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Blog e Sito di Rosario Pipolo online dal 2001

Mina, 50 di carriera e 30 anni da “reclusa”

Da ragazzino c’era una vicenda che mi incuriosiva e mi insospettiva allo stesso tempo. Come era possibile che una grande artista musicale, nel pieno del suo successo, avesse deciso all’improvviso di non apparire più in pubblico? Questo mio legittimo interrogativo rispunta nei giorni in cui Mina festeggia 50 anni di carriera. Allora interrogavo l’oracolo in materia di casa mia, mia madre, adesso mi consolo constatando che “la tigre di Cremona”, in 30 anni di “reclusione volontaria”, abbia tirato fuori una discografia di tutto rispetto. Nonostante la crisi del mercato non abbia risparmiato neanche la signora Mazzini, io vi confesserò il mio peccato. Io adoro spassionatamente la Mina “ben stagionata”, non l’agile ugola da Belpaese in bianco e nero di “Le mille bolle blu” o “Brava”, bensì quella più cupa e graffiante di “Tu sarai la mia voce”, “Rose su rose”, “Questione di feeling” o “Il corvo”. Chi più di lei è riuscita a dare un’anima ad un canzoniere così diverso, da Lucio Battisti ad Alex Britti (alla faccia di chi pensa che Mina sia roba da vecchi!), oppure a dar retta ad emeriti sconosciuti (gli Audio 2 devono a lei parte della popolarità). Nonostante tutto, Mina resta ancora “invisibile”, e la leggenda vuole che abbia detto no a grandi come Pavarotti e Sinatra, o respinto un assegno in bianco di Silvio Berlusconi per tornare in tv. Ancora 50 di questi anni, signora Mazzini, perché per tanti lei è una malattia: “chi di Mina ferisce, di Mina patisce”.

Sofia, il lunedì non sono incazzato!

Chi mi conosce sa bene che il lunedì mi sveglio con la luna storta. Come Mafalda, l’eroina a fumetti di Quino, detestava la minestra, io invece provo lo stesso sentimento per il primo giorno della settimana: sono sempre incazzato il lunedì. Per una volta il risveglio è piacevole. Sono a Sofia, la capitale della Bulgaria, che riesce a mettermi di buon umore. Nonostante non sia particolarmente monumentale – fatta eccezione la spettacolare Chiesa di Aleksandr Nevskij   – si respira un’atmosfera piacevole. La maggior parte dei palazzi fatiscenti è popolata da persone ospitali e accoglienti. I bulgari sono come quelli del Sud Italia: semplici e allergici alla lingua inglese. Del codice anglosassone non ne vogliono proprio sapere e così si fa quel che si può per farsi capire. Immaginate un bulgaro e un napoletano assieme. Una coppia da barzelletta. Ognuno parla per conto suo, ma poi è il risultato che conta, riuscire a capirsi! Senza tener conto del disagio per le insegne in cirillico! Nelle strade del centro c’è un formicolio di persone. Gli adulti si assiepano nei centri commerciali, mentre i giovani se ne stanno a chiacchierare nei bistrot. Per quella stupida divisione storica ed ideologica, la mia generazione ha dovuto rinunciare alla scoperta dei paesi dell’Est. Venti anni fa ci affaticavamo per un weekend a Parigi o Londra, ma era impensabile “cazzeggiare” in formula low cost in una capitale dell’Europa orientale. Dovremmo abbattere gli ultimi pregiudizi e recuperare il tempo perduto. Non è mai troppo tardi. E Sofia potrebbe essere un buon pretesto per non essere incazzati il lunedì!

