di denuncia, e non una radiografia pittoresca o folcloristica del morbo cronico di una città e del Sud Italia. L’ambita statuetta – che tutti ci auguriamo – acquisterà un valore culturale e artistico soltanto se rientrerà nei parametri di questa riflessione: il popolo napoletano non ha più bisogno di finire in pasto alle prime pagine dei tabloid di tutto il mondo per autorevoli critiche, compassione o commiserazione. Napoli, oggi più di ieri, ha bisogno di una presenza costante delle istituzioni e del sostegno a persone come Saviano, piccoli grandi eroi dei nostri giorni bui. Se così non fosse, allora vi diciamo: “No grazie, l’Oscar ci rende nervosi”.

San Gennaro, miracolo “napoletano” a Milano

L'ampolla con il sangue di S. Gennaro

Rosario PipoloIl Miracolo di San Gennaro, patrono di Napoli, è un fenomeno misterioso che ha fatto il giro di tutto il mondo. Gennaro, Vescovo di Benevento, è vittima delle persecuzioni di Docleziano nei confronti dei Cristiani, e muore martire nel IV sec. d.C. Si racconta che nel 432, durante lo spostamento delle reliquie da Pozzuoli a Napoli, una donna abbia consegnato al nuovo vescovo due ampolle con il sangue. Da allora si è verificato il prodigio e puntualmente il 19 settembre il sangue si liquefa dinanzi agli occhi di migliaia di persone. Il Miracolo di San Gennaro resta un evento in bilico tra religiosità e tradizione popolare. Mio nonno Pasquale mi ha raccontato una serie di anedotti, ribadendo: “Rosa’, se volgiamo andare c’avimme sceta’ ‘e 3 da matina!”. Se il miracolo non si verifica entro mezzogiorno, ci saranno sciagure in vista per la città. Infatti, i napoletani sostengono che nel 1980 il ritardo di San Gennaro avrebbe pronosticato il terribile terremoto dell’Irpinia (23 novembre) così come la puntualità annuncia il primo scudetto del Napoli Calcio (1987). Al di là delle dicerie, mi ha suggestionato come il fenomeno abbia contagiato anche il Nord Italia. Ho cosciuto una distinta signora milanese, Gennara, nata il 19 settembre di 56 anni fa. Sua mamma, emiliana, era ricoverata in un ospedale assieme ad una signora partenopea. Per quel parto difficile, la nuova amica le ha raccontato la storia del santo patrono, consigliandole: “Se la bambina nasce sana prima di mezzogiorno, devi ringraziare San Genna’”. Così è stato e, nel giorno del battesimo, quella bimba milanese si è fatta adottare simbolicamente dal popolo napoletano. Allora è vero che un miracolo napoletano può contagiare persino una città diffidente e poco superstiziosa come Milano!

Munnezza e pregiudizio

I pregiudizi ci danno alla testa qualche volta. Sono appena tornato da Zagabria e mi sono trovato di fronte una città meravigliosa (il racconto mediatico è rimasto fermo alle ultime bombe del ’95): pulita e piena di verde, con certe aiuole fiorite da far morire di invidia le nostre città. Poi arrivo a Venezia, raccontata dai media come perla del nostro Stivale, e scovo sporcizia ovunque, per non parlare di sacchetti di immondizia sparsi qui e lì. Scusate, ma questa non è “munnezza” o quella di Napoli era qualcosa di diverso? E’ vero che il capoluogo partenopeo è stato sepolto da montagne di spazzatura (mea culpa, mea culpa, mia grandissima culpa?), ma la tv è stata capace di ingigantire il dramma, distruggendo l’immagine di una città. Persino la munnezza è più fetente quando finisce tra le grinfie dei pregiudizi!