Il piccolo Martin come John Kennedy jr. in quella foto…
Ci sono scatti fotografici che entrano nella storia e ci restano per sempre. Te ne dimentichi, ma poi ti tornano in mente e ti convinci che certi accostamenti vanno oltre l’emotività collettiva. Il 25 novembre 1963, ai funerali di John Kennedy, il piccolo John John salutò il padre sugli attenti e quell’immagine fece in poco tempo il giro del mondo. Non si è mai saputo se quel gesto-icona fosse stato frutto di un protocollo, oppure la presa di posizione instintiva ed emotiva di un bambino che percepiva il dolore privato e collettivo per la perdita del Presidente degli Stati Uniti d’America. Il 21 settembre 2009, ai funerali di Stato dei sei parà caduti in Afghanistan, il piccolo Martin ripete quel gesto: indossa il basco, si mette sugli attenti e saluta il capitano Fortunato, fino all’altro ieri suo padre, da oggi eroe riconsciuto a furor di popolo . Tra John John e Martin ci sono distanze ultraoceaniche: il primo era figlio di un presidente “martire”, generato paradossalmente dalla mostruosità delle lobby americane; il secondo è orfano di un caduto a Kabul che gli ha lasciato il peso di una riflessione. Indossare “una divisa” non è come salire sulla passerella di una sfilata di moda, ma assumersi le responsabilità del proprio ruolo e dei suoi pericoli. Forse questa considerazione non ha toccato per niente lo scellerato che ha scritto con spirito goliardico “meno sei”, riferendosi ai sei soldati morti dopo l’attentato sponsorizzato dai Talebani. Il saluto del piccolo Martin ci depura da quell’oltraggio offensivo. Adesso anche l’Italia ha una foto da conservare. Non è in bianco e nero, ma a colori per cicatrizzare meglio le ferite ideologiche che dividono stupidamente il nostro Paese.