San Gennaro, miracolo “napoletano” a Milano

L'ampolla con il sangue di S. Gennaro

Rosario PipoloIl Miracolo di San Gennaro, patrono di Napoli, è un fenomeno misterioso che ha fatto il giro di tutto il mondo. Gennaro, Vescovo di Benevento, è vittima delle persecuzioni di Docleziano nei confronti dei Cristiani, e muore martire nel IV sec. d.C. Si racconta che nel 432, durante lo spostamento delle reliquie da Pozzuoli a Napoli, una donna abbia consegnato al nuovo vescovo due ampolle con il sangue. Da allora si è verificato il prodigio e puntualmente il 19 settembre il sangue si liquefa dinanzi agli occhi di migliaia di persone. Il Miracolo di San Gennaro resta un evento in bilico tra religiosità e tradizione popolare. Mio nonno Pasquale mi ha raccontato una serie di anedotti, ribadendo: “Rosa’, se volgiamo andare c’avimme sceta’ ‘e 3 da matina!”. Se il miracolo non si verifica entro mezzogiorno, ci saranno sciagure in vista per la città. Infatti, i napoletani sostengono che nel 1980 il ritardo di San Gennaro avrebbe pronosticato il terribile terremoto dell’Irpinia (23 novembre) così come la puntualità annuncia il primo scudetto del Napoli Calcio (1987). Al di là delle dicerie, mi ha suggestionato come il fenomeno abbia contagiato anche il Nord Italia. Ho cosciuto una distinta signora milanese, Gennara, nata il 19 settembre di 56 anni fa. Sua mamma, emiliana, era ricoverata in un ospedale assieme ad una signora partenopea. Per quel parto difficile, la nuova amica le ha raccontato la storia del santo patrono, consigliandole: “Se la bambina nasce sana prima di mezzogiorno, devi ringraziare San Genna’”. Così è stato e, nel giorno del battesimo, quella bimba milanese si è fatta adottare simbolicamente dal popolo napoletano. Allora è vero che un miracolo napoletano può contagiare persino una città diffidente e poco superstiziosa come Milano!

Alitalia, finalmente la fine di una casta?

Il crollo di Alitalia, la compagnia di bandiera italiana, è l’ultimo atto dei residui della Prima Repubblica dell’Italia corrotta e sprecona. Questo tira e molla che va avanti da tempo continua a farci essere lo zimbello di mezza Europa. E il peso sulle tasche degli italiani? La situazione grottesca ha stuzzicato persino lo humor british della Ryan Air, che su alcuni aerei ha scritto a carattere cubitali: “Bye Bye, Alitalia”. Le low cost hanno messo fine al monopolio, rendendo i cieli europei alla portata di tutti. Nel 1998, per la mia tesi di laurea, sono stato costretto ad andare a Londra in autobus perché quella tratta aveva davvero prezzi da capogiro. Lo stato comoso di Alitalia mette fine alla casta dei piloti e degli assistenti di volo, abituati ad essere super pagati e a ricevere continui benefit, facendo rizzare i capelli ai colleghi europei. Li vedi arrivare in rogorosa divisa la mattina in aereoporto, a Fiumicino come a Malpensa, belli e lindi come Ken e Barbie. Hanno quella puzza sotto il naso e quello sguardo superbo tipico di pensa: “Chi cazzo se ne frega, chi mi toglie più dal trono”. Girovagando in rete si trovano una marea di dati allarmanti: tutto sommato un pilota vola per una media di “93 minuti al giorno” e pretende da Alitalia più di 108.000 euro all’anno. Per non parlare degli assistenti di volo che, con un buon grado di anzianità, possono azzuffare in busta paga fino a 87.000 euro. Mio padre ha lavorato con diginità all’Enel per 35 anni come caponucleo, rischiando ogni volta di scapezzarsi. Non metteva a repentaglio pure lui la vita quando si arrampicava con la squadra sui pali della luce? O il pericolo è solo di chi vola? Da ragazzino sognavo di essere figlio di un pilota per potermene andare a zonzo gratis in tutto il mondo. Oggi sono fiero che il mio papà abbia indossato “una tuta blu” , e non quella “divisa verde da casta” che nasconde sotto “merda e feccia”.

L’altro 11 settembre, la fine del Cile di Allende

L’11 settembre è una data in rosso nei nostri diari: nel 2001 l’organizzazione terroristica di Al-Quaida fa schiantare due aerei civili sul World Trade Center, le Torri Gemelle di New York. Da allora ogni anno in questo giorno tutto il mondo commemora le vittime di quella tragedia e il dolore degli Stati Uniti.

