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La prima vibrazione del telefonino: Quando gli sms scandiscono il tempo dei sentimenti

Rosario PipoloQuando acquistai il primo telefonino nel gennaio del ’97, gli sms cominciavano l’ascesa per troneggiare la comunicazione in 160 caratteri durante l’exploit della rete GSM. Nel boom di WhatsApp e di app simili, il destino dei Short Message Service sembra avviarsi verso il viale del tramonto. Secondo dati recenti, nel 2012 il numero di messaggi inviati attraverso una chat è stato superiore a quelli tradizionali e, entro l’anno prossimo, il divario potrebbe essere di 50 contro 25 miliardi di invio.

Mentre in versione online questi fiumi di parole sguazzano chissà in quali server, i messaggini finiscono nella nostra sim o smartphone. Alcuni li cancelliamo, altri li teniamo in archivio, senza renderci conto che, ricucendoli, potrebbero scrivere un diario di bordo. Qualche volta sono sgrammaticati, spesso sono frettolosi, il più delle volte così incisivi da scatenare fraintendimenti, soprattuto se ne riceviamo uno non destinato a noi.
Sì è vero gli sms non hanno il calore, sono così freddi che sembrano arrivati dallo spazio, ma sequestrano un lato di un’umanità quando, sbirciando data e orario, li associamo all’evento a cui appartengono.

Accade soprattutto per i sentimenti e riguarda ogni fascia di età.  Non abbiamo scuse. Tutti almeno una volta  nella vita telefonica abbiamo digitato “TVB” o “Mi manki”. Finiamola di dire che gli affari di cuore via SMS sono robetta da adolescenti o studentelli dal cuore traballante.  Gli sms hanno scandito il tempo della nostra vita sentimentale, accompagnando il corso della giornata, nella naturale trasformazione da appuntamento “inaspettato” nella fase di corteggiamento a quello “fisso” della quotidianità, dal buongiorno alla buonanotte.

Abbiamo impiegato anni per capire che la vibrazione di un sms della nostra lei o lui coincideva con quella del battito del cuore. L’iPhone e l’ultima generezione di smartphone hanno sbiadito questo pizzo di romanticheria, uniformando i vecchi sms allo stile di quelli online, dove a farla da padrone sono i touchscreen e il tempo istantaneo della chat di Facebook. I messaggini a cui faccio riferimento sono quelli digitati con la tastiera, generati da uno schermo grezzo di un telefonino, in cui la classidra del tempo batte l’invio della bustina.
Custodire gli sms in una vecchia sim significa ripetere il gesto dei nostri nonni, che tenevano nel primo cassetto del comò le loro lettere d’amore. Tutte le coppie che si separano dovrebbero rimetterli assieme perchè, persino sul filo di 160 caratteri, può restare sospesa la più bella storia d’amore. Imperdibile resta l’sms del primo apputamento: “Dove sei, non ti vedo?”. E lei: “Girati, sono accanto a te. Non mi sono mai mossa”.

Facebook, sia febbre da telefonino!

L’oracolo Censis ha detto la sua. Il 2009 è l’annata dei social network e gli italiani mostrano un attaccamento morboso per Facebook con quasi il 62% di adesione. Potrebbe essere una moda passeggera secondo i disfattisti del Belpase: i social network tolgono tempo alla lettura. Questa cantilena va avanti da una vita e, ai tempi del mio liceo, dicevano che i videogame sottraevano tempo a cose più utili, leggere appunto. Sappiamo che non siamo “un popolo di lettori” e  mi sono convinto che le demonizzazioni servono a poco. La crociata contro Facebook è partita da un pezzo, senza contare che i social network hanno convertito al Pc persino quelli come mio cugino Massimiliano, che fino all’altro ieri sogghignava: “Che caspita ci faccio con quel mostriciattolo tecnologico”. A questo punto la riflessione è un’altra. Facebook sta già vivendo una seconda giovinezza, ma sui cellulari degli italiani. Ammettendo che siamo allergici all’innovazione, traghettiamo pure l’utilità di Facebook e simili sul mobile. Persino i nostri operatori telefonici lo hanno capito: Wind vi offre 50 ore al mese di connesione al costo di 9 euro,  in una versione smart per la vostra ricaricabile. A Natale manderemo in soffitta gli sms e tutte le promozioni ad essi legati? Sempre connesso, perchè no! Senza diventare vittime di un’ossessione,  può essere stimolante  confrontarsi con conoscenti o amici geograficamente “lontani”. E’ ora che il termometro del grado di “socializzazione” cambi unità di musura!