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La Germania vergognosa svende il Muro di Berlino per case di lusso

The Berlin Wall

Rosario Pipolo“State alla larga da quel muro!”, esclamavano i soldati intorno alla Cortina di Ferro nel tempo furioso della Guerra Fredda che lacerava la Germania in Ovest ed Est. Quel monito militare era rivolto ai tanti che tentavano di scavalcare il “muro mostruoso”, rischiando la vita, per riabbracciare chi stava dall’altra parte.
Oggi ci risiamo. E l’avvertimento non viene dallo strascico di quel dramma in bianco e nero ma da coloro che stanno rimuovendo pezzi del Muro di Berlino per rispettare gli accordi con un palazzinaro: si fa a pezzetti la memoria dell’Est side Gallery, il museo a cielo aperto di un flagello della storia del ‘900, per costruire case di lusso.

Berlino è stata sempre attenta alle invasioni urbanistiche che mettevano a repentaglio il tragitto che, dagli agglomerati di stampo sovietico di Alexander Platz agli slanci moderni della Potsdamer Platz, tracciava il passaggio dall’Est all’Ovest. Oggi sembra pura follia la rimozione di parte del Muro, nonostante le proteste di berlinesi e diverse personalità che si sono esposte contro questa offesa alla memoria civile non solo tedesca.
Il Muro di Berlino non è solo il simbolo della Germania o il santuario del turista invadente che lo fotografa come reliquie folcloristiche. E’ l’ombra spettrale delle cortine di ferro che tutti i santi giorni si alzano in ogni angolo del pianeta, mortificando la ricchezza della diversità e l’essenza di un dialogo costruttore di pace.

“State alla larga da quel muro!” lo urla la mia generazione che ha cominciato a studiare geografia con quel segno divisorio sulla cartina e ha attraversato il liceo, vedendolo scomparire dagli atlanti geografici.
“State alla larga da quel muro!” dovrebbero gridarlo i politici e i governatori di una Germania che vuole essere “europeista” solo quando le fa comodo, perché in questo preciso istante sta svendendo un pezzo del Nobel per la Pace assegnato al Vecchio Continente.
“State alla larga da quel muro!” dovrebbe urlarlo con il megafono l’aspirante cancelliere Peer Steinbrueck, che un mese fa definì l’Italia “un Paese governato da politici clown”. Meglio scimmiottare le gesta circensi e custodire la memoria storica. Da questo punto di vista l’Italia può dare ancora una bella lezione a qualcuno.

  Demolita parte del Muro di Berlino

The Wall dei Pink Floyd, 30 anni dopo

Dopo 30 anni dall’uscita, The Wall continua a dividere i fan dei Pink Floyd: c’è chi lo considera un capolavoro, c’è chi lo trova un ripiego commerciale. I primi video di questo doppio concept album li ho visti su Italia 1, nei primi anni ’80, all’interno del programma cult DJ Television, orchestrato da Claudio Cecchetto. Io faccio parte dei primi, quelli che lo considerano un piccolo gioiello, con la consapevolezza che i Pink Floyd si fermano qui. David Gilmour era la musica, Roger Waters l’anima letteraria della band. Ogni volta che riascolto The Wall  in vinile, mi sembra di individuare altri spunti riflessivi. Al di là che il disco sia diventato il simbolo del Muro di Berlino, mi pare che gli assilli di Waters siano ancora molto attuali: alienazione e solitudine. Nonostante i social network stiano cambiando il nostro approccio ai rapporti interpersonali, quei due stati d’animo continuano  a dannare pure la generazione di YouTube, che ascolta musica con la voracità di chi vuole consumare a tutti i costi. La partitura  di The Wall, nonostante sia roba del 1979, sembra musica scritta ieri, pronta a legare le ombre della storia ai paradossi del presente. Qundo da ragazzino ho ascoltato l’album, il giorno dopo non sono stato più lo stesso dietro i banchi di scuola: ribelle al nozionismo, allergico all’imposizione del “precettore” modello. E poi si dice che un disco non ti possa cambiare la vita, anche se in parte. Riascoltandolo in occasione di questo compleanno speciale, ho ritrovato la vera spiritualità di The Wall: la presa di coscienza che ognuno ha i suoi muri, che lo rendono prigioniero dello scorrere della vita. Perché restare indifferenti? Perchè non abbattere le barriere e sovrapporre più stati d’animo? Ci vuole coraggio e sacrificio, ma la vita può tornare a sorriderci.