C’è l’altro 11 settembre che abbiamo dimenticato: 35 anni fa l’esercito cileno rovescia con un golpe a Santiago del Cile il governo di Salvador Allende. Con l’appoggio diplomatico degli USA, sale al potere il dittatore Augusto Pinochet e comincia per i cileni un lungo periodo di buio, fatto di delitti, atrocità e torture (i desaparecidos). Come fa un capitolo di storia così drammatico a sfuggirci? Perchè i media di mezzo mondo piangono il lutto degli Americani e non anche quello dei Cileni?

Riflettiamo con l’episodio diretto da Kean Loach nel film corale del 2002 dal titolo “11′ 09” 01″. Uno scrittore cileno scrive agli americani, concludendo così la lettera: “Oggi, 11 settembre, noi ricorderemo i vostri morti, ma voi, per favore, ricordate anche i nostri”. E’ solo così che gli angeli torneranno a volare, lasciando alla storia un saggio “Mea culpa”.

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Bacio gay a Roma: “Froci via dall’Italia!”

Nell’estate del 1988 ero a Londra. Ho assistito per la prima volta ad una manifestazione di affetto di una coppia gay. Confesso che non mi era capitato prima. Guardandomi attorno, mi sono reso conto che forse il più esterefatto ero proprio io. Dopo venti anni, mi infastidisce e mi fa vergognare il pensiero che Roma, la mia capitale, sia di nuovo intollerante di fronte a certi episodi:una coppia gay è stata aggredita nei pressi del Colosseo da una ciurma di ragazzi dopo essersi scambiata un bacio. Io non so cosa abbiano pensato Federico e Cristian, le due vittime di questa triste vicenda, ma sentire insulti “Froci, via dall’Italia, fate schifo” è il segnale che manca un’educazione dell’accetazione della diversità. Mentre Roma ha la presunzione di vivere sugli allori di un passato inesistente, Londra, Madrid, Parigi o Berlino si mettono in discussione per essere vere capitali europee. Noi italiani a volte siamo cialtroni e prepotenti, la gloriosa capitale dell’Impero Romano si riconferma “lo specchietto retrovisore del Belpaese”.

Auschwitz, i binari del treno finiscono lì

Da bambino mi incantavo al passaggio di un treno. Nonno Pasquale mi portava un paio di volte a settimana in una piccola stazione della provincia di Napoli, per ripetermi puntualmente che i binari di un treno si prolungavano all’infinito. Tutto ciò mi stupiva e mi incuriosiva: avrei voluto percorrerli a piedi, senza tornare più indietro. Quei binari li ho percorsi, rendendomi conto che mio nonno mi aveva detto una bugia.

I binari del treno finiscono ad Auschwitz, nel cuore della Polonia, nel campo di concentramento costruito dai Nazisti per sterminare milioni di persone e decimare la razza ebraica. Le quattro ore trascorse lì mi lasciano un paio di riflessioni. Da una parte apprezzo la discrezione dei polacchi nella gestione del luogo, dall’altra penso che Auschwitz non possa essere soltanto un viaggio spirituale nelle viscere della memoria.

Una memoria senza futuro che radici ha? Fosse almeno il tentativo di evitare altri genocidi, come quelli che adesso feriscono Asia ed Africa.  Chi come me è andato lì, non può tornare normalmente a fingere di essere “l’uomo inserito” nello squallore della quotidianità.

In alcuni punti del campo ho avvertito una forte energia, una presenza in bilico tra mistero e suggestione, come se il vocio di alcune persone fosse ancora lì. Forse alcuni angeli di Oświęcim (questo è il nome del luogo in polacco) non hanno mai lasciato quel posto orribile. Non lasciamo che quelle voci sopravvivano come semplice “rimorso delle nostre coscienze”.

