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Blog e Sito di Rosario Pipolo online dal 2001

Scusa, ma ti chiamo amore!

Premetto che le pagine di Federico Moccia non mi appartengono! Eppure il film Scusa ma ti chiamo amore diretto dallo stesso Moccia ha solleticato uno sciame di pensieri: lui (Raul Bova) ha 37 anni e lei (Michela Quattrociocche) ha venti anni di meno. Storie da commedia a lieto fine o flirt sentimentali da vita reale? Ho ripensato alla differenza di età che può dividere una coppia. Dieci, venti o trenta anni di differenza possono davvero impedire lo sbocciare di un sentimento vero? In alcune fasce di età è davvero complicato incontrarsi, trovare dei compromessi, o magari avere il coraggio di mollare tutto e fuggire via con l’altra metà. La regola vuole l’uomo maturo e la donna peperina e giovincella. E se fosse il contrario? Lui giovane e lei di età matura?Capovolgendo la situazione, chissà se ci sono le stesse complicazioni. Cupido mi direbbe: “Ma chi se ne frega, l’amore non ha età”. Nel mese di San Valentino – vi prego evitate gesti obbligati da rito di marketing – aiutatemi a rispondere a questi interrogativi. Anche se non vi siete trovati in nessuna di queste situazioni, potete sempre tirar fuori un pensiero, da cucire a quelli miei!

Mo’ lo dico, mo’ lo faccio

Mo’ lo dico, mo’ lo faccio: ogni volta che arriva l’anno nuovo, voglio attraversare quel “mare” che c’è di mezzo tra “il dire” e “il fare”. Voglio sentirmi leggero in questo 2008 e mandare a fanculo pure chi tratto con cauta diplomazia. Mo’ lo dico, mo’ lo faccio: voglio rinascere in un fumetto ed essere Corto Maltese, per andarmene a zonzo, ancora di più del 2007. Mo’ lo dico, mo’ lo faccio: voglio rinascere nelle pagine del Piccolo Principe ed avere lo stesso privilegio di Mattia Pascal, una seconda vita da fuggiasco. Mo’ lodico, mo’ lo faccio: voglio rinascere nel film 2001 Odissea nello spazio e sfottere le stelle dell’Universo, sostando in ogni pianeta e ritrovando i pezzi dimenticati della mia vita. Mo’ lo dico, mo’ lo faccio: voglio rinascere nello spartito di Give Peace a Chance per attraversare il Medio Oriente, da superstite con megafono, gridando senza timore che questa cazzo di pace dipende da me e te. Mo’ lo dico, mo’ lo faccio:voglio rinascere dalle braccia di Monna Lisa e farmi coccolare da quel sorriso sospeso tra passato e futuro.

Se poi non lo faccio? Ad orientarmi però c’è il vocio del bimbo di Beppe & Cinzia, l’accoglienza vispa del figlio di Manuela, o lo sguardo di Lorena, a cui molti anni fa ho regalato una rosa con un biglietto: “la vita è come uno spettacolo, e tu sarai sempre protagonista”. Quella ex studentessa di un liceo scientifico napoletano lo ha conservato sempre con sé. Mo’ lo dico, mo’ lo faccio: ritrovare le persone “dimenticate” è il migliore augurio da fare, perché in fondo tali persone viaggiano sempre con noi, nonostante la distrazione ci privi della loro tenera amicizia. Mo’ lo dico, mo’ lo faccio: Felice Anno Nuovo, “mangiando chili di marmellata, quella che mi nascondevi tu”!

Regalo di Natale

E’ in arrivo il Natale. Se non ce ne siamo accorti, sono le vetrine dei negozi a ricordarcelo! Sin da novembre ci impongono di respirare aria natalizia con largo anticipo. L’agenda di questi giorni è già segnata da “una condanna”: trascorrere il nostro tempo libero nelle corsie dei centri commerciali, ad accaparrarci con avidità più “roba” possibile per addobbare le nostre case e bandire le nostre tavole. Confusione e rumori, nient’altro. I miei Natali più belli li ho trascorsi a Napoli. Me la ricordo ancora nonna Lucia che friggeva i crocchè e nonno Pasquale che veniva a spalancarmi la porta di casa come a volermi dire: “Anche quest’anno ci sarà una letterina di auguri per noi?”. E chi le ha viste più quelle feste luminose con tutta la famiglia raggomitolata attorno all’albero e al presepe?

Sì, torno ancora a festeggiare il Natale a Napoli, ma non è più la stessa cosa. Tutto galleggia nella memoria e, pur ficcando il naso fuori, mi sembra che in giro non ci sia più la vitalità di un tempo. Tutto si è trasformato in banalità, persino i regali che ci scambiamo. Quale regalo vorrei per questo Natale 2007? Incontrare Clarence, l’angelo custode che ha salvato la vita a George Bailey, il protagonista di un film in bianco e nero di Frank Capra. Se venisse a liberarmi da questo caos, dovrebbe fare a spintoni tra carrelli, pacchi e contropacchi. Per fortuna, “il presente” riserva sempre regali a sorpresa sotto l’Albero. Il mio Natale l’ho vissuto a Belfast, in Irlanda del Nord, il 19 novembre scorso. Sono rimasto senza parole di fronte ai murales nel quartiere divenuto campo di guerra e terrorismo tra cattolici e protestanti. Nello sguardo di uomini, donne e bambini, ho visto germogliare dal dolore e dalla sofferenza un bagliore di voglia di ritrovarsi. E il tuo Natale come vorresti che fosse?

Metodo antistronzi: Vittima o carnefice?

Gli stronzi si incrociano fin dalla tenera età: all’asilo ero vittima di due gemelli, che si dilettavano a mordere le mie orecchie. Una volta sono riusciti persino a farlo in contemporanea! “Lo stronzo di professione” può esserti accanto e neanche te ne accorgi: un professore antipatico, un compagno di classe un po’ bullo o peggio ancora “un assistente super-stronzo” che rischia di rovinare il tuo libretto all’Università. C’è davvero un metodo antistronzi adeguato per le varie situazioni? Mi ha colpito la provocazione del Professore universitario Robert Sutton, che si è addirittura inventato un libro: “Il metodo antistronzi – Come creare un ambiente di lavoro più civile e produttivo o sopravvivere se il tuo non lo è”. Nel mondo del lavoro vi sarà capitato di incrociare uno stronzissimo che vi rende la vita impossibile. Dall’Università di Stanford questo professore la spara contro quei “prepotenti, maleducati, cafoni, bastardi e tiranni” che “feriscono il prossimo e danneggiano la produttività aziendale”.

Io non ne ho incontrato tanti di “stronzi temporanei”, ma di “stronzi patentati” abbastanza per stilare un piccolo trattato. Soprattutto nel mio lavoro dove la competitività spietata è all’ordine del giorno. E a volte è pesante davver. Mantenere l’entusiasmo e la passione anche nei confronti dichi te ne combina di tutti i colori, portandoti all’esasperazione. Vittima o carnefice? Il saggio Sutton ci rassicura perché “anche gli stronzi piangono”: l’umiliazione può essere bruciante quando uno stronzo viene sputtanato in pubblico. Me la sono tolta questa piccola soddisfazione, ma non con i gemelli che mordevano le mie orecchie. Li ho rivisti dopo una ventina d’anni, ma loro per fortuna non mi hanno riconosciuto. Ci ho riso sopra e l’ho ricordata come “una stronzata ingenua”. Alzi la mano chi non ha incontrato uno stronzo o non ha mai fatto lo stronzo! A voi carta bianca…

Anno 1991/1992: La III F del Liceo Imbriani di Pomigliano d’Arco (Na)

