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Napoli, facci sognare almeno allo stadio!

napoli150Non sono un tifoso incallito né uno sportivo, ma quando gioca il Napoli in tv mi fermo con entusiasmo a vedere la partita. E’ un modo per far tornare a galla il napoletano sanguigno che c’è in me. E’ vero che la squadra partenopea si  è giocata ai rigori con la Juventus la possibilità di andare in semifinale per la Coppa Italia, ma ha lanciato segnali positivi per essere il grande Napoli di una volta. I tempi di Maradona? Non credo che quelli ritorneranno più, ma ci sono i presupposti per tornare a dominare in campo. La città ha sempre visto nella squadra azzurra un solido riscatto dalla problematiche sociali. E’ accaduto ai tempi del Napoli di Ferlaino così come oggi con quello di Reja. Nei giorni in cui l’antica Neapolis è rappresentata da amministratori irresponsabili e da un Sindaco che dovrebbe dimettersi, mi solleva vedere una gioventù calcistica che dà l’idea di cambiamento. La restaurazione bassoliniana di facciata è da un pezzo sul viale del tramonto, nonostante c’è chi si ostina a credere il contrario. Una coppa o uno scudetto a breve darebbero ai napoletani un sospiro di sollievo, con o senza la complicità miracolosa di San Gennaro . Che almeno allo stadio il cielo torni ad essere azzurro perché Napoli non sia solo “gomorra” o “corruzione”.

Eluana, non staccate la spina!

eluana150Cosa si fa quando una donna è in coma da 17 anni? Si continua a sperare o si finisce tra le grinfie della rassegnazione. Il padre di Eluana Englaro ha detto basta. Non ne può più di vedere la figlia in quelle condizioni ed ha deciso di mettere fine ad una vita in stato vegetativo. La scelta ha sollevato un polverone ed è finita in tribunale. Questione etica, sociale, religiosa e persino politica? Eluana è stata trasferita all’ospedale di Udine e questo dovrebbe essere l’ultimo viaggio. E’ difficile prendere una posizione e si finisce per restare in silenzio. Magari mentre scrivo questi pensieri, qualcuno sta già staccando la spina, ma io non ce la faccio. E’ lo sgomento a rapirmi, pensando a questa ragazza mai conosciuta, con cui ho condiviso a distanza un pezzo della mia vita. Eluana è andata in coma quando mi sono diplomato. La mia vita è mutata, io sono cresciuto, ho qualche capello bianco, mentre Eluana è rimasta ferma lì, immobile, in bilico tra la vita e la morte. La speranza non può diventare cenere in un falò, anche quando l’alta marea si tramuta in disperazione. Per favore, non staccate la spina ad Eluana. Per alcuni i miracoli sono fandonie, per altri un mistero divino. Lasciamo al Creatore il sacrosanto diritto di donarci o fermare la nostra vita. Per favore, non staccate la spina perché Eluana è ancora viva.

Barbie, 50 anni da diva dei giochi

barbie150Non so se ci sia stata una volta in cui noi maschietti abbiamo invidiato le femminnucce durante i giochi d’infanzia. Forse una volta sì: quando le vedevamo giocare con Barbie, la bambolina di plastica della Mattel che ha fatto compagnia a più generazioni. Noi ci consolavamo con Big Jim, mezzo agente segreto della stessa Mattel, ma Barbie era Barbie. Non pensiamo mai che anche una bambola possa festeggiare il compleanno. Quando ci dicono che ha 50 anni, pensiamo ad una bella signora di mezza età (Leggi lo speciale!). Invece per lei non è andata così: sempre giovane, affascinante e seducente, senza mai aver speso un soldo da un chirurgo estetico! Qual è il modo più originale per festeggiare l’evento? Tirare giù dall’armadio la vostra Barbie preferita e i suoi accessori. Ricordo che mia sorella e le amiche organizzavano delle mini sfilate di moda pur di farle gareggiare in passerella. Io non ho una Barbie, ma diversi anni fa sono entrato in un ipermercato e ne ho comprata una. Era la vigilia della Befana ed una cassiera mi ha detto: “Ottima scelta per sua figlia”. Quella Barbie era per “mia figlia che verrà” ed ha un significato speciale, un regalo che lega la memoria al futuro, il passato dei miei giochi sognanti e il futuro di una bimba che spero arrivi presto. Intanto, buon compleanno a te, Barbie! 

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Addio a Mino Reitano, voce degli emigranti

mino-reitano150Quando ho saputo della morte di Mino Reitano, mi sono venute in mente alcune sequenze del film di Visconti “Rocco e i suoi fratelli” dove una famiglia calabrese emigra dal Sud al Nord Italia. Mino Reitano era un emigrante e quel suo atteggiamento un po’ saccente era tipico del calabrese purosangue. Nonostante le decine e decine di sfottò di cui è stato vittima, Reitano ha avuto il pregio di restare in disparte dallo star-system musicale italiano. E’ rimasto il semplice “Ragazzo di provincia” che ha inseguito per tutta la vita una passione, riuscire a fare il musicista di professione nel Belpaese canterino. “Avevo un cuore (che ti amava tanto)” resta il suo cavallo di battaglia ed è una canzone conosciuta con la complicità di mia madre. Mino Reitano era uno senza troppe pretese, il suo canzoniere è composto di piccole melodie, niente di più. Al di là della critica che gli si è scagliata contro – Benimamino parlava senza peli sulla lingua – è forse l’ultimo erede della nostra canzone nazional-popolare, giocata sull’emotività e sui veri consensi della gente. Una volta mi hanno detto che Mino Reitano ha aperto un concerto dei Beatles ad Amburgo (allora i Four Fab si chiamavano ancora Querrymen). Credevo fosse la barzelletta del giorno. Mi sono dovuto ricredere perché è stato lui stesso a raccontarlo. Mi mancherai, caro Mino Reitano, e oggi l’Italia ritrova un pizzico di ottimismo nelle parole di una tua canzone: “Quest’Italia che respira, sempre bella e c’è un perché . Questa gente le vuol bene, questa gente è come me”.

Al supermercato, una cassiera tutta per me!

cassiera150Da bambino non ero affatto servizievole a casa, ma fare la spesa era il mio forte. Ho fatto la prima spesa a mia madre all’età di cinque anni. La salumeria era sotto casa e la signora Buzzo, titolare del piccolo alimentari, erà lì pronta ad aspettarmi. Le consegnavo la lista, le davo 5.000 delle vecchie lire (nel ’78 mi avanzava pure la mancia per il salvadanaio) e me ne tornavo. Poi è arrivata l’era dei supermercati più grandi e le cassiere mi sono diventate subito simpatiche. Alcune mi stritolavano le guanciotte, ma in compenso me ne andavo con una manciata di caramelle. Negli anni degli ipermercati e dei centri commerciali, nonostante la frenesia, resta ancora il tempo per scambiare qualche battuta con la cassiera di turno. Quanto tempo durerà ancora? In diverse catene alimentari ci sono queste maledette casse automatiche. Tutto è computerizzato e se va qualcosa storto arriva un addetto per aiutarti. E il fascino della cassiera? Per favore, voglio fare la fila con un sacrosanto diritto da consumatore: una cassiera tutta per me!

Sanremo, i gay minacciano Povia

povia150Se Paolo Bonolis sta lavorando per costruire un Festival di Sanremo all’insegna delle polemiche, la partenza è buona. Questa volta al centro del mirino vi è finito Povia, vincitore morale all’Ariston nel 2005 con il brano “I bambini fanno oh” e guerriero contro il baudismo assieme all’amico Baccini per l’esclusione del brano dalla selezione. Giuseppe Povia non trova tranquillità neanche quest’anno che a Sanremo ci ritorna, ma con una canzone che ha fatto arrabbiare i gay. “Luca era gay” è un pezzo ambiguo perché pare che il ritorno all’eterosessualità restituisca la felicità. Senza voler stare né da una parte né dall’altra, nel nostro Paese stiamo perdendo la bussola della libertà di espressione. Ognuno di noi è libero di esprimersi perché nessuno ha in mano “il libro della verità”. Da bambino faceva bene ad ammonirmi mia nonna sul sacrosanto diritto di tutti a dire la nostra. Mi chiedo se Povia avesse cantato il contrario cosa sarebbe successo. “Luca era eterosessuale” avrebbe davvero fatto incazzare l’altra parte del Belpaese? Peccato che in Italia si faccia di tutto una questione morale e qualche politico ne approfitti per sventolare la solita bandiera ideologica. Non parliamo di “pregiudizio” o “ignoranza”, piuttosto della volontà di ghettizzare contorni e dintorni. E nessuno dovrebbe permettersi di togliere a Povia il diritto inviolabile di salire sul palco dell’Ariston!

