Diario da Parigi, in tilt per una spruzzata di neve
Parigi è Parigi, anche sotto la neve. E così una toccata mordi e fuggi per lavoro è stata un’opportunità per godermi dal taxi la Ville lumière in piena atmosfera natalizia. Ho visto meno addobbi e illuminazioni del solito. Sarà mai una campagna di risparmio energico per evitare che i nostri cugini d’oltralpe si facciano le festività a lume di candela? I quotidiani francesi annunciano un possibile black out. Se giovedì scorso pochi centimetri di neve hanno mandato in tilt l’aeroporto Charles De Gaulle, figuriamoci la mancanza totale di elettricità! Chi viaggia mette in agenda i ritardi a causa del maltempo, ma non 6 ore di attesa per l’indecente gestione areoportuale. Poco prima di partire per Milano, non c’erano i bus per portarci all’aereo. Insomma, ho scoperto che, dopo una certa ora, non ci sono più autisti a sufficienza. E le emergenze? Ad un tratto la situazione è diventata surreale con gruppi di passeggeri, sballottati da un gate e all’altro. Mentre mi divertivo a guardare i più furiosi, raccoglievo qualche testimonianza. “Lo so che il mio nome in italiano è davvero buffo”, mi ha sussurrato Salma. Figlia di algerini emigrati trenta anni fa a Rouen (la città di Flaubert e Corneille!), io e questa simpatica studentessa universitaria abbiamo condiviso alcune sequenze della Battaglia di Algeri, il film del compianto Gillo Pontecorvo che osò per primo raccontare questa sanguinosa indipendenza. Abbiamo parlato di immigrazione nei giorni in cui il governo di Sarkozy si interroga sull’identità nazionale! Poi Salma si è dissolta in aereo col suo minuscolo bagaglio, dietro il desiderio di raggiungere al più presto l’Italia per un fine settimana con le amiche bolognesi. Su quell’aereo , in piena notte, eravamo tutti stravolti. Alla mia destra c’era il mio capo che dormiva, con quella stessa serenità che aveva trasmesso a telefono al figlio qualche ora prima. Il desiderio di riabbracciare il suo cucciolo mi ha dato la sensazione di trovarmi in una pallina di neve, il tipico souvenir con cui puoi sempre agitare un ricordo: mi sono rivisto tredici anni fa in un treno notturno che mi portava da Parigi nel Sud della Francia e mia zia Santina sull’uscio della porta lì a rimproverarmi: “Sembri uno zingaro, buttati subito nella vasca da bagno e restaci fino a domani”. I ritardi servono per smuovere i ricordi e farli scivolare su uno spruzzo d’inchiostro: “Cara zia Santina, mi manchi. Parigi è cambiata, ma io sono sempre lo stesso, un vagabondo in giacca e cravatta”.