Alcune facce della III F

Rosario PipoloNevio, un mio ex compagno di liceo, mi ha rimproverato di brutto diversi anni fa. Diceva che sul mio sito non c’era spazio per la mitica III F del Liceo Classico “Vittorio Imbriani” di Pomigliano d’Arco. Spero che adesso sia riuscito a rifarmi di questa dimenticanza sul mio blog. Ottobre è il mese che associo agli anni di scuola superiore. Forse perché a mano a mano che entravamo nel tunnel autunnale, aumentavano le interrogazioni ed era un delirio. Soprattutto per me che marinavo i noiosi classici latini e greci per interessarmi di musica e teatro, due grandi passioni e oggi parte del mio lavoro. Ero finito in un liceo classico della provincia di Caserta, tra vecchi professori ammuffiti e un’aria di provincialismo, che per levarmela di dosso avrei dovuto cambiare regione. Mi sono trasferito a Pomigliano d’Arco, ad una manciata di chilometri da Napoli, al Liceo Ginnasio Vittorio Imbriani. Allora il mio liceo era in un condominio, mentre adesso si è trasferito in una bellissima struttura: hanno anche il sito http://www.liceovittorioimbriani.it/! Sono capitato in una classe di scalmanati, a cui mi sono legato fin dai primi giorni. C’è voluto tempo, ma poi ci siamo affiatati. Per carità, come in ogni classe che si rispetti c’è il secchione, “il lecchino” (questa categoria è da evitare assolutamente!), la volenterosa che ti fa copiare il compito in classe o “la cazzimmosa” che non aiuta neanche se ti vede spiaccicato alla lavagna. La mattina il viaggio in autobus veniva alleggerito dall’incontro con alcuni compagni di sventura: Nevio, Lilly, Annamaria, Rossella, Cinzia, Enzo e Gaetano, quest’ultimo di un’altra classe. Appena si entrava in classe, ognuno finiva dietro al suo banco e poi c’era la suddivisione come in Parlamento. Il gruppo degli esuberanti, pronti a mettere in croce i professori. C’eravamo io, Nevio, Giacomo, Fabrizio, Alessandro, Genny (Gennaro!) e chiunque si poteva aggiungere era sempre il benvenuto. Il più equilibrato era Tiziano, il primo della classe, che aveva tanta bontà sotto il cappotto. Ho trafitto di sfottò la mia prima compagna di banco – la dolcissima Claudia – perché pensavo fosse snob. Invece era una ragazza stupenda… Ricordo con nostalgia Sara, Loredana, Tiziana, Rachele (che aggiornavo sulle sorti del suo amato Luca Barbarossa!), Nadia, Carmen, Marilena, Grazia, Maria e Valeria. Ah, Valeria che spesso in Vespa andavo a salutare al Parco Arcadia. Una volta abbiamo studiato anche assieme. E poi confessiamolo pure: mi piaceva la sorella Marina, che tenerona! E i professori? Una tragedia:li cambiavamo ogni anno. Simpatici e antipatici, molti dei quali erano per fortuna estremamente umani. Alcuni insegnano ancora lì: Rosa Anatriello, Raffaele Corcione e Anna Maria Esposito (My Sweet English Teacher!). La mitica III F si è congedata nel luglio del 1992 con l’agognata maturità classica. Da allora ci siamo rivisti in diverse occasioni e poi ci siamo persi di vista. Quando ho visto il film “Notte prima degli esami” di Brizzi con quella marea di zaini Invicta ho pensato a quel periodo. Un po’ di nostalgia è legittima sì o no? Scagli la prima pietra chi di voi non è legato agli anni delle scuole superiori! Mi piacerebbe ritrovarli su questo blog, magari qualcuno vi finirà prima o poi. Raccontare tutto sarebbe troppo lungo. E se ognuno di voi aggiungesse una polaroid scovata tra i banchi di scuola superiore?

Vacanza da viaggiatore

Una volta le mie vacanze erano legate alla “villeggiatura”: l’auto di mio padre carica di bagagli che ci portava via per un mese, tra mare, castelli di sabbia e relax. Oggi le mie vacanze sono leggermente diverse ed hanno preso la direzione ostinata e contraria del viaggio. Soprattutto questa estate è stata molto movimentata con periodi brevi e lunghi. Dalla scoperta delle Cinque terre della Liguria, con il rammarico per aver trovato certi scorci trascurati e mal tenuti. E’ ritornato il lago, quello selvaggio e poco turistico di Iseo, con Max che mi ha portato scorazzando qui e lì con Paolo Conte che dalla radio cantava “Aguaplano”.

Che bello sentirmi planare e poi ritrovarmi a spegnere le candeline del mio compleanno a Barcellona assieme a Faby, la mia metà, che mi ha fatto spegnere le candeline a piazza della Catalunya. Una città incantevole e incantata che non dialoga con il viaggiatore nella Rambla, bensì nei vicoletti del quartiere gotico o dinanzi all’arte scrosciante di Gaudì. Ho ripescato la passione dinanzi ad un breve spettacolo di tango, ma mi è venuto il magone in gola alla Corrida, vedendo questi tori ammazzati davanti agli occhi degli spettatori. Mi hanno colpito delle studentesse americane, che sono uscite a metà show con le lacrime agli occhi. Barcellona sa sempre come farsi perdonare… Dopo lago e mare, ci voleva un po’ di montagna e trekking. E così sono finito sulle montagne della Valle d’Aosta, “senza fiato” e stupefatto dinanzi allo splendore del Monte Bianco. Accipicchia, sembra ieri che mia madre me lo indicò sul mappamondo. Volevo scalarlo, ma imbranato come sono… lasciamo stare!

Ho attraversato l’Italia in treno e ho rivisto dal finestrino una miriade di ricordi, tanti, accovacciati un po’ qui e un po lì. Dicono che la linea ferroviaria Milano- Palermo sia “la transiberiana d’Italia”… Sarà pure un incubo – perché si sa certi treni come sono – ma rotolarsi lungo la nostra penisola è davvero una sensazione piacevole, quasi distensiva. Palermo era lì che mi aspettava e quando sono andato a distendermi sotto un albero in campagna, nel giorno di ferragosto, ho visto una vallata. Ho pensato a Peppino Impastato, vittima della mafia e raccontato da Marco Tullio Giorndana nello splendido film “I cento passi”. Ehi, Peppino, te l’ho detto mai che mi piacerebbe condurla con te una trasmissione radiofonica? A Capo d’Orlando avevo una casetta con una finestra sul mare e a pochi passi da lì, a Brolo, guardando uno spettacolo di danza del ventre del gruppo delle Treis Akrai ho pensato: c’è tanta gente energica qui, che ama e vive questa isola con intensità. La voce di Liza Minnelli mi ha accarezzato nello splendido teatro antico di Taormina e poi mi sono svegliato: Vacanze finite?

C’è sempre da recuperare qualche briciola settembrina. Come ieri, a Varzi, nel cuore dell’Oltrepo Pavese, dove mi sono accorto di avere accanto Dario, “amico ritrovato”, per chiacchierare e mettere due generazioni a confronto sulla scia della musica. E’ riuscito a farmi sentire amico di Fabrizio (De André), Ivano (Fossati) ed Enzo (Jannacci), raccontandomi tanti aneddoti con la stessa sincerità che avrebbe riservato soltanto a suo figlio ventenne. E’ stato un bel privilegio… Tornado a casa, per inaugurare il mio blog, mi sono convinto ancora di più che non voglio essere “un pigro vacanziere da catalogo da viaggi”, ma io stesso un viaggiatore. E questa vacanza mi ha fatto capire ancora qualcosa di più di me e adesso mi sento un po’ più libero…