Francesco Guccini benedice X Factor

x-factor150Cosa c’entra Francesco Guccini, paladino della musica cantautoriale, con la scuderia delle nuove vedette di X Factor? Mi sembrano due mondi diversi. A lasciarmi perplesso è stata la dichiarazione del cantautore bolognese a proposito del reality show di Raidue: “Oggi le case discografiche non possono più investire tanti soldi sui personaggi. Per cui è difficile sfondare se non si passa per questi canali”. Concordo sul fatto che il mercato discografico abbia cambiato pelle, soprattutto a seguito della rivoluzione digitale. Non credo che la questione sia “sfondare” passando per “canali” come X Factor – la democrazia sventola ancora su Internet e non certo in tv – ma è complicato individuare “musica di qualità”. Senza farmi prendere la mano dalla sindrome dello snobismo, in questa partenza di X Factor non vedo il futuro o le nuove promesse della musica italiana. Qualche esibizione, animata da qualche stonatura di troppo, è stata così scadente da farmi convincere di una cosa. Il degrado della televisione generalista è così fluttuante da farmi gettare oggi o domani il telecomando dalla finestra. E speriamo che il prossimo Festival di Sanremo di Bonolis non dia il colpo di grazia. Per fortuna, spalancando la finestra del web, si intravede qualche rarità, qualcuno destinato a fare il musicista o il cantante di professione né per “i calci in culo” né per la solita “fortuna tricolore”, ma per capacità e talento!

Lisbona, obrigado!

lisbona1501Passeggiando per Lisbona in questi giorni di gennaio, mi sembra di essere ritornato nei vicoli della mia Napoli. La capitale del Portogallo le assomiglia parecchio, ma evocando l’altra faccia del capoluogo campano. La Napoli dei Campi Flegrei, quella che guarda verso Nisida, Procida, Coroglio e si allunga quatta quatta fino a Pozzuoli e Bacoli. Più di dieci anni fa mi avevano fissato un’intervista con Wim Wenders che poi è saltata per un imprevisto. Avevo già pronta una domanda su Lisbona perchè il film del regista tedesco Lisbon Story mi aveva davvero entusiasmato. Ho ripreso lo zaino e sono ripartito alla ricerca dell’Europa. Sono tornato in Portogallo dopo un anno esatto e Lisbona è stata una piacevole sorpresa. I vicoli del Bairro alto sono meno stretti di quelli dei quartieri spagnoli partenopei e, nello sceniario di vita popolare, non sono pericolosi come si racconta. Le solite dicerie che impediscono al turista di calarsi totalmente nell’anima della città. Qui sono spuntati diversi negozietti che valorizzano l’artigiano locale. Se mia madre sapesse che ho mangiato il baccalà in tutti i modi, non mi rivolgerebbe più la parola. Non le ho mai dato la soddisfazione di assaggiare un pezzetto di quello che prepara ritualmente alla vigilia di Natale. Gironzolando nelle viuzze del centro ti lasci andare e ti distrai ripensando ai versi di Fernando Pessoa o al cinema intenso di Manuel De Oliveira dedicati a Lisbona. Da buon napoletano non ho resistito alla tentazione di finire ad Alfama (gemellato col quartiere “Sanità” partenopeo?) tra le bancarelle della Feira de Ladra, alla ricerca di dischi di vecchie glorie come Amalia Rodrigues. A Lisbona la musica è ovunque e lo sa bene pure Mariza, la nuova proncipessa del Fado, così come tutti i portoghesi, persone gentili e disponibili. Per ricambiare tanta disponibilità ecco la formula: “Obrigado”. A Lisbona ti senti a casa dal primo momento e quando riparti ne avverti la mancanza. Per fortuna da ogni città mi porto via la musica. Questa a volta a farmi compagnia nel viaggio di ritorno ci sono le canzoni di Sergio Godinho, i cui versi decifrano in suoni le fotografie di questa mia Lisbon story, breve e intensa.

Nel covo dei Terrasonora

terrasonora150Mi sono impigrito in questi giorni perché tra le band emergenti ci sono migliaia di proposte e troppo fumo in giro. Abbandono per un po’ il pop e il rock e naufrago tra la musica folk, quello di matrice partenopea. Il primo pensiero va alla Nuova Compagnia di Canto Popolare, ma quella è acqua passata. Rimane per fortuna un testamento musicale, ricco ancora di proposte e provocazioni. Di recente sono tornato a casa e allo svincolo autostradale di Afragola, alla periferia di Napoli, mi sono trovato in auto con un gruppo di musicisti. Sono i Terrasonora (www.terrasonora.it), che apprezzo molto da quando ho tirato fuori dalla mia sterminata discografia il loro album Core e Tamburo. Mi hanno invitato a visitare il loro “covo”, in un palazzo pittoresco delle vecchia Afragola. Ho assistito alle prove, da cui mi sono portato via una riflessione. A Napoli e dintorni c’è un’innata malattia, tutti pensano di essere musicisti e cantanti, alcuni hanno addirittura la presunzione di atteggiarsi a piccoli divi. Sarà la mia deformazione professionale, ma io ci vado cauto. I Terrasonora hanno avuto il coraggio di incidere un album, producendo la stessa e identica atmosfera che si respira alle prove, fatta di quelle piccoli imperfezioni a cui il mercato discografico ci ha disabituiti nei giorni grigi del “perfezionismo digitale”. Con Gennaro, Raffaele e Antonio Esposito, Fabio Soriano, Antonello Gajulli, Francesco Ferrara e Gaia Fusco la musica ritrova emotività ed umanità, la folgore della tradizione e la sperimentazione del futuro (visitate il loro Myspace). E se fossero loro in qualche modo gli eredi della Nuova Compagnia? Ne hanno di strada fare, ma sono coraggiosi, umili e professionali, tanto che in alcuni paesi europei si parla già di loro. Sarà una maledizione, ma ogni volta che vado ad un concerto dei Terrasonora non riesco mai a raggiungerli. Sarà la volta buona per gettar via il televisore, e trovarmeli un bel mattino nel soggiorno di casa a fare una jam session tutta per me!

C’era una volta Alitalia, Cai e Malpensa…

alitalia150Il battesimo della Cai, la nuova compagnia aerea nata dalla fusione di Alitalia e Air France, non è stato un felicissimo giorno. Le naturali proteste hanno preso il sopravvento, nonostante pare che si possa tirare un sospiro di sollievo per l’aeroporto milanese di Malpensa. L’odissea legata ad una compagnia “sprecona” come Alitalia è gravata moltissimo sulle tasche degli italiani. Ce ne siamo accorti, sì o no? Adesso abbiamo in ballo pure la preoccupazione sul destino dell’aeroporto internazionale milanese. Solo in Italia accadono certe barzellette. Malpensa aeroporto ha compiuto dieci anni l’anno scorso ed è già finito nella bufera, senza contare il budget di milioni di euro investiti. L’Alitalia lo ha utilizzato come hub fino a marzo del 2008 e adesso con i cambi di gestione restano aperti alcuni punti interrogativi. Fa bene donna Letizia Moratti ad essere “incacchiata” nera, ed in vista dell’Expo poi. Nonostante le rassicurazioni governative, il timore c’è sempre in un Paese barzellettiere come la nostra penisola. Al di là delle previsioni, ci auguriamo che la nuova Cai agevoli i passeggeri con un rapporto qualità-prezzo diverso dalla sua antenata. Ahimè, se il futuro è grigio date pure in pasto l’aeroporto di Malpensa alle compagnie low-cost! Se Ryanair continua a darci ancora l’impressione della corriera da gita scolastica, compagnie come Easyjet possono contribuire a migliorare i nostri viaggi tra le nuvole, con poca spesa, una buona qualità del servizio e un record di passeggeri nei mesi della recessione!