Denti, la vendetta della “figa” al cinema

Pubblico e critica divisi a metà, nonostante il premio al Sundance Festival. Denti di Mitchel Lichtenstein (figlio del profeta della pop art) non è il banale teen movie che tutti pensano. E’ una sfuriata grottesca in stile horror per focalizzare il rapporto complicato tra adolescenti e sesso, sulla scia di un surrealismo che fa un baffo a Dalì, di uno splatter che stuzzica i primi film dei Cohen, di un vangelo di citazioni da far impallidire Tarantino (Evviva “Psycho” e “L’invasione degli ultracorpi”). A casa mia il sesso era un tabù: io e il mio compagno di banco delle medie ci siamo chiesti se le ragazze rosse avessero una peluria rossiccia! In una mattina di giugno ne abbiamo spiata qualcuna da sotto il banco e ci siamo dati una risposta. E se la “rossa” dei nostri sogni proibiti avesse avuto una vagina dentata? Al diavolo i falsi moralismi e le repressioni da scuola clericale: ci sarà pure una volta che sesso e sentimento si incontrano in un maledetto giorno speciale! E se questo non accade, ben venga la protesta della “figa”, sbandierando femminismo a più non posso. Ben venga la vendetta di Dawn (Jess Weixler è la biondina con cui tutti avremmo voluto passare una notte proibita da liceali) contro il dilagante arrapamento degli uomini di qualsiasi età e quell’assassino maschilismo che ancora mercifica il corpo della donna, annichilendo l’universo femminile. “Luisa, non è che stasera mi fai brutti scherzi? Magari ce l’hai cariata…”. Non è una citazione del film, ma la battuta cult del mio vicino di posto alla sua amorosa!

Precarie di Legnano, streap e sciopero su Youtube

E’ finita l’epoca delle “donne col megafano” o degli scioperi in stile urlatore. Il gentil sesso affila l’ingegno per sfuggire alla sindrome del precariato. Provate a fermare 11 donne che si sono “smazzate” per sei anni in un call center per l’Ospedale di Legnano (Va) e adesso si trovano con il culo per terra. Una norma del decreto Brunetta le penalizza, e così loro si mettono di fronte ad una telecamerina e in poche ore conquistano popolarità e solidarietà su You Tube. Purtroppo non è un reality-show dal tono rosa o piagnucoloso in stile Maria De Filippi, ma la realtà della vita: perdi il lavoro, hai famiglia da mantenere, nessuno ti ascolta, usi Internet. Adesso? Scatta lo streap e l’adunata di tutti i precari il 19 settembre per una protesta. Le 11 centraliniste sono pronte “a dare i numeri”, con uno spogliarello da rotocalco pur di riavere il posto di lavoro. Questo gesto mi fa sorridere e rilfettere. Con tanti culi e chiappe che si svendono in tv, per una volta lo streap ha un valore di forte impatto sociale. Prima che un giorno qualcuno li faccia arrossire mostrando un vecchio video, care mamme precarie, radunate pure i vostri figli per spiegare: “Qui non si tratta di un grillo per la testa o di un capriccio da diva da Playboy, ma di un gesto per difendere la giusta dignità”. Con tutta la solidarietà del popolo di Internet, speriamo che di questa dignità se ne ricordi pure il sindacato in Italia.

Valtur, 50 turisti con il “cagotto”!

Valtur

Rosario Pipolo“Pesce andato a male” dopo un pranzo d’agosto (secondo qualche indiscrezione) e così 50 turisti finiscono vittime della dissenteria. E’ successo nel Villaggio Valtur di Isola Capo Rizzuto, in provincia di Crotone. E pensare che ho trascorso un paio d’ore in quel villaggio con i miei genitori una ventina di anni fa: sembrava “un mondo perfetto”, un luna park del turista. Non è tutto oro quel che luccica e con quei prezzi da capogiro poi. Una bella batosta per uno dei marchi del turismo d’èlite. Dal sito dell’Ansa si legge l’intervento dell’avvocato Cristina Amadori: “Molte persone hanno dovuto ricorrere alle cure dell’infermeria del villaggio. La situazione e’ molto critica ed e’ scandaloso che possano accadere fatti del genere. I casi di dissenteria potrebbero essere collegati all’ingestione di alimenti consumati nel villaggio, dove abbiamo constatato anche problemi di carattere igienico e carenza di personale”. E poi ci lamentiamo che in questa stagione il turismo in Italia è calato. Pensate alla foto da catalogo Valtur con tutti quei volti sorridenti, adesso da “poveri cristi” attaccati tutto il tempo al wc, e con il portafoglio svuotato dal salasso della permanenza extra-large. A questo punto meglio la cucina della “zia Maria” nel piccolo campeggio con i bungalow, semplice e senza pretese, nel segno di una vacanza senza “il cagotto” da